Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti: aumento dell’intensità e della frequenza di fenomeni metereologici estremi, temperature quasi costantemente fuori dalla media stagionale, piogge torrenziali, incendi e aumento del livello del mare. Questi fenomeni, che hanno un impatto diretto sulla nostra vita quotidiana e mettono a rischio il futuro del nostro pianeta, minacciano anche il nostro patrimonio culturale, in Italia come all’estero.
Già da qualche anno questi temi fanno capolino sui tavoli di lavoro delle più importanti organizzazioni internazionali, tra cui quelli dell’Onu e quelli dell’Unesco. L’Unesco, in particolare, ha adottato nel 1972 la Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale dell’umanità, che ha lo scopo di identificare e mantenere la lista dei siti che rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza da un punto di vista culturale o naturale. L’iniziativa è finalizzata ad attivare la cooperazione internazionale per la conservazione del patrimonio culturale universale. La Convenzione considera il patrimonio culturale e ambientale come il legame tra il nostro passato e le generazioni future, rappresentando punti di riferimento importanti per l’umanità e per la nostra stessa identità. L’Unesco spinge alla messa in campo di sforzi congiunti e sinergici per la protezione di tutti i 690 siti della Lista patrimonio mondiale, ma ha anche identificato una “Danger list” che elenca i siti in pericolo per ragioni diverse, quali l’inquinamento, il rischio di terremoti e inondazioni.
L’Unesco si dimostrava quindi consapevole già nel 1972 di come i rischi ambientali possano costituire una minaccia per il patrimonio culturale. È nel 2006, tuttavia, che il Comitato del patrimonio mondiale Unesco ha adottato la relazione “Prevedere e gestire gli effetti dei cambiamenti climatici sul patrimonio mondiale”, una “Strategia per aiutare gli Stati parte della convenzione ad attuare risposte gestionali appropriate”, e un Documento di policy sull’impatto dei cambiamenti climatici sui siti del patrimonio mondiale.
Quasi 10 anni dopo, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile firmata dai 193 Stati membri dell’Onu nel 2015, che definisce i 17 Sustainable development goals (Sdgs) da perseguire per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile, vede l’inclusione di un target (il target 11.4) che fa esplicito riferimento alla necessità di potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del mondo. Con lo stesso orizzonte temporale, nel 2016, in risposta al crescente numero di siti del Patrimonio Mondiale interessati dal cambiamento climatico, il Centro del patrimonio mondiale ha avviato, in collaborazione con gli organi consultivi Iucn e Iccrom, l’aggiornamento del Documento di policy pubblicato nel 2006. Nella sua versione più recente, il documento stabilisce degli obiettivi da raggiungere entro il 2030 al fine di prevenire, evitare o ridurre al minimo i danni, utilizzando le risorse in modo efficiente, promuovendo la resilienza climatica e la riduzione delle emissioni di gas serra nel settore culturale. Il Documento entra inoltre nel dettaglio di azioni suggerite ai singoli Stati firmatari della Convenzione, affinché istituiscano accordi di adattamento climatico, misurino il progresso e il miglioramento della capacità di adattamento dei siti del Patrimonio mondiale, implementino azioni per ridurre l’impronta di carbonio nella gestione dei siti d’interesse e istituiscano quadri normativi a sostegno di queste azioni.
Dopo qualche anno, a luglio 2021, i Ministri della cultura del G20 approvano alla unanimità la Dichiarazione di Roma, un documento che sottolinea il ruolo della cultura e dei settori creativi per lo sviluppo sostenibile. Nell’autunno dello stesso anno si registra un’inedita partecipazione di rappresentanti del mondo della cultura alla Cop26 di Glasgow, conferenza internazionale delle parti dedicata al clima, mentre nel corso dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) di dicembre si tengono specifiche sessioni dedicate al tema della perdita, del danno e dell’adattamento per la cultura e il patrimonio culturale e naturale.
Sembrerebbe quindi intensificarsi la presenza della cultura sui tavoli internazionali dedicati al clima, come confermato dal fatto che, durante la Cop27 di Sharm el-Sheikh, tenutasi nell’autunno 2022, la cultura assume un ruolo finalmente più centrale, anche grazie al lavoro dei membri e partner del Climate heritage network, network internazionale che riunisce oltre 250 organizzazioni impegnate a supportare le comunità nel raggiungere gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi attraverso un’azione contro i cambiamenti climatici che sia culture-based. Il Network ha preso parte al Working group della Cop27 per incentivare la considerazione del settore artistico-culturale nel policy-making in ambito climate change e il supporto alle organizzazioni culturali nella definizione di azioni concrete. Nello stesso anno, il Network ha lanciato la nuova edizione del proprio Action plan, con orizzonte temporale 2022-2024, che si pone due principali obiettivi: accrescere la quantità e la qualità dell’azione di contrasto al cambiamento climatico e trasformare le politiche a favore del clima inserendo la cultura e il patrimonio, al fine di creare strategie low-carbon eque e paritarie.
A livello italiano, vista la grande rilevanza del patrimonio culturale e la delicatezza di alcuni luoghi cardine per il nostro Paese, tra cui Venezia, la tutela del patrimonio culturale è stata inserita dall’Italia nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Nella versione di dicembre 2022 del Piano, emerge come l’acqua svolga un “ruolo predominante come fattore di degrado diretto e indiretto dei materiali costituenti i beni culturali. Eventi estremi, sempre più frequenti come precipitazioni intense fino ad alluvioni e tempeste, sono responsabili di danni anche strutturali negli edifici storici, in particolare per quanto riguarda gli elementi ornamentali (guglie, pinnacoli, sculture, finiture, ecc.).” Inoltre, si conferma il ruolo del surriscaldamento termico nella modifica degli ecosistemi e una progressiva desertificazione di alcune aree, che comportano un aumento di rischio di danneggiamento e di perdita irreversibile di paesaggi ed edifici storici. Altro pericolo è rappresentato dal fenomeno delle frane, che secondo le analisi Ispra (2021) mettono a rischio il 17,9% del totale dei beni culturali italiani.
È plausibile attendersi, per i prossimi anni, lo sviluppo di strumenti ulteriori a protezione del patrimonio culturale, per la mitigazione di rischi che potrebbero irrevocabilmente danneggiare l’eredità che ci troviamo a lasciare alle future generazioni.