Lo stato dell’arte sulla natura delle polizze
Ripercorrendo brevemente lo stato dell’arte, gli ultimi approdi giudiziali sul tema delle polizze unit linked vanno nella direzione di riconoscere la natura assicurativa del prodotto, anche ove sia prevalente la causa finanziaria. Nell’aprile 2012, la sentenza della Cassazione numero 6061 ribadiva la natura finanziaria e non assicurativa delle polizze unit linked, laddove il rischio di performance fosse posto anche solo in parte a carico del cliente.
Sempre la Cassazione nell’aprile 2018 (con la sentenza 10333) sottolineava come, in assenza della garanzia della conservazione del capitale alla scadenza, venisse meno la natura assicurativa del prodotto, trovandosi in presenza di un investimento finanziario. Un deciso cambiamento di rotta è venuto in primo luogo dalla Corte di Giustizia Ue nel maggio 2018 (con decisione numero 542).
Il tribunale europeo ha precisato che, per rientrare nella nozione di contratto di assicurazione, un prodotto di investimento deve prevedere il pagamento
di un premio da parte del contraente e, in cambio di tale pagamento, la fornitura di una prestazione da parte dell’assicuratore in caso di decesso dell’assicurato o del verificarsi di un altro evento dedotto in contratto. Il Tribunale di Brescia ha dato un ulteriore contributo al dibattito (giugno 2018) precisando come, affinché un contratto possa essere qualificato quale assicurazione sulla vita, non è necessario che sia garantita (neppure parzialmente) la restituzione del capitale investito, né è imprescindibile il trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore. Infine, la sentenza della Cassazione del marzo 2019 (la 6319) ha finalmente rasserenato il mercato: le polizze unit linked sono caratterizzate da una componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita). Anche ove sia prevalente la componente finanziaria, l’esistenza di una congrua copertura assicurativa connessa al cosiddetto rischio demografico qualifica il contratto come assicurazione sulla vita.
I principi di valutazione per le unit linked
“Quello che emerge dal dibattito degli ultimi anni è l’atteggiamento straordinariamente prudente che gli operatori del settore vogliono mantenere” sottolinea Daniele Magno, avvocato e socio dello studio legale Galante e Associati. “Al momento, non c’è alcuna normativa né italiana, né comunitaria che fissi dei principi per la valutazione delle polizze unit linked. Quello che invece abbiamo è una grande tutela del contraente”. Il nocciolo della questione, prosegue dunque l’esperto, “resta comunque la sussistenza del rischio assicurato”, nonché la valutazione della congruità della copertura rispetto alla polizza stipulata.
In breve, cosa prevede una polizza unit linked
Facendo un passo indietro, con unit linked si intende un contratto assicurativo in cui il valore dell’investimento, nonché quello della prestazione al verificarsi dell’evento oggetto di copertura (la morte dell’assicurato o il riscatto della polizza), risulta direttamente connesso all’andamento delle quote dei fondi investiti. I premi versati vengono infatti impiegati in fondi di investimento interni (costituiti dall’impresa di assicurazione) o fondi esterni (Oicr, Organismi di investimento collettivo del risparmio), dai quali vengono dedotti le commissioni di gestione, i caricamenti, il costo per la copertura caso morte ed eventuali coperture accessorie.
Le unit linked possono offrire garanzie ed opzioni come la restituzione dell’importo dei premi investiti o un capitale minimo al decesso, ovvero la corresponsione di cedole in corso di contratto. L’entità del capitale assicurato dipende quindi dall’andamento del valore delle quote investite.
A rendere difficoltosa l’omologazione e l’amalgama delle polizze vita sul mercato, spiega l’esperto, è “la natura straordinariamente personalizzabile dei prodotti, concepiti su misura per esigenze specifiche”. E’ quindi bene valutare ex ante quale tipo di garanzia offra il prodotto che si intende sottoscrivere e quali soluzioni l’azienda emittente metta a disposizione per soddisfare il bisogno tipico.
Come si inquadrano le unit linked a livello europeo
Il problema della classificazione delle polizze unit linked non è appannaggio della sola Italia. In assenza di un quadro che uniformi la valutazione, ogni Paese ha inquadrato la questione a modo proprio. “Mentre in Germania si è optato per una soglia di copertura fissa, l’Italia ha preferito il principio della congruità; totale libertà per la Francia o il Belgio, dove non è previsto nemmeno l’obbligo di una copertura diversa dal valore della polizza”, spiega Magno. “Si è così creata una giurisprudenza variegata che non preclude la bontà del prodotto assicurativo vita (tra i più diffusi per il risparmio della clientela medio alta), ma che implica una accurata selezione in sede di sottoscrizione del prodotto e delle sue caratteristiche. La qualificazione assicurativa del prodotto non può comunque essere disconosciuta in presenza di una copertura congrua”.
Da S&P Global Ratings, prospettive 2021 positive
Dubbi giurisprudenziali a parte, le unit linked in Italia godono di buona salute. Come riportato nell’outlook S&P Global Ratings 2021, nel 2021 il comparto assisterà
ad una crescita del 4% (dopo una contrazione di egual peso nel 2020, per via del forte calo registrato nel primo semestre causa pandemia), e a rialzi nei prossimi due anni ad un ritmo doppio rispetto a quello attuale (+4% per le polizze di ramo I, +8% per quelle di ramo III). “La giurisprudenza degli ultimi anni ha finalmente sciolto molti dubbi nel dibattito sulle polizze unit linked”, conclude Magno.