“Quando vivrò di quello che ho pensato ieri, comincerò ad avere paura di chi mi copia”. Su queste parole si basa non solo la filosofia di Fortunato Depero (1892-1960), ma si reggono anche le fondamenta della Casa D’Arte Futurista Depero (oggi parte del Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto), un piccolo gioiello al civico 18 di Via Portici, nel centro storico di Rovereto.
Ideata nel 1957 dallo stesso Depero (dal 1918 in avanti furono diversi i futuristi che crearono le proprie “case d’arte futuriste”), l’edificio detiene ad oggi il primato di unico museo mai fondato da un futurista ed è un ottimo esempio dell’abbattimento di ogni gerarchia nelle arti professato dall’artista. Nato nel 1892 in Val di Non e traferitosi in giovane età a Rovereto, Depero è considerato parte del secondo futurismo (temporalmente iniziato dopo la Prima Guerra Mondiale con la morte di Boccioni). La seconda parte del movimento artistico fu introdotta dalla “ricostruzione futurista dell’universo” (che prevedeva l’ingresso dell’arte nella realtà quotidiana grazie ad arredamento, teatro, pubblicità e architettura) ideata nel 1915 dall’artista stesso con il maestro Giacomo Balla. I tre piani dell’edificio in Via Portici, non fanno che riflettere perfettamente questo intersecarsi tra arte e vita quotidiana.

Non solo Rovereto, Depero Futurista e l’esperienza a New York
Lasciandosi alle spalle l’ingresso della casa – dove troviamo un piccolo bar con una scritta neon creata con la bottiglietta di Campari Soda ideata da Depero nel 1932 – si sale di un piano per raggiungere il primo ambiente del museo. La sala eco della stampa, progettata nei minimi dettagli da Fortunato, contiene tutti i volumi, cataloghi e testimonianze inerenti la sua attività, con particolare attenzione al libro Depero Futurista (1927). Il volume, chiamato anche “libro imbullonato” (perchè tenuto insieme da dei bulloni) è sostanzialmente il portfolio di Depero – così proposto a clienti e agenzie – e un libro d’artista particolarmente avanguardistico.

La sala successiva è invece dedicata al periodo americano dell’artista. Insieme alla moglie Rosetta Amadori, fedele compagna di avventure, nel 1928 Fortunato si recò a New York per cambiare vita. Qui si mantenne portando avanti un’attività poliedrica: realizza quadri, molte pubblicità (quali quelle per i grandi magazzini Macy’s o per riviste quali Vogue, Vanity Fair o The New Yorker), progetti teatrali per il Roxy Theatre e interni per ristoranti. La Grande Mela è l’esempio perfetto della città futurista, una “metropoli parolibera” proiettata verso l’ignoto. Depero la rappresenta qui con il plastico Grattacieli e Tunnel, poi utilizzato nel 1993 per il film Toys di Barry Levinson. I coniugi lasciarono New York nel 1930 durante il periodo di recessione americano, iniziando a vedere anche i lati negativi della città: alienazione e isolamento.

Dal Teatro Plastico alle pubblicità per Campari
È qui necessario fermarsi nella sala Rovereto, forse la più bella dell’intero museo. I pavimenti geometrici a spina di pesce sono allineati perfettamente a panchine in legno intagliate con forme triangolari e a grandi dipinti di carattere allegorico. Al centro dello spazio sono inoltre collocate due maschere in gesso di Eraldo Fozzer che raffigurano Fortunato e la compagna Rosetta. Dopo un passaggio negli spazi dedicati al rapporto di Depero con Campari e alle sue campagne pubblicitarie, si accede all’ultimo piano, fulcro della casa futurista.

Le pareti sono infatti adornate con delle grandi tarsie in panno cucite per l’artista da Rosetta con l’aiuto di alcune operaie tra il 1920 e il 1940 (ricordiamo qui Serrada (1920), Il corteo della gran bambola (1920), Festa della sedia (1927)) aventi ad oggetto scene di vita rurale e contadina (a cui l’artista anelava a ritornare dopo l’esperienza americana). Altro elemento fondamentale della stanza sono le marionette dei Balli Plastici, concepite per gli spettacoli del Teatro Plastico (entrambi del 1918) e del Nuovo Teatro Futurista (1924). Depero immaginò infatti uno spettacolo (andato in scena nel 1918 al Teatro dei Piccoli a Roma) senza attori e ballerini, oltre che con musiche d’avanguardia.

Il ritorno in Trentino
L’ultimo spazio è invece dedicato al ritorno di Depero in Trentino e al suo rinnovato amore per questo territorio. Tanti sono gli scritti dedicati dall’artista alle sue zone d’origine, oltre che alle molte (e personali) fotografie di lui e Rosetta in diversi punti d’interesse presenti nella regione. Per quanto sia stato realizzato in giovane età, il punto finale della visita potrebbe essere l’Autoritratto Diabolicus (1924), che rappresenta l’artista nell’atto di scrivere sul proprio taccuino durante una scalata in montagna. Il quadro, qui esposto, rappresenta il definitivo ritorno alla terra d’origine.

Tutte le foto sono courtesy di Alice Trioschi.