Il nostro consumo eccessivo e insostenibile di risorse naturali sta rappresentando una vera e propria minaccia per un fattore cruciale, che ci ha finora permesso di continuare il nostro sfruttamento incontrollato: il clima moderato del nostro pianeta. Ma la necessità di un’azione urgente per il clima è effettivamente minacciata dalla crescente attenzione dei governi per la sicurezza energetica? Oppure le preoccupazioni per la sicurezza si riveleranno, di fatto, l’utile spinta ai piani di transizione energetica tanto richiesti? Questo è l’interrogativo posto da Marouane Bouchriha e Vincent Meuleman, responsabili delle strategie di investimento sul clima di Candriam.
La stabilità climatica ha definito l’Olocene, l’attuale periodo della storia del nostro pianeta. La prevedibilità, la relativa mitezza e la stagionalità del nostro clima, che si sono protratte per molti secoli, hanno reso possibile la coltivazione di cibo su larga scala grazie all’agricoltura. Queste condizioni hanno anche creato un ambiente che ha permesso alla civiltà umana di continuare la propria espansione ininterrotta e accelerata. Ma stiamo raggiungendo un punto di svolta.
Il clima sta già iniziando a subire grandi mutamenti, a causa del riscaldamento globale. Ne vediamo già le manifestazioni in tutti i continenti. Quest’estate, ad esempio, l’Europa ha dovuto fare i conti con le conseguenze dei cosiddetti “grandi-incendi”, la Cina con la siccità e l’India e il Pakistan con ondate di calore e inondazioni mortali.
La riduzione della nostra impronta di CO2, grazie a un radicale cambiamento delle modalità di produzione dell’energia, è la chiave di volta degli sforzi globali per fermare il cambiamento climatico. Eppure, in un momento in cui è necessario compiere progressi urgenti, i consumatori si trovano di fronte a una realtà difficile che, presumibilmente, mette in discussione la transizione energetica:
• dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i prezzi del petrolio sono saliti dai minimi del COVID-19 a nuovi massimi storici;
• l’Europa cerca di reperire gas ovunque possibile, con effetti anche sui mercati asiatici e statunitensi;
• i prezzi della benzina hanno risentito della mancanza di capacità di raffinazione;
• anche il carbone, che molti speravano relegato al passato, torna in auge, con prezzi da record e il rilancio di progetti in Germania e Cina.
Il difficile contesto energetico sta avendo conseguenze di vasta portata in altri settori, contro ogni aspettativa. Ad esempio, in Europa, la produzione di fertilizzanti è stata bloccata dagli alti prezzi del gas, in quanto l’ammoniaca è prodotta principalmente a partire dal gas naturale. Per troppo tempo, l’Europa è stata eccessivamente dipendente dal gas russo per il suo fabbisogno energetico e l’abbandono di questa risorsa sta influenzando le sue industrie pesanti, dalle fonderie di alluminio agli zuccherifici. Anche la produzione di birra, che richiede l’utilizzo di CO2 industriale, sottoprodotto dell’ammoniaca, è minacciata [1].
In questo contesto difficile, è lecito chiedersi come mai gli stessi governi che hanno vilipeso i combustibili fossili stiano firmando contratti in tutto il mondo per garantirne l’approvvigionamento. Significa forse che la tanto necessaria transizione energetica è responsabile dell’attuale crisi energetica e che le due cose sono incompatibili?
Un “cigno nero” o
un’anticipazione di ciò che verrà?
Nel 2021, i combustibili fossili costituiranno l’82% dell’approvvigionamento energetico globale, con il petrolio come fonte principale, seguito dal carbone e dal gas naturale. L’eolico e il solare rappresentano meno del 5% [2]. Ciò significa che mancano ancora anni alla transizione delle nostre economie e non possiamo aspettarci che il consumo di combustibili fossili diminuisca solo riducendo gli investimenti nella vecchia industria energetica, come sta facendo l’Europa (si veda la nostra citazione dal recente rapporto dell’AIE).
L’attuale crisi energetica è dovuta a una confluenza di eventi rari, con la guerra in Ucraina che ha un impatto significativo sui flussi energetici in Europa. In questo momento di accelerazione della domanda, sono entrati in gioco anche altri fattori legati alla produzione idroelettrica e di carbone, mettendo in luce i fattori di vulnerabilità della supply-chain e geopolitici. Questo contesto costituisce un monito per la potenziale, futura volatilità del mercato energetico, che può essere innescata da rapidi movimenti simultanei sui versanti della domanda e dell’offerta del panorama globale dell’energia.
Non dobbiamo inoltre dimenticare che il clima diventerà sempre più variabile, tanto più nel caso di una transizione energetica sempre più disordinata. Questo avrà inevitabilmente un impatto sulle forniture di energia. Proprio di recente, l’ondata di freddo in Texas ha portato a un blocco della produzione di gas, la siccità in Brasile ha esaurito i livelli dei bacini idroelettrici e l’inondazione delle miniere di carbone cinesi ha aggravato la carenza del minerale.
La dipendenza dai combustibili fossili è al centro dell’insicurezza energetica
Per l’Europa, il verdetto è senza appello: i Paesi dell’UE non hanno alcuna influenza sul prezzo di tutto ciò che importano e sono strutturalmente sempre più dipendenti dalle forniture esterne di combustibili fossili (fino al 97% per il petrolio, al 44% per il carbone e al 90% per il gas) [4]. Da questo punto di vista, l’Asia si trova in una posizione leggermente “migliore” grazie al carbone (il combustibile fossile con la peggiore impronta di CO2 [5]), ma la regione è fortemente dipendente dalle importazioni di petrolio e gas.
L’attuale dipendenza dai combustibili fossili, a parte l’impatto sul cambiamento climatico, sta chiaramente mettendo la maggior parte del mondo alla mercé di poche autocrazie, con cinque Paesi che detengono più del 50% delle riserve petrolifere globali [6].
Va inoltre sottolineato l’esplosione dei costi dei combustibili fossili. Secondo i dati dell’AIE, nel 2022, la bolletta energetica totale pagata dai consumatori mondiali dovrebbe superare per la prima volta i 10.000 miliardi di dollari, pari a poco più del 10% del PIL mondiale. Sono livelli che non solo restringono la crescita, ma potrebbero mettere in pericolo il contratto sociale in diverse parti del mondo.
La Germania può permettersi la spesa di importare carichi di gas naturale liquefatto (GNL), ma il resto del mondo non è in grado di competere. L’Argentina ha convertito parte della sua produzione elettrica al diesel, a causa della mancanza di gas naturale, ma questo sta provocando carenze per gli agricoltori, che hanno bisogno di carburante. Questo è il tipo di compromesso che i Paesi stanno iniziando ad affrontare e l’elevata volatilità dei prezzi delle materie prime non farà che peggiorare la situazione.
“Il quadro è desolante, con alcuni dei paesi più poveri fra i più colpiti…”. Ecco come McKinsey & Co ha riassunto il lavoro di diverse istituzioni sull’intensità sia della transizione energetica che dei rischi fisici.
L’attuale contesto delle materie prime e le tensioni geopolitiche hanno un buon parallelo storico. Negli anni ’70, la crisi petrolifera spinse i Paesi ad adeguarsi drasticamente, con impressionanti miglioramenti nell’efficienza energetica industriale e nello sviluppo di alternative. Ad esempio, i progressi nel campo dell’energia solare vennero favoriti dagli investimenti USA nella ricerca, in risposta alla crisi petrolifera [8].
Un’opportunità di investimento epocale
Siamo convinti che gli attuali prezzi elevati dei combustibili fossili, la loro volatilità e la politicizzazione dell’energia siano tutti fattori positivi per la decarbonizzazione:
• innanzitutto, per l’impatto positivo in termini di sostegno politico, perché questa crisi geopolitica ha collegato la transizione energetica all’indipendenza energetica. In Europa, il piano REPowerEU annunciato dalla Commissione Europea è un buon esempio. Esso si somma infatti agli obiettivi già ambiziosi dell’Unione Europea volti ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e l’abbandono dei combustibili fossili. Il pacchetto REPowerEU può essere suddiviso in quattro direttive principali: risparmio energetico, diversificazione dell’approvvigionamento energetico, accelerazione della transizione energetica e investimenti intelligenti [9]. Per quanto riguarda gli investimenti, il documento prevede un aumento dell’impegno giuridicamente vincolante dell’UE a garantire le energie rinnovabili al 45% dell’approvvigionamento energetico complessivo entro il 2030 (rispetto al precedente obiettivo del 40%) e un nuovo impegno per l’energia solare.
• c’è poi l’effetto di sostituzione derivante dai prezzi più elevati e volatili, per periodi più lunghi, dei combustibili fossili, che è inoltre vantaggioso per le alternative sostenibili, siano esse l’efficienza energetica o le energie verdi.
Riteniamo che questa sia per gli investitori un’opportunità di investimento storica: oltre l’80% dell’economia globale si è impegnata a raggiungere la neutralità delle emissioni tra il 2050 e il 2060 [11], ma c’è ancora un enorme divario, tra quanto stanziato e i reali bisogni in termini di investimenti. Questi obiettivi ambiziosi possono essere raggiunti solo investendo 3.000 Mld $ all’anno nella transizione energetica [12]. Si tratta di una cifra tre volte superiore a quella investita oggi, nonostante i grandi annunci che dominano i media.
Secondo le stime dell’AIE, attualmente disponiamo di tutte le tecnologie necessarie per guidare la transizione fino al 2030 e il maggior contributo è dato dall’efficienza energetica. Tendiamo a dimenticarlo, ma l’energia più verde è quella che non consumiamo.
L’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena) ha fatto un ottimo lavoro nell’inquadrare gli investimenti “net zero” per tipo di tecnologia. La lacuna più grande evidenziata da tale studio riguarda in realtà l’efficienza nell’utilizzo dell’energia, sia nei trasporti che nei processi industriali o nel riscaldamento.
La buona notizia è che le energie rinnovabili e l’efficienza energetica trarranno chiaramente i maggiori benefici dagli attuali prezzi elevati dell’energia, perché il rendimento degli investimenti è gonfiato dal costo dell’energia. Un investimento in una pompa di calore, ad esempio, richiedeva un periodo di ammortamento di 10 anni. Ora è sceso a 2 anni in alcuni paesi e può addirittura ripagarsi da solo grazie alle sovvenzioni disponibili in Francia o in Italia [13].
La politica energetica è più che mai sotto osservazione. Il mondo ha bisogno di energia non solo pulita, ma anche sicura e conveniente. La sfida per fornire un mix energetico che soddisfi questi requisiti costituisce un’opportunità storica per gli investitori. Il modo in cui l’energia viene fornita, risparmiata e consumata potrebbe definire i mercati dei capitali per il prossimo decennio.
Un’avventura che è solo agli inizi…
Marouane Bouchriha, Senior fund manager, Thematic global equity e Vincent Meuleman, Senior portfolio manager – Candriam
(contenuto sponsorizzato)
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[1] https://www.vrt.be/vrtnws/en/2022/09/02/beer-production-in-belgiun-threat- ened-due-to-co2-shortage/
[2] Fonti: BP, IEA
[3] World Energy Outlook 2021 – Analysis – IEA, https://www.iea.org/reports/
world-energy-outlook-2021
[4] Fonte: IFRI
[5] https://www.clientearth.org/latest/latest-updates/stories/fossil-fuels-and-climate-change the-facts/#:~:text=Coal%20is%20a%20fossil%20fuel,the%20
world%27s%20total%20carbon%20emissions
[6] Fonte: BP
[7] McKinsey: Net Zero Transition Report, 01/22
[8] http://www.history.alberta.ca/energyheritage/energy/solar-power/modern-photovoltaic-power.aspx
[9] https://eurocities.eu/latest/king-or-pawn-where-does-repowereu-leave-europe/
[10] Biden signs Inflation Reduction Act into law, setting 15% minimum corporate tax rate (cnbc.com), https://www.cnbc.com/2022/08/16/watch-live-biden-to-sign-inflation-reduction-act-into-law-setting-15percent-minimum-corporate-tax-rate.html
[11] https://www.ox.ac.uk/news/2021-11-01-80-world-economy-now-aiming-net-zero-not-all-pledges-are-equal
[12] McKinsey: Net Zero Transition Report, 01/22
[13] Short payback periods for PV-powered heat pumps in Spain – pv magazine International (pv-magazine.com), https://www.pv-magazine.com/2022/02/08/ short-payback-periods-for-pv-powered-heat-pumps-in-spain/
[14] https://irena.org/publications/2022/mar/world-energy-transitions-outlook-2022