Con una pressione fiscale molto forte, una boccata d’ossigeno per dipendenti e aziende arriva dal welfare aziendale
Il principale vantaggio del welfare aziendale per il lavoratore è che il valore di beni e servizi ricevuti non costituisce reddito, essendo completamente detassato
Per l’azienda, il vantaggio è parallelo e consiste nella possibilità di dedurre tutti i costi dei servizi offerti ai dipendenti dall’imponibile del reddito di impresa
Con la pressione fiscale che in Italia ha superato stabilmente il 40%, una boccata d’ossigeno per dipendenti e aziende arriva dal welfare aziendale, dicitura che raggruppa le iniziative messe in campo dal datore di lavoro per migliorare il benessere del lavoratore e della sua famiglia. Infatti, un piano di welfare aziendale può includere servizi di istruzione, educazione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria e previdenza complementare, offerti dall’azienda ai propri dipendenti e ai loro familiari. Se in Europa questa forma di sostegno al reddito dei lavoratori è già diffusa da molto tempo, in Italia ha cominciato a prendere piede con le leggi di Stabilità del 2016 e del 2017 e con la legge di Bilancio del 2018, che hanno incentivato sempre di più i privati a subentrare al welfare pubblico.
Perché il welfare aziendale conviene ai dipendenti
Il principale vantaggio del welfare aziendale per il lavoratore è che il valore di beni e servizi ricevuti non costituisce reddito, essendo completamente detassato. Ciò significa che non si cumula con l’imponibile Irpef, né con il reddito su cui vengono calcolati i contributi previdenziali. Facciamo un esempio concreto di questo risparmio. Un dipendente con un reddito di 28 mila euro lordi all’anno, senza detrazioni fiscali diverse da quella prevista per il lavoro dipendente, paga 4.725 euro di Irpef. Se il suo datore di lavoro gli concedesse un aumento in busta paga di 2 mila euro lordi all’anno, dopo aver pagato imposte e contributi, incasserebbe un aumento netto di circa 1.200 euro. Se invece ricevesse lo stesso aumento sotto forma di beni e servizi nell’ambito di un piano di welfare aziendale negoziato, quei 2 mila euro sarebbero per lui un’entrata netta, senza tassazione.
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I vantaggi per il datore di lavoro
Per l’azienda, il vantaggio è speculare e consiste nella possibilità di dedurre tutti i costi dei servizi offerti ai dipendenti dall’imponibile del reddito di impresa. Per valutare i vantaggi fiscali, prendiamo un’azienda con un imponibile Ires (Imposta sul reddito delle società) di 2 milioni di euro: in assenza di un piano di welfare aziendale da dedurre, l’azienda dovrebbe versare un’Ires pari al 24% dell’imponibile, ovvero a 480 mila euro. Se invece la società offrisse 200 mila euro di servizi di welfare aziendale ai dipendenti, potrebbe dedurli dal reddito imponibile e la sua Ires scenderebbe a 1,8 milioni di euro, con un risparmio sull’imposta di 48 mila euro. A questo va aggiunto un altro risparmio, dato che i servizi di welfare sono esenti dagli obblighi contributivi. Così erogare un premio cash di 1.000 euro a un dipendente può costare circa 1.400 euro, perché l’azienda dovrà versare la sua quota di contributi previdenziali (sui premi superiori a 1.000 euro va versato circa il 32,7% di contributi). A sua volta, il dipendente dovrà pagare la propria quota di contributi e l’Irpef sul premio ricevuto. Ma se anziché essere pagato in contanti il premio viene trasformato in iniziative di welfare aziendale, il costo per l’impresa si riduce a 1.000 euro, che saranno un beneficio netto anche per il dipendente che non dovrà pagarci né i contributi, né l’Irpef.
Le regole che l’azienda deve seguire
Per beneficiare delle agevolazioni fiscali, l’azienda deve seguire alcune regole basilari. La prima è che la detassazione dei premi vale solo se il piano di welfare è offerto a tutti i dipendenti, o a una categoria omogenea di dipendenti. Se solo alcuni dipendenti possono usufruire dei servizi di welfare aziendale, l’azienda non potrà usufruire delle agevolazioni. Inoltre, i vantaggi fiscali per i dipendenti si applicano sia ai piani di welfare basati su un contratto collettivo nazionale, sia a quelli offerti dall’impresa su base volontaria, ma se le iniziative di welfare basate su un contratto sono deducibili al 100%, la deducibilità di quelle concesse volontariamente dal datore di lavoro scenderà al 5 per mille (0,5%). Ultimo, ma non meno importante, per usufruire del piano welfare, il dipendente deve avere un reddito non superiore a 80mila euro.