L’instaurazione di una relazione sentimentale parallela, intenzionalmente taciuta al donante per ottenere i benefici della donazione e rivelata solo due giorni dopo l’intestazione dell’immobile, rappresenta un comportamento che può costituire causa di revocazione della donazione per ingratitudine.
Il Caso
Un donante aveva ceduto un immobile al proprio partner, destinandolo a casa comune della coppia. Successivamente, aveva scoperto che la compagna intratteneva da tempo una relazione con un altro uomo, tenuta segreta fino a dopo l’atto di donazione. Una volta resa pubblica questa relazione, il donante era stato invitato a lasciare l’abitazione, che veniva poi condivisa dalla donna con il nuovo compagno.
Di fronte a tali circostanze, il donante si è rivolto al tribunale chiedendo la revoca della donazione immobiliare, ritenendo che il comportamento della donataria fosse offensivo e ingiurioso, ledendo la propria dignità.
Il ragionamento della Corte
Il tribunale aveva rilevato che il silenzio della donataria sull’esistenza di una relazione parallela, unito alla crisi latente della coppia, evidenziava una premeditazione volta a ottenere la donazione senza alcun autentico sentimento nei confronti del donante. Questo poteva dirsi confermato dalla condotta della donataria, che aveva consultato il notaio per verificare la possibilità di vendere l’immobile, ancor prima della formalizzazione della donazione.
E invero, per quanto, come hanno sottolineato i giudici, in assenza di vincolo matrimoniale non sussiste un vero e proprio obbligo di fedeltà, sussiste comunque un obbligo di trasparenza e rispetto verso il partner. La decisione di porre fine alla relazione, infatti, comunicata soltanto due giorni dopo la donazione, accompagnata dall’uso dell’immobile con il nuovo compagno, è stata ritenuta una chiara manifestazione di disprezzo nei confronti del donante.
Inoltre, il fatto che l’immobile fosse stato destinato a un progetto di vita condiviso rendeva la situazione ancora più offensiva per il donante, configurandosi come un’ingiuria grave al suo decoro. I giudici hanno evidenziato che i doveri di solidarietà derivanti dalla convivenza, pur meno stringenti rispetto a quelli coniugali, non escludono il rispetto della dignità morale del partner.
La Natura dell’Ingratitudine
La Corte ha precisato che l’ingratitudine non risiede nella relazione extraconiugale in sé, ma nel modo in cui questa è stata esibita, anche all’interno dell’immobile donato, in presenza di terzi. Tale condotta denota un sentimento di disistima e un’irrispettosità incompatibili con i doveri morali tra donante e donatario.
Pertanto, anche nell’ambito di una convivenza non formalizzata, il donatario è tenuto a rispettare un rapporto di lealtà verso il donante. La donazione può essere revocata quando il comportamento del donatario lede il decoro e l’onore del donante, come previsto dall’articolo 801 del Codice Civile.
La Decisione della Cassazione
Con la sentenza n. 32682/2024, la Cassazione ha confermato la revoca della donazione immobiliare e anche la revoca della donazione dei beni mobili e alle suppellettili, considerati parte del progetto di convivenza.
In conclusione, la Corte ha affermato che la pregressa condizione del donante, ancora non divorziato, non costituiva una giustificazione per la condotta della donataria. L’atto di donazione, infatti, era stato posto in essere a sostegno di un progetto di vita comune, che la donna aveva accettato solo strumentalmente per trarne vantaggio, rendendo così legittima la revoca per ingratitudine.