La mostra mette in luce la radicalità e la natura sperimentale di Jean Tinguely, che con la sua ricerca che ancora oggi ha una valenza contemporanea, ha segnato l’arte del XX secolo rivoluzionando il concetto stesso di opera d’arte. Jean Tinguely definiva sé stesso come “artista del movimento” ritenendosi uno degli artisti più eversivi del suo secolo, che ha incentrato tutto la sua sperimentazione sul superamento della bidimensionalità e sul movimento della materia e degli oggetti, sul loro cambiamento continuo, scardinando così il concetto di opera permanente e definitiva. Una visione che denuncia inoltre i termini esistenziali di precarietà, transitorietà, dell’essere umano all’interno dei cambiamenti sociali.
Méta-Maxi, 1986
Struttura di metallo su ruote, ruote di legno e metallo, strumenti musicali,
cinghie di gomma, giocattoli di plastica e peluche, motori elettrici
340 x 1260 x 430 cm
On loan from the Mercedes- Benz Art Collection
Jean Tinguely a Milano: biografia
L’artista trascorre a Basilea la sua infanzia, dove all’età di 16 anni inizia un apprendistato come decoratore di vetrine, seguendo anche corsi di disegno alla scuola di arti applicate. Da sempre attratto dalle idee radicali del Dadaismo nato a Zurigo nel 1916, il cui massimo esponente è Marcel Duchamp, al quale lui si sentirà sempre molto legato. Nel 1953 lascia Basilea e si trasferisce a Parigi qui inizia a lavorare a nuove composizioni, opere fatte di fili metallici e forme geometriche colorate, ispirate alle sculture cinetiche note come Mobails dell’artista Alexander Calder. In occasione della sua prima personale alla galleria Arnaud di Parigi nel 1954, l’artista presenta un corpus di sculture in filo metallico conosciute con il nome di Méta-mécaniques, caratterizzate dall’inclusione di piccoli motori elettrici che permettono il movimento in alcune parti delle sculture.
Plateauagriculturel,1978 Parti di macchine agricole, base di ferro, ruote di legno
e metallo, cinghie di gomma, gnomo da giardino, motori elettrici
50 x 850 x 460 cm (base);
217 x 850 x 460 cm dimensioni complessive
Museum Tinguely, Basel. Donation Micheline und Claude Renard. A cultural commitment of Roche
Con queste opere l’artista si prefiggeva di trascendere la percezione popolare della macchina: se il movimento dei dispositivi industriali era finalizzato alla produzione dei beni materiali, i suoi congegni sono sculture cinetiche che si muovono senza alcuno scopo produttivo, sfidando così la funzione utilitaristica. Nel 1954 l’artista designer italiano Bruno Munari invita Jean Tinguely a presentare le sue opere presso lo Studio d’Architettura B24 di Milano. Si ha così la prima apparizione dell’artista in Italia. Nel 1960 l’artista viaggia per la prima volta a New York, dove rimane profondamente colpito dal caos e dal fervore della città.
I legami con Niki de Saint Phalle, Robert Raushenberg, Daniel Spoerry
Il 17 marzo dello stesso anno allo Sculpture Garden del Museum of Modern Art presenta la sua celebre scultura-performance Homage to New York (1960) un’installazione di 7 m di lunghezza e otto di altezza composta da circa 80 biciclette, oltre a tre cicli, ruote, una vasca da bagno, clacson, bottiglie, lattine e altri motori. Opera che si distruggerà dopo 27 minuti. Da questo episodio in poi che per l’artista saranno la spettacolarità e la trasformazione dell’opera l’unico modo possibile per avvicinare l’arte alla vita. Sempre a New York, stringe amicizia con artisti come Niki de Saint Phalle, Robert Raushenberg, Daniel Spoerry. Nel 1960 Jean Tinguely aderisce al movimento del Nouveau Réalisme (fondato nello stesso anno) da Pierre Restnay. Nello stesso si riunivano tra gli altri Arman, François Dufrêne, Raymond Hains, Yves Klein, Martial Raysse, Daniel Spoerri, Niki de Saint Phalle, Jacques Villeglé.
Gli artisti di questo movimento adottano un nuovo approccio alla realtà, utilizzando nei loro lavori oggetti comuni e soprattutto scarti e rifiuti della società dei consumi.
La mostra di Jean Tinguely in HangarBicocca a Milano
Il percorso espositivo presenta al pubblico quaranta lavori fra le opere più rappresentative realizzate tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta, dando vita a un’unica coreografia sonora e visiva grazie alla selezione delle opere presenti, che rappresentano al meglio la produzione cinetica e quella delle macchine monumentali. Nel percorso espositivo emerge chiaramente l’importanza della componente sonora, che è quasi disturbante a tratti angosciante.
Requiem pour une feuille morte, 1967
Struttura in acciaio, ruote in legno e metallo, cinghie in pelle, pittura nera, motore elettrico
305x1150x80 cm
Collection Fonds Renault pour l’art et la culture Francia
Opere che sono performance
Le opere di Jean Tinguely sono delle performance di sé stesse, grazie alla loro componente interattiva che è tipica dell’arte cinetica, che pone al centro la macchina, il suo funzionamento, i suoi rumori, i suoi ingranaggi, i suoi suoni. L’arte cinetica è stata una tendenza artistica nata tra gli anni 60 e 70. Essa ha posto al suo centro la macchina intesa non solo come oggetto funzionale, ma come scultura dotata di movimento, che sperimentava attraverso la percezione visiva e il movimento il funzionamento dell’arte. Jean Tinguely è stato uno dei primi artisti a servirsi degli oggetti di scarto trasformandoli in materiali recuperati, saldati e assemblati in macchine sonore, rumorose, cacofoniche, dotate di veri e propri motori.
Le anti-macchine
Ma queste macchine sono le “anti-macchine”, perché non svolgono funzioni, non appartengono all’ordinario. Sono macchine della fantasia, macchine ludiche, macchine fantastiche, macchine dell’assurdo. In realtà vogliono denunciare la società industriale, la sua volontà è quella di liberare le macchine e gli uomini dalla tirannia. Queste macchine hanno un carattere performativo, infatti sono studiate per interagire con gli spettatori, che possono attivarle.
Le opere monumentali degli anni ‘80
La mostra si apre con due opere monumentali realizzate negli anni Ottanta, Cercle et carré-éclasté (1981) e Méta-Maxi (1986). Entrambe realizzate assemblando ruote, cinghie, motori elettrici e componenti meccaniche che rimandano alla catena di montaggio. Proseguendo lungo le navate i visitatori sono accolti da Métá-Matic No. 10 (1959-2024) replica di un’opera relaizzata nel 1995 in cui è evidente l’influenza dell’astrattismo geometrico. Seguono Tricycle (1954), Sculpture méta-mécanique automobile (1954) e Méta-Herbin (1995)che rappresentano il corpus di opere più storico di questa retrospettiva. In mostra sono esposte anche sculture di piccole dimensioni, composizioni giocose composte da oggetti ed elementi che riprendono la cultura popolare posizionate su un lungo tavolo queste sculture sono realizzate con materiali di scarto, giocattoli e sono azionabili attraverso pulsanti posti davanti alle opere.
L’opera che chiude la mostra è Le Champignon magique (1989) una delle ultime collaborazioni tra l’artista e Niki de Saint Phalle, duo artistico e compagni nella vita. L’opera alla forma di un gambo di fungo diviso in due sezioni distinte che simboleggiano la complementarità tra i due artisti. La retrospettiva e anche l’occasione per ricordare al pubblico il profondo rapporto che l’artista ebbe con la città di Milano dove ha realizzato alcuni dei suoi progetti più ambiziosi come la Vittoria del 1970 iconica performance organizzata di fronte al duomo di Milano.
Un artista esposto nei più prestigiosi musei internazionali
Tra le più importanti istituzioni di rilievo internazionale hanno ospitato sue esposizioni personali, tra cui Kunstpalast, Düsseldorf (2016). Stedelijk Museum, Amsterdam (2016, 1984, 1973). Centro Cultural Borges, Buenos Aires (2012). Henie Onstad A rt Centre, Oslo (2009). Institut Valencià d’Art Modern (2008); Kunst Haus Wien (2008, 1991). Kunsthal Rotterdam (2007); Stadtgalerie Klagenfurt, Klagenfurt am Wörthersee, Austria (2003). Städtische Kunsthalle, Mannheim, Germania (2002). Musée Picasso, Antibes (1999). Museum für Kunst und Geschichte, Friburgo (1991).
Central House of the Artist, Mosca (1990). Centre Pompidou, Parigi (1988). Palazzo Grassi, Venezia (1987). Louisiana Museum, Humlebaek, Danimarca (1986, 1973, 1961). Museum of Modern art of Shiga, Giappone (1984). Musée Rath, Ginevra (1983). Palais des Beaux – Arts, Bruxelles, Tate Gallery, Londra, Kunsthaus, Zurigo (1982). Wilhelm Lehmbruck Museum, Duisburg, Germania (1978). Kunstmuseum Basel (1976, 1972). Museum of Modern Art, New York, (1975, 19 61). Moderna Museet, Stoccolma (1972, 1966); Centre National d’Art Contemporain, Parigi (1971). Museum of Contemporary Art, Chicago (1968). Dayton Art Institute, Ohio (1966). The Museum of Fine Arts, Houston (1965); Kunsthalle, Baden – Baden, Germania (1964).
Opere dell’artista sono state incluse anche in numerose rassegne e mostre collettive, quali Biennale de la sculpture, Yonne, Francia (1991). Biennale Monumenta, Middelheim, Antwerp (1987). Biennale de Paris (1982). documenta, Kassel (1968). Expo — International and Universal Exposition, Montréal (1967). Expo — Exposition Nationale Suisse, Lausanne (1964). Biennale di Venezia (1964); Salon de Mai, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1966, 1964).
A Jean Tinguely è inoltre dedicato l’intero Museum Tinguely di Basilea, istituzione unica e spazio interattivo inaugurato nel 1996 che raccoglie la più grande collezione al mondo di opere dell’artista, in larga parte donata da Niki de Saint Phalle.
Jean Tinguely sul mercato dell’arte
Le opere di Jean Tinguely sono presenti in battute d’asta internazionali e principalmente nella categoria Stampa e i Multipli, con un fatturato che nel 2024 si aggira intorno a 734.561 euro. Il primo lotto registrato è stato Meta-matic drawing, passato all’asta nel 1984 da Christie’s. Si aggiudica il 689° posto nella top 5000 mondiale degli artisti più venduti all’asta. Le sue opere sono principalmente vendute in Francia. Il 2014 è stato un anno in cui il mercato internazionale ha particolarmente ricercato le sue opere, raggiungendo in asta un fatturato totale di 2.600.000 euro. Nel 2024 l’indice dei suoi prezzi è calato del -25,2 %.