Giovanni della Robbia, Resurrezione di Cristo (1500-1520), lo stemma dei Marchesi Antinori
Sin dalle sue origini, infatti, la famiglia dei Marchesi Antinori ha legato il proprio nome non solo all’eccellenza nell’arte del vino ma anche all’attività collezionistica, due ambiti apparentemente molto diversi, ma che in realtà sono spesso avanzati in parallelo. Con lo scopo di valorizzare e celebrare la collezione della famiglia è nata Accademia Antinori, che si occupa di raccogliere e tutelare le rappresentazioni artistiche legate alla tradizione toscana attraverso un continuo lavoro di ricerca e studio e che, negli anni, ha portato alla pubblicazione di cataloghi e libri d’arte, al restauro di diverse opere storiche e alla realizzazione di mostre ed eventi aperti al pubblico.
L’area museale
Tuttavia, la duplice passione per arte e vino ha trovato una nuova rappresentazione grazie all’innovativo Antinori Art Project. Avviato dieci anni fa, nel 2012, in occasione dell’apertura della nuova sede dell’azienda – trasferita dallo storico Palazzo Antinori di Firenze a San Casciano in Val di Pesa nelle terre del Chianti Classico – il progetto muove dall’idea di creare una naturale prosecuzione della storica attività di collezionismo che fa parte della tradizione della famiglia, indirizzandola però verso le arti e gli artisti del nostro tempo.
Stefano Arienti, Altorilievo
La cantina Antinori nel Chianti Classico è già un’opera d’arte in sé, frutto di sette anni di lavoro e perfettamente integrata con il paesaggio circostante. Seguendo le indicazioni e i desideri del Marchese Piero Antinori e delle figlie Albiera, che attualmente gestisce l’azienda di famiglia insieme alle sorelle Allegra e Alessia, lo studio Archea Associati, con l’ingegnerizzazione di Hydea, ha curato la realizzazione dell’intera struttura. Concepita per avere un basso impatto ambientale e un alto risparmio energetico, la cantina ha un aspetto affascinante e insolito: quasi invisibile dall’esterno, se non per due lunghe “fenditure” orizzontali che attraversano la collina e che corrispondono al fronte della costruzione, si caratterizza per la scenografica scala elicoidale che collega i tre piani dell’edificio.
Qui si concentra tutta l’attività dell’azienda con gli uffici amministrativi, le cantine di fermentazione e affinamento del vino, il wine shop, il ristorante Rinuccio 1180 – omaggio al capostipite della famiglia Antinori – e, naturalmente, l’area museale. “Un luogo sacro di silenzio – come precisa l’architetto Marco Casamonti – tempio di riti antichi dell’uva, ma è allo stesso tempo un luogo di produzione che deve rispondere a certi requisiti di qualità.”
Senza titolo
Il progetto – che ha intenzionalmente una connotazione imprenditoriale e artistica ma non commerciale – non si limita a riflettere sulla percezione del brand da parte degli stakeholders o sulle modalità di lavoro dei dipendenti: l’obiettivo è più ‘alto’ e risiede nel desiderio di costruire un immaginario connesso a Marchesi Antinori presso la propria business community, il territorio di riferimento e le istituzioni culturali e politiche. Non interessa, dunque, lavorare sul prodotto core dell’azienda, e quindi sul vino, ma – al contrario – l’arte contemporanea viene scelta e collocata in cantina a un livello più concettuale e identitario per raggiungere scopi di carattere valoriale e sociale.
Di concerto con lo spazio espositivo dedicato alla collezione di famiglia e integrato nel percorso di visita della cantina, e? stato quindi avviato un programma di commissioni annuali, molte delle quali site specific, rivolto a giovani ma già affermati protagonisti della scena artistica nazionale e internazionale. Ciascun artista e? chiamato a immaginare progetti ad hoc e allo stesso tempo a confrontarsi con l’imponente storia e collezione della famiglia dei Marchesi Antinori, oltre che con una tradizione legata al territorio, alla viticoltura e alla specificità del suo paesaggio.
L’albero genealogico dei Marchesi Antinori
Il legame tra tradizione e innovazione è il filo conduttore dei progetti realizzati all’interno di questo hub culturale sui generis, come nel caso dell’interessante mostra “Da Brooklyn al Bargello: Giovanni della Robbia, la lunetta Antinori e Stefano Arienti”. In tale occasione, la famiglia Antinori ha supportato il restauro della Lunetta Antinori raffigurante il Cristo risorto (XVI secolo) realizzata da Giovanni della Robbia (1469-1529/30) su commissione di Niccolò di Tommaso Antinori attorno al 1520, rappresentato inginocchiato alla destra di Cristo, e oggi proprietà del Brooklyn Museum of Art. Antinori, di contro, ha ricevuto per qualche mese – da novembre 2017 ad aprile 2018 – la Lunetta per esporla nella splendida cornice dei Musei del Bargello a Firenze, dove si conserva la più ampia raccolta al mondo di sculture eseguite dalla famiglia della Robbia in terracotta invetriata.
A quasi centoventi anni dal suo trasferimento oltreoceano, l’evento ha così puntato i riflettori su un capolavoro monumentale poco conosciuto dal pubblico italiano ed europeo, creando una singolare convergenza storica che vede al centro la continuità tra la committenza e la tutela esercitata dalla famiglia Antinori attraverso i secoli, oltre che una naturale prosecuzione tra il luogo fisico dell’impresa e le istituzioni museali locali e internazionali.
A tal proposito e con l’idea di far riscoprire la storia dell’arte sacra a un artista contemporaneo, Antinori Art Project ha poi commissionato a Stefano Arienti (Asola, 1961) due opere in connessione con la Lunetta: Scena Fissa e Altorilievo. La prima, realizzata per il Bargello e allestita nella sala adiacente all’opera di della Robbia, è un’installazione in cui venti dei quarantasei personaggi e dettagli dell’opera originale sono tracciati in oro e bronzo su teli antipolvere bianchi da cantiere che occupano lo spazio espositivo evocando le sinopie di un affresco mai terminato. Per Altorilievo – lavoro eseguito per la cantina Antinori nel Chianti Classico e ormai parte della collezione permanente – Arienti ha, invece, ricreato le parti della Lunetta reinventando la narrazione attraverso predelle tridimensionali con le stesse figure monocromatiche.
Infine, Untitled (Antinori), il più recente progetto di Antinori Art Project – curato, come nel caso precedente, da Ilaria Bonacossa a giugno 2019 – vede protagonista l’artista statunitense Sam Falls (San Diego, 1983). L’intervento, appositamente concepito per la cantina toscana, racconta il rapporto tra l’uomo e la natura attraverso la pittura. L’artista ha vissuto e operato per una decina di giorni nella storica Tenuta Tignanello, lavorando on site tra le sue vigne con una lunga tela e pigmenti a secco: il supporto ha così interagito appieno con il paesaggio e il clima, che ne hanno condizionato la resa finale in base all’azione del sole e dell’umidità, alla caduta spontanea di foglie o terriccio, al casuale passaggio di animali che hanno impresso la propria traccia.
L’opera è stata allestita su una delle scale che portano ai due piani interrati, nel luogo dove il vino nasce, matura e affina. Accompagnando il visitatore dalla collina fino all’interno della cantina ipogea, la tela si trasforma in una sorta di finestra affacciata su un paesaggio immaginario generato dalla mano dell’artista e da quella della natura. Non a caso la curatrice sostiene che “il processo creativo di Sam Falls per queste tele ambientali ha molto in comune con le modalità di produzione del vino in cui il tempo e la pazienza devono unirsi a una conoscenza, a una manualità reagendo e adattandosi sempre alla imprevedibilità del clima e degli accadimenti naturali. E continua, “come il sapere della tradizione vinicola della famiglia, Sam Falls coniuga la conoscenza della tradizione della land art e della pittura astratta con la sua visione contemporanea e la sua conoscenza della storia della fotografia sperimentale.”
Tomás Saraceno, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle, Patrick Tuttofuoco, Nicolas Party sono alcuni degli artisti che trovano casa presso la cantina Antinori, elevandola a simbolo di quella secolare tradizione che unisce le arti all’enologia, entrambe frutto del duro lavoro umano, ma anche del suo estro e della sua creatività. Seppur non in una accezione tradizionale, il processo che porta alla produzione di una bottiglia di vino – da quando si pianta la vite fino all’imbottigliamento – è a suo modo un processo artistico che coinvolge il sapere umano, l’esperienza, la passione e, soprattutto, la pazienza. Visitare la cantina Antinori nel Chianti Classico e Antinori Art Project equivale dunque a intraprendere un viaggio esperienziale dove si sperimenta, si degusta, si osserva e si ammira quell’antico legame che mira a valorizzare l’eccellenza artistica con tutti i sensi.