Intervista ad Alessandro Guerrini, nuovo amministratore delegato di Finarte
Nelle ultime settimane, un turbinio quasi incessante ha interessato le poltrone apicali di molte case d’asta, da Christie’s a Phillips, passando per Bonhams. Un movimento che ha scosso quietamente anche le sale dei bottoni delle maison in Italia, fra le quali Sotheby’s e Finarte. Proprio la casa d’aste milanese fondata nel 1959 ha, da febbraio 2024, un nuovo amministratore delegato: Alessandro Guerrini. Un professionista giovane, di consolidata esperienza nel campo della protezione dei beni da collezione (arte in primis). We Wealth ha raggiunto uno dei suoi talenti per conoscere in anteprima le strategie della sua nuova avventura professionale.
Cosa significa per lei passare dal settore della sicurezza a quello delle aste? C’è stata un’esigenza di arrivare là dove il valore viene creato, o altro?
«L’ingresso in Finarte rappresenta uno snodo fondamentale nel mio percorso professionale. Dopo un’esperienza ventennale nel settore dei servizi per l’arte, ho deciso di cogliere questa sfida con grande determinazione ed entusiasmo. Certamente il focus della mia attività da oggi cambia, ma gli interlocutori e le dinamiche del settore sono le medesime con cui mi sono sempre confrontato. Oltre all’orgoglio di poter lavorare in un’azienda che ha “fatto” il mercato dell’arte in Italia, ritengo che questa esperienza in qualche modo completi il mio profilo. Queste sono le motivazioni che stanno alla base della mia scelta».
Finarte è stata fondata nel 1959. Non è la maggiore casa d’aste italiana, ma sicuramente brilla in molti segmenti, come in quello della fotografia. Qual è il potenziale di questo segmento in Italia e per Finarte in particolare? Quali i dipartimenti da cui aspettarci ottime performance nel breve periodo?
«Nel 2023, Finarte ha raggiunto il proprio miglior risultato di sempre, crescendo in tutti i settori in cui opera: quello di affermarsi come la maggiore casa d’aste italiana, siamo convinti sia un obiettivo raggiungibile nel breve termine. Il comparto della fotografia rappresenta senz’altro uno dei nostri fiori all’occhiello: negli anni è cresciuto non solo il volume delle vendite ma anche e soprattutto la qualità dei cataloghi, anche grazie ad aste tematiche – come Unveiled Beauty, dedicata al tema del nudo e programmata nelle prossime settimane – che consentono di valorizzare i beni che ci vengono affidati, inserendoli in contesti selezionati e curati. Il mercato della fotografia ritengo abbia un ottimo potenziale non solo per l’attenzione crescente di cui gode in contesti ormai centrali quali quelli delle fiere nazionali e internazionali, ma anche e soprattutto per la sua capacità di attirare un nuovo collezionismo, giovane e dinamico. Ma la fotografia non è il solo comparto da cui ci attendiamo buone performance: già nel primo bimestre dell’anno quasi tutti i dipartimenti hanno acquisito mandati significativi che ci fanno affrontare i prossimi mesi con grande ottimismo».
Con l’acquisizione di Czerny’s nel 2022, Finarte si è fatta spazio in un segmento molto ben definito e originale, quello delle armi antiche, sempre capaci di suscitare grande passione fra i collezionisti (basti pensare all’ultima asta di Christie’s dedicata al museo di Mougins). Cosa si aspetta da questa divisione?
«Quella di Czerny’s è stata un’operazione di grande successo, di cui siamo molto orgogliosi: ha consentito al Gruppo Finarte di entrare in un settore poco presidiato da altri operatori del mercato e che poggia le proprie basi su un collezionismo internazionale, vivace e ricettivo. Lo si poteva fare solo, però, portando “a bordo” le migliori competenze possibili e quelle di Michael Czerny e del suo team hanno risposto perfettamente a questo requisito. Mi aspetto che Czerny’s possa consolidare il proprio ruolo di leadership nel settore, che il business continui a crescere e che possa portare dunque un contributo sempre più significativo ai risultati di Finarte e che la sua progressiva integrazione nel Gruppo possa favorire sinergie commerciali sempre più evidenti».
Finarte ha in progetto altre acquisizioni?
«Finarte si è posta obiettivi di sviluppo molto ambiziosi: per raggiungerli dobbiamo certamente capitalizzare le competenze e le esperienze maturate fino ad oggi, ma non escludiamo anche percorsi di crescita per linee esterne. Il modello Czerny’s, come detto, ha funzionato molto bene ma non è l’unico possibile. Riteniamo che Finarte possa svolgere efficacemente il ruolo di “aggregatore” di altri player del settore».
Cosa caratterizza maggiormente – dal suo punto di vista trasversale – il sistema italiano dell’arte? Cosa ci manca in particolar modo per sedere da protagonisti al tavolo internazionale del mercato?
«Il mercato italiano ha grandi potenzialità e lo dimostra la presenza delle numerose case d’asta straniere che in Italia mantengono proprie rappresentanze per acquisire opere da vendere all’estero e per coltivare relazioni con gli acquirenti. A queste grandi potenzialità corrisponde tuttavia una altrettanto significativa frammentazione degli operatori che difficilmente riescono a “fare sistema”, perdendo così opportunità e competitività, soprattutto sui mercati internazionali. Per sedere al tavolo internazionale del mercato servono poi una burocrazia più snella (e penso naturalmente alle procedure di esportazione delle opere, sempre più centrali in un mercato globale) e politiche di settore che stimolino investimenti e attrattività. Queste, peraltro, sono le istanze portate avanti in modo meritorio dal Gruppo Apollo, che vede fra i propri partner anche l’ANCA – Associazione Nazionale Case d’Asta».
Ora che è ai nastri di partenza, quali sente che saranno le maggiori sfide da affrontare per Finarte, con Alessandro Guerrini alla guida?
«La prima, in ordine di tempo, è senz’altro portare a compimento il ritorno di Finarte negli spazi storici di Via dei Bossi, il luogo in cui sono nate le aste in Italia e in cui è stata scritta la storia del mercato: è un progetto entusiasmante su cui c’è grande interesse e attenzione!»