Il nostro mondo è pieno di meraviglie. Da straordinarie creazioni antropiche come imponenti architetture, città storiche e complessi di templi, fino ad arrivare ad elementi paesaggistici come catene montuose, vulcani e barriere coralline: i più importanti tesori della Terra appartengono all’umanità e in quanto tali devono essere protetti e valorizzati.
Nasce così nel 1978 la famosa Lista del Patrimonio Mondiale, che negli ultimi 50 anni è stata rapidamente arricchita fino ad arrivare oggi a contemplare un totale di 1.199 siti. Ma se l’importanza culturale e naturalistica di questi luoghi è stata da subito riconosciuta, negli ultimi anni è diventata sempre più evidente la rilevanza del Patrimonio Unesco, e più in generale della cultura, come leva di sviluppo socioeconomico sostenibile, ancora più evidente nei paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani, che al momento sono però ancora sottorappresentati nella Lista.
Lista Unesco, una questione di geografia
Proprio la “geografia” della Lista del Patrimonio Mondiale è oggi oggetto di grande attenzione. Infatti, alcune regioni del mondo contribuiscono ogni anno con un numero estremamente alto di candidature rispetto ad altre, come dimostra il fatto che cinque dei dieci Paesi con il più alto numero di siti inseriti nella Lista si trovano in Europa.
Questo aspetto è anche attribuibile alla complessità del processo di candidatura, che dura generalmente almeno 18 mesi. I Paesi dell’Europa, del Nord America e dell’Asia hanno nei propri ordinamenti organi in grado di espletare questa funzione, mentre i paesi in via di sviluppo possono talvolta non disporre delle risorse necessarie per svolgere questo compito. Il risultato è che circa il 47% dei siti del Patrimonio Unesco si trovano in Europa e Nord America, mentre solo l’8% in Africa.
I nuovi siti aggiunti alla lista Unesco
Nell’ultima sessione del Comitato per il Patrimonio Mondiale svoltasi a Riad in Arabia Saudita nell’autunno 2023, la Commissione ha aggiunto 42 nuovi siti, di cui 33 sono siti culturali e 9 naturali. Tra questi si inserisce anche un sito seriale italiano: il carso evaporitico e le grotte dell’Appennino settentrionale, che rappresenta il quarto sito Unesco per l’Emilia-Romagna e permette all’Italia di mantenere il primato di paese con maggiore quantità di beni appartenenti alla Lista del Patrimonio Mondiale, con un totale di 59 siti, mentre sempre più vicina alla vetta del podio è la Cina, che l’anno scorso ha raggiunto quota 57.
La sottorappresentazione di alcune regioni: il caso dell’Africa
Alla luce, tuttavia, della necessità di rendere più equilibrata la Lista a livello geografico, il Comitato sta lavorando per la promozione del patrimonio africano e nel 2023, con 5 nuovi siti africani iscritti alla Lista, si è superata la simbolica quota di 100 luoghi Unesco nel Continente, tra cui i primi due siti per il Ruanda. Nuovi protocolli sono stati attivati per aiutare i paesi africani nella presentazione delle candidature, soprattutto per gli 11 paesi sub-sahariani che ancora non hanno siti riconosciuti.
Se i paesi africani sono sottorappresentati nella Lista, al contempo sono sovra rappresentati nell’elenco del Patrimonio Mondiale a rischio, relativamente a cui l’Unesco si pone l’obiettivo di dimezzare entro il 2029 il numero di siti del continente ritenuti in pericolo. L’Unesco pone infatti al centro delle sue attività non soltanto gli sforzi per identificare i siti da valorizzare, nell’ambito della ben nota Lista del Patrimonio Mondiale, ma anche quelli per garantire la conservazione del Patrimonio a favore delle future generazioni.
Gli impatti socioeconomici della lista Unesco
Gli impatti socioeconomici della Lista, infatti, sono da anni oggetto di studi da parte di istituti di ricerca e Università, poiché nonostante gli innumerevoli effetti positivi dell’iscrizione di un sito nella Lista, sono numerosi anche i rischi per gli ecosistemi locali generati in particolare dal potenziale rapido aumento del turismo, con particolare riferimento ai Paesi in via di sviluppo che non dispongono delle risorse ed infrastrutture necessarie per accogliere grandi flussi di persone.
Anche per questo, l’Unesco sta lavorando ad accrescere la consapevolezza dei direttori dei siti del Patrimonio Mondiale del loro impatto sul territorio ed in termini di sviluppo sostenibile: la “cultura della misurazione e della rendicontazione” verrà sempre di più integrata nelle modalità di gestione della cultura, in termini ambientali, sociali e di governance (ESG). Infatti, entro il 2025 i direttori dei Siti saranno formati sull’adozione di pratiche di monitoraggio, mitigazione e adattamento. Particolare focus è posto sul cambiamento climatico, che può arrecare danni significativi a molti siti del Patrimonio Mondiale.
I nuovi siti candidati che potrebbero entrare nell’elenco
A fine luglio 2024 è prevista la 46° sessione del Comitato per il Patrimonio Culturale, che si terrà a Nuova Delhi (India), in cui saranno esaminati 28 nuovi luoghi candidati per essere iscritti alla Lista, e verrà verificato lo stato di conservazione di ben 124 siti già UNESCO. Tra i nuovi candidati compare anche la Via Appia, che potrebbe rappresentare il 60° sito in Italia. È auspicabile attendersi, per il prossimo futuro, l’avvio di iniziative atte a migliorare le pratiche di conservazione e gestione dei siti attraverso un approccio integrato che combina cultura e natura, promuovendo allo stesso tempo lo sviluppo sostenibile, sia per la mitigazione degli effetti dei conflitti armati sul Patrimonio, nel biennio 2024-2025 possiamo poi attendere l’implementazione di numerose
In conclusione, l’evoluzione della Lista del Patrimonio Mondiale riflette non solo il ricco tessuto culturale e naturale globale, ma anche la necessità continua di equità nella rappresentazione geografica e di gestione sostenibile per preservare il valore universale straordinario dei siti nel tempo.
L’autrice desidera ringraziare Carlo De Iorio Frisari e Greta Zavaglia Porta per il supporto alla redazione del testo.