Investire in barrique di vini di pregio, l’ultima frontiera degli asset alternativi in Italia. Tutte le foto sono courtesy La Collina dei Ciliegi
“Fino a poco tempo fa, investire in vino in barrique era un’esclusiva francese”, conferma Massimo Gianolli, cofondatore e presidente de La Collina dei Ciliegi, azienda vinicola di pregio della Valpantena, a Grizzane, nei pressi di Verona: 45 ettari di morbide curve collinari ricoperte da vigne e ciliegeti. Il nome della cantina è un omaggio nemmeno troppo velato a Lucio Battisti (Il nostro caro angelo, 1973). “Ho studiato a lungo e in profondità il modello francese con Christian Roger a Bordeaux, prima di lanciarlo in Italia. Mi premeva capire come fosse possibile – con masse di vino ferme per anni – anticipare i flussi finanziari aziendali e nello stesso tempo abbattere il rischio d’investimento”.
“In Italia mancava (e manca) la fondamentale figura giuridica del négociant, sorta intermediario che acquista il vino dalle cantine e che poi lo rivende ai buyer internazionali. Così, dopo un periodo di formazione intensa, ho pensato di trasformare la botte in uno strumento di investimento anche in Italia, con il motto di ‘investi e rimani liquido’. La mia esperienza di oltre 30 anni in qualità di ceo e principale azionista di Generalfinance spa certamente ha contribuito nella messa a punto e nella buona riuscita del progetto”.
Il vino prescelto per l’investimento è l’Amarone Grand Cru Ciliegio, che prima di diventare tale riposa in barrique di rovere francese con capacità di 225 litri ciascuna, da cui si ricavano 300 bottiglie da 0,75 litri. “Ma in futuro ne saranno disponibili altri dello stesso terroir della Valpantena”, rivela Gianolli i (oltre che per l’Amarone, la Collina dei Ciliegi è nota per i rossi Corvina, Valpolicella Superiore, Valpolicella Ripasso Superiore e bianchi delicati come Brut e Garganega). La cura delle botti è estrema.
Dopo l’acquisto, “la barrique viene depositata nella nostra nursery, dove viene affinata. A tempo debito (devono passare in media almeno 36 mesi, ma l’affinamento dipende dall’annata) o comunque in base alle indicazioni dell’enologo della cantina Paolo Posenato, il vino viene imbottigliato e conservato in uno spazio ‘caveau’ delle nostre cantine, protetto proprio come fosse quello di una banca. Offriamo inoltre la custodia a vita per le bottiglie dei nostri investitori. Il costo del caveau è di 1200 € più Iva una tantum”.
Massimo Gianolli
Quanti ne sono, ma soprattutto qual è il profilo di chi investe in vino? “Oggi (5/11/2021, ndr) siamo a 53 investitori per 49 barrique, ma entro Natale contiamo di superare i 60. Il profilo di chi sceglie di investire in vino è estremamente variegato: dall’avvocato allo studio legale come società (sono tuttora in vendita in Rinascente le bottiglie dell’annata 2015, a marchio di un importante studio legale), a persone fisiche dalle professionalità più diverse, banker di grossi gruppi, giornalisti televisivi molto noti, persone comuni. Anche la nazionalità è composita: non ci sono solo italiani, ma anche francesi, arabi”.
comunità di amatori. Organizziamo infatti un raduno annuale per i nostri enprimeuristi. Senza contare il weekend di benvenuto nel nostro resort Ca’ del Moro e tutte le attività che svolgiamo durante l’anno”.
Gli ingredienti di questa alchimia sono relazionali: “In questi incontri ci si scambiano opinioni, si presenta la propria azienda se si è imprenditori, si introducono nuovi appassionati”. Del resto, il progetto en primeur di Massimo Gianolli non è nato da una richiesta specifica del mercato, quanto piuttosto da un intento educativo-relazionale: “Volevo regalare al nostro resort, alla nostra cantina un club di cultura, qualità, buon vivere. È una forma aggregativa che personalmente amo molto”. E il mercato gli sta dando ragione.
Investire in barrique vuol dire (anche) sposare una certa filosofia di vita
In caso di decisione immediata di vendita del vino da parte del cliente, “noi non garantiamo il ritiro a un prezzo di mercato, ma la disponibilità a mettere a disposizione dei nostri buyer il prodotto. La commissione trattenuta, in questo caso, è pari al 20-30% sul prezzo di listino. Presentiamo nel convegno annuale degli enprimeuristi i numeri e i prezzi di listino e ci impegniamo a far crescere il prezzo delle bottiglie su base annua del 25%”.
La prima produzione di vino de La Collina dei Ciliegi risale al 2005, con immissione sul mercato nel 2010. Il progetto en primeur nasce invece nel 2018 con la vendemmia 2015. Le annate attualmente disponibili sono: 2018, 2019, 2020. “L’amarone non teme scadenze. Un amarone vecchio un secolo è ancora buono, purché sia di qualità eccelsa. Io stesso ho avuto la fortuna di assaggiarne uno degli inizi del XX secolo: mi piace pensare che sia un vino eterno: la stessa Collina dei Ciliegi è un progetto a cento anni”.