«La mentalità contemporanea lo reputa di poco conto perché sta a terra. Ma, soprattutto se antico – è – un’opera d’arte». Giacomo Manoukian, ascendenze armene e una passione scritta nel DNA, sta parlando del tappeto, manufatto dalla storia millenaria. Unica forma d’arte concessa a quelle culture cui erano vietate le arti figurative per motivi religiosi. Spazio politicamente neutrale per i Dogi veneziani, che vi ricevevano gli ambasciatori. «Si pensi anche ai numerosi pittori che lo hanno raffigurato», ricorda il capo dipartimento tessuti e tappeti de Il Ponte, anche restauratore e venditore. «È sempre stato un elemento indispensabile nelle dimore, sia come complemento d’arredo che come oggetto d’arte. La sua provenienza più pregiata, quella che transita nelle aste, è rintracciabile in Persia, Anatolia, India, Cina. Nella casa moderna ha un ruolo marginale, ma il tappeto c’è sempre stato, come i dipinti. È un oggetto dal valore estetico che migliora la qualità della vita, l’armonia della propria intimità abitativa». Al di fuori delle zone di elezione citate, ne esistono altre? «Esistono produzioni europee fatte a imitazione di quelle orientali. Si pensi per esempio ai tappeti aubusson francesi. In Marocco e Siria vi erano centri di produzione, ma si trattava di influenze portate dai Mamelucchi, che erano turchi».
Tappeto Tabriz, Persia, secolo XX. Annodato in seta su ordito e trama in seta, decoro ispirato ai tappeti Bidjar con motivo Garrus (cm 200 x 129). Valutazione € 300 – 400. Venduto € 15.000
Il tappeto nasce come surrogato delle pelli animali. I nodi apposti sulla trama e l’ordito ne riproducono il vello; in Oriente, oltre che come arazzo veniva usato come pavimento, per i nomadi, l’unica forma d’arte possibile. «Le decorazioni dei tappeti sono espressione tipica dell’intima essenza di questi popoli». Ma per le classi abbienti d’Occidente, «il tappeto storicamente è sempre stato un segno di distinzione».
Tappeto Qashqai, Persia, ne secolo XIX. Decoro con tre medaglioni romboidali, due a fondo rosso ed uno
a fondo giallo su campo blu tinta unita decorato con motivi geometrici. In alto a sinistra iscrizione in lingua
persiana antica con datazione, 1321 dell’Egira di Maometto. Sono conservate le due testate originali con
relative frange. Bordura principale a motivo di “cane che corre” stilizzato e arcaico nei toni del marrone su
fondo bianco (cm 201 x 143). Valutazione € 850 – 900. Venduto € 3.500
La differenza fra arazzo e tappeto è tecnica?
«Si. L’arazzo non presenta vello, è una tela piatta: si passano le trame colorate sull’ordito armato a formare il disegno. Non ha la resistenza del tappeto, perciò viene appeso».
A quale arco temporale appartengono i tappeti pregio?
Giacomo Manoukian fa una premessa: «La differenza fra antico e moderno è fatta dalle tinture delle lane. Fino alla scoperta dell’anilina, avvenuta in Germania alla fine dell’800, si usavano le tinture naturali, che potevano essere di origine vegetale o animale, che dovevano essere trattate (fermentate, fissate, eccetera). Dal 1920-1925 l’Oriente ha adottato l’uso della nuova sostanza per la colorazione, innescando un cambiamento di rotta anche l’estetica del tappeto, molto condizionato dalle richieste occidentali». Di qui si evince che un tappeto è più prezioso se antecedente agli anni Venti del XX secolo… «Il pregio dell’oggetto nasce dalla sua unicità, rarità, stato di conservazione. Sul mercato ci sono anche frammenti del 1300, 1400, 1500. Tengono bene sul mercato quelli europei di eccellente provenienza, per esempio appartenuti a Luigi XVI. Possono raggiungere anche quotazioni milionarie». Una curiosità: «Il cancelliere Bismarck aveva notevole collezione tappeti cinesi del ‘700, preziosissimi».
Tappeto Kilim Bessarabia, Impero Ottomano, inizio secolo XX. Decoro con mazzi di rami oriti nei toni del
verde, bianco, azzurro, giallo e rosa su fondo marrone con due tonalita?. Grande bordura con fondo giallo
decorata con rami oriti (cm 301 x 219). Valutazione € 550 – 600. Venduto € 3.500
Certo che camminarci, su quei tappeti…
«Sono meno fragili di quello che si pensi. La lana è una proteina, come i capelli. Abbiamo fatto più danni noi in epoca contemporanea cercando di pulirli».
Il materiale adoperato per produrre i tappeti è solo la lana? E la seta?
«La seta viene usata raramente. Nel XVII secolo ne erano stati prodotti di preziosissimi su esplicita richiesta degli Scià, di alcune case reali europei. Pensi ai tappeti di tipo polonaise. Ma il materiale principe è la lana. Vi sono anche produzioni in cotone per la sola struttura, ma il vello è sempre in lana: è il materiale più resistente. La seta è troppo fragile; per essere filata deve essere lavorata: la bava che fa il baco è composta da una parte lucida, poi ricoperta dalla sericina, una proteina che la rende resistentissima. Ma per ottenere il tessuto liscio e lucido che apprezziamo bisogna lavorarla in un modo che lo indebolisce: la seta cruda è ruvida».
Tappeto Sileh, Caucaso, ne secolo XIX. Decoro geometrico a riquadri contenenti le S tipiche della provenienza, decorate alternativamente a fondo giallo e blu. Il motivo include internamente altre S stilizzate. Interessante bordura Medacyl. Tessuto a mano con la tecnica Sumak in lana in due teli uniti con una cucitura visibile (cm 249 x 207). Valutazione € 1.300 – 1.500. Venduto € 10.000
Che cifra bisogna spendere per iniziare a collezionare tappeti?
«Un tappeto pregiato di piccole dimensioni può partire dai 10.000 euro; per uno grande si parte dai 50-60.000 euro. Le riserve di partenza di una casa d’aste in genere sono basse per invitare alla competizione. Ma ci vuole un minimo di conoscenza della materia».
Come sta andando il mercato?
«L’Italia è stato il paese che ha assorbito il maggior numero di tappeti in Europa fino a 20 anni fa, e Milano ne era la capitale. La crisi del 2007-2008 ha indotto un cambiamento del gusto, ma il numero di pezzi venduto è ancora considerevole, con competizioni molto agguerrite in asta. Negli anni ’80 il mercato era particolarmente euforico», con una certa sopravvalutazione. Ma oggi, a distanza di tanti anni, «i pezzi mantengono il loro valore».
Tappeto Seichur, Caucaso, ne secolo XIX. Decoro a fondo giallo con le di medaglioni stellari, alternati a
motivi geometrici e volatili nei toni del rosso, verde, blu e rosa. Doppia bordura “cane che corre” a fondo
bianco (cm 167 x 102). Valutazione € 1.100 – 1.200. Venduto € 8.750
Cosa cercano i collezionisti, attualmente?
«La classica decorazione floreale persiana è stata dismessa già 40-50 anni fa. Oggi c’è una rivalutazione del tappeto geometrico caucasico, del motivo tribale rispetto al classico». Il valore dell’asset subisce «le oscillazioni della moda».
Il suo gusto personale verso quale tipo di tappeto la orienta?
«Non faccio testo: il mio amore per il tappeto è tale che mi fa riconoscere in tutti un loro valore intrinseco in quanto espressione dell’intimo sentire della persona. Amo molto i tappeti turcomanni, i meno diffusi in Italia: si differenziavano per il loro raffinato monocromatismo».
Tappeto Tabriz, Persia, secolo XX. Annodato in seta su ordito e trama in seta, decoro ispirato ai tappeti Bidjar con motivo Garrus (cm 200 x 129). Valutazione € 300 – 400. Venduto € 15.000