San Mauro Pascoli è il cuore produttivo e creativo di Sergio Rossi, azienda italiana nata nel 1966 per volontà dell’omonimo fondatore, celebre nel mondo per la produzione a mano di calzature di lusso. Si pensi che un paio perfetto di scarpe Sergio Rossi richiede ben 120 passaggi e oltre 14 ore di lavoro e ogni giorno vengono realizzate circa 1.500 paia, variando tra 400 modelli e oltre 2.000 SKU .
Ma oggi a interessarci è il progetto di ricerca e supporto all’arte contemporanea, pensato come ponte tra tradizione e sperimentazione, due concetti che da sempre caratterizzano il DNA dell’impresa riminese.
Non è certo una novità che tra le case di moda e il mondo dell’arte ci sia da sempre uno stretto legame, inscindibile e quasi simbiotico, per motivi legati alla passione di alcuni stilisti e all’attività di disegnatori d’avanguardia con cui gli artisti condividevano le medesime fonti d’ispirazione, nutrendosi vicendevolmente di stimoli e innovazioni creative per la realizzazione di nuove collezioni. Celebri sono gli incontri tra Elsa Schiaparelli e i maestri Salvador Dalì e Alberto Giacometti, tra Gianni Versace e Alighiero Boetti o Roy Liechtenstein, e ancora i più recenti tra Louis Vuitton e Jeff Koons o tra lo street artist KAWS con i brand Nike, Supreme e Uniqlo.
Nel corso del Novecento queste partnership si fanno sempre più sofisticate, strutturate e profittevoli per entrambi i settori, portando alla nascita di molteplici iniziative volte alla creazione di fondazioni culturali con lo scopo di promuovere l’arte tramite mostre o esponendo la propria collezione d’impresa, assicurando alle maison numerosi vantaggi.
La scintilla tra Sergio Rossi e l’arte contemporanea scatta nel 2015, anno in cui l’impresa torna a essere di proprietà 100% italiana grazie al passaggio del marchio dal gruppo francese Kering al fondo d’investimento InvestIndustrial. E’ proprio questa ritrovata italianità e ritorno alle origini che ha accelerato e dato grande impulso al progetto di collaborazione con l’arte, fortemente voluto da Riccardo Sciutto, amministratore delegato, con l’obiettivo di ricercare nella memoria storica dell’azienda un certo modo di guardare alla fabbrica e al ruolo strategico della produzione in termini di posizionamento e di rafforzamento del senso etico e artigianale del prodotto, comunicando una immagine più orgogliosamente italiana all’estero.
Per questi motivi lo stabilimento – progettato da Ermanno Previdi nel 2003 con linee curate e all’avanguardia – è stato ribattezzato The Magic Kingdom. Una nuova idea di fabbrica, più integrata anche grazie all’internalizzazione di alcune fasi produttive precedentemente affidate ad altre imprese. The Magic Kingdom rappresenta il luogo da cui ripartire per riconnettere il successo corrente di Sergio Rossi alla storia passata dell’impresa attraverso una narrazione che abbia una connotazione anche affettiva ed emotiva, in grado di rafforzare il senso di appartenenza dei dipendenti all’azienda.
A conferma della serietà e dell’impegno di Sergio Rossi per l’arte contemporanea, il progetto culturale vanta una governance molto strutturata: vi è un curatore esterno, Rossella Farinotti, alla guida della direzione artistica e che opera secondo un budget annuale dedicato, mentre la responsabilità strategica e organizzativa è affidata naturalmente all’AD con il supporto della funzione Relazioni Esterne.
Parallelamente al programma di collaborazione con gli artisti, Sergio Rossi ha dato avvio ad altri interessanti progetti, quali la ricostruzione e digitalizzazione dell’archivio storico d’impresa che ha coinciso con l’acquisto, il restauro e la catalogazione di migliaia di modelli vintage e innumerevoli documenti e fotografie provenienti da tutto il mondo e con la costituzione di un team interno specificamente dedicato.
Infine, per la prima volta si è deciso di aprire le porte dello stabilimento ai propri
stakeholders e appassionati del brand attraverso visite guidate che hanno permesso loro di entrare in contatto diretto con i valori etici e sostenibili, l’artigianalità, la qualità e la filosofia dell’azienda, aspetti fondamentali da un punto di vista della
corporate identity e della fidelizzazione al cliente.
Tre: gli artisti, le opere, le ispirazioni
I primi artisti coinvolti in questa operazione di interventi artistici in azienda sono stati Davide Allieri, Ettore Favini e Vedovamazzei, tutti e tre chiamati a produrre opere site specific che interagissero con il nuovo spirito che sta plasmando l’impresa e con le persone che ci lavorano, raccontando una storia sotto diversi punti di vista.
Tre artisti appartenenti a tre diverse generazioni della scena dell’arte contemporanea italiana e a tre differenti poetiche e modalità di fare arte.
Paolino, C. . Le corporate collection in Italia, Il Mulino, p. 106-111.
Il primo è Davide Allieri (Bergamo, 1982), il più giovane, che ha deciso di focalizzarsi sul rapporto tra interno ed esterno dell’impresa. Realizza Billdor (gioco di parole tra billboard e d’or) ossia un cartellone pubblicitario di colore oro ma senza contenuto, svuotato della sua funzione in dialogo con il paesaggio circostante.
Questa grande installazione altra 3 metri, realizzata a mano e assemblata in loco, mostra solo la materia di cui è fatta: ottone, nient’altro. L’idea è di dar valore al vuoto, al supporto, impreziosendo qualcosa che non c’è. Billdor è come il piedistallo per una scultura, come il telaio per un quadro che però è assente ed espone solo sé stesso. Billdor è l’unica delle tre opere posizionata all’esterno della fabbrica in linea con la sua rigorosa architettura (affaccia direttamente sull’autostrada dove è impossibile non notarla) e, essendo esposta agli agenti atmosferici, cambia colore inducendo una riflessione sul tema della rottura, della trasformazione, ma anche della continuità e dell’innovazione, incoraggiando i dipendenti di Sergio Rossi a trovare nuovi contenuti di valore piuttosto che effimere pubblicità.
Davide Allieri, Billdor. Courtesy Sergio Rossi
Dirigendoci ora all’interno dell’azienda e rivolgendo gli occhi al cielo, incontriamo sospesa nella parte più alta della hall la delicata ed elegante Vela al Terzo di Ettore Favini (Cremona, 1974). La vela al terzo è una vela da navigazione tipica della zona romagnola, dove ha sede l’azienda, inventata e utilizzata nel XVI secolo in quest’area e ricoperta di pigmenti naturali rappresentanti gli stemmi araldici che identificavano le diverse famiglie locali.
Favini ha voluto costruire una vera e propria araldica di Sergio Rossi a stretto contatto con i suoi dipendenti che sono intervenuti nell’atto pratico di assemblaggio dei pezzi, dando vita a un’opera d’arte unica in collaborazione con l’artista. La riflessione di Favini si è quindi concentrata, oltre che sul legame tra l’impresa e il territorio ospitante, sull’interazione con gli artigiani di Sergio Rossi che hanno realizzato insieme a lui in maniera corale una vela di circa 2 metri di diametro recuperando dall’archivio immagini le sagome delle storiche tomaie e dall’archivio pellami i materiali con cui si producono le calzature. Sono stati selezionati dieci modelli, tra i più iconici e rappresentativi della maison; non manca ad esempio l’elemento curvo delle décolleté classiche del modello srMILANO e le mitiche Marmaid, i cui pezzi formano una stella in punta alla vela.
Ettore Favini, Vela al Terzo. Courtesy Sergio Rossi
Si tratta di una straordinaria operazione di storytelling aziendale che racconta, in maniera semplice e diretta attraverso le sue immagini e scarpe simbolo, i primi 70 anni di storia di Sergio Rossi.
Se la riflessione di Favini è rivolta all’interno della fabbrica ed è legata al suo prodotto, ai processi produttivi e alla sua brand history, l’opera di Vedovamazzei trasmette un messaggio differente. Vedovamazzei è un duo artistico formato da Stella Scala e Simeone Crispino che da trent’anni indaga il tema dell’identità, della firma e del numero di telefono come modalità di presentazione nell’epoca contemporanea. Per l’occasione realizzano Signature, un neon di colore rosso caldo (“rosso Merz”) lungo 4 metri che riproduce il numero di telefono di Sergio Rossi, scritto con la calligrafia di Riccardo Sciutto, quasi a rappresentare la grafia universale dell’azienda che grazie all’intervento degli artisti viene umanizzata e personificata dall’amministratore delegato.
Vedovamazzei, Signature. Courtesy Sergio Rossi
La riflessione qui è più concettuale e valoriale, si focalizza sull’identità d’impresa e sul ruolo del management. Ma non solo. È rivolta all’artigianalità e al rapporto tra arte e produzione in fabbrica; il neon infatti, seppur con sembianze industriali, è in vetro soffiato prodotto a mano da un maestro vetraio.
“Con la stessa passione con cui abbiamo raccontato la nostra prima collezione sr1 attraverso installazioni in luoghi di Milano unici, attraverso balletti in Teatro era anche l’obiettivo poter, per la prima volta, installare nella fabbrica una vera e propria mostra che partisse dal DNA fortemente italiano e che raccontasse l’aspetto culturale sotto un punto di vista strettamente correlato all’arte, all’italianità e alle cose belle del nostro paese”, conclude Riccardo Sciutto.
San Mauro Pascoli è il cuore produttivo e creativo di Sergio Rossi, azienda italiana nata nel 1966 per volontà dell’omonimo fondatore, celebre nel mondo per la produzione a mano di calzature di lusso. Si pensi che un paio perfetto di scarpe Sergio Rossi richiede ben 120 passaggi e oltre 14 ore di la…