La scelta del ceo è una decisione cruciale per qualsiasi azienda, ma diventa particolarmente complessa nelle aziende familiari. Questa difficoltà deriva dalla necessità di bilanciare una serie di fattori, tra cui competenze manageriali, dinamiche familiari, tradizione aziendale e obiettivi di crescita.
Trovare il giusto equilibrio tra competenza professionale e legame familiare può essere sfidante.
Negli ultimi anni, molte imprese familiari italiane hanno infatti optato per l’assunzione di ceo esterni, segnando un cambiamento significativo rispetto alla tradizione di mantenere la gestione all’interno della famiglia.
Un esempio emblematico di ceo non familiare: il caso Luxottica
Un esempio emblematico di ceo non familiare è stato Andrea Guerra che ha guidato Luxottica
Group spa dal 2004 al 2014. Durante il suo mandato, l’azienda ha attraverso una fase di forte espansione internazionale e crescita significativa, anche attraverso le acquisizioni di Cole National Corporation, Oakley e A&R Optical Machinery.
Due scenari diversi per la scelta del ceo
Tuttavia, professionalizzare l’impresa familiare attraverso l’assunzione di un ceo non familiare è sempre la strada giusta?
La risposta è influenzata da diversi fattori. Di seguito alcune riflessioni riguardanti i due principali scenari relativi alla scelta del ceo in un family business.
Il primo scenario rappresenta la scelta di un ceo familiare, opzione adottata dalla maggior parte delle aziende familiari italiane (circa il 90% dei primi 100 gruppi familiari italiani). Questa scelta riflette la convinzione che i componenti della famiglia proprietaria possano essere una fonte preziosa di talento, motivazione e ambizione, con la trasmissione efficace di conoscenze da una generazione alla successiva.
Un esempio di ceo familiare: il caso Allegrini
Nelle realtà aziendali più legate alla loro storia e cultura organizzativa, che si basano su valori fortemente radicati, l’assunzione di un ceo familiare è vista dagli stakeholder esterni come una garanzia di preservazione della tradizione aziendale rispetto a un ceo esterno.
Questo scenario include, ad esempio, il caso di Allegrini, azienda vitivinicola della Valpolicella, dove la settima generazione è recentemente salita al potere. Il nuovo ceo, Francesco Allegrini, pur dichiarando la sua volontà di apportare cambiamenti alla struttura organizzativa puntando in primis sulla managerializzazione, sostiene la necessità di un ritorno alle radici, concretizzandolo con il progetto della nuova cantina che sorgerà a fianco alla sede storica e prenderà il nome della nonna paterna.
Vantaggi e limiti della scelta di un ceo proveniente dall’esterno
Nel secondo scenario, l’azienda opta invece per assumere un ceo proveniente dall’esterno. Questa decisione presenta diversi vantaggi, in quanto è spesso vista dagli stakeholder come un’opportunità per introdurre competenze ed esperienza manageriale aggiuntive all’interno dell’azienda.
Un ceo non familiare può apportare un livello di competenza manageriale superiore rispetto ai candidati familiari disponibili, contribuendo così a migliorare le capacità gestionali complessive dell’azienda. La nomina di un ceo esterno consente alle aziende familiari di arricchire il loro pool di conoscenze e di sviluppare una maggiore apertura verso l’ambiente esterno, il che può facilitare il
riconoscimento e l’utilizzo delle opportunità imprenditoriali.
Un esempio di cambiamento al vertice: il caso Santoni
Un esempio di questo è scenario è il recente cambiamento al vertice nella celebre azienda di calzature marchigiana Santoni, dove Giuseppe Santoni, figlio del fondatore del calzaturificio, ha ceduto il ruolo di amministratore delegato a Eraldo Poletto, ex ceo di Furla e Ferragamo. Tra le ragioni che lo hanno portato a questa scelta, Giuseppe Santoni ha menzionato la professionalità e l’esperienza del manager, che spera possa ampliare gli orizzonti aziendali sia geograficamente che nell’approccio all’innovazione.
Tuttavia, affidare la leadership dell’azienda a un dirigente esterno è un’operazione tutt’altro che semplice, principalmente a causa della percezione diffusa che questo possa comportare la perdita di controllo familiare sull’impresa.
Nella realtà aziendale, si riscontrano numerosi casi in cui tale inserimento non ha avuto successo. Questo accade spesso perché il cambiamento organizzativo non è accompagnato da un cambiamento culturale corrispondente. Il processo di professionalizzazione richiede infatti che la famiglia imprenditoriale adotti un approccio diverso alla gestione dell’impresa, il che implica un cambiamento culturale iniziale.
Questo cambiamento comporta un aumento del livello di formalizzazione dei processi e dei principi aziendali, necessario per attrarre e trattenere professionisti esterni provenienti dal mercato.
5 azioni per innestare un ceo non familiare
La nostra attività di ricerca e consulenza ci ha portato a distillare cinque azioni necessarie
per realizzare con successo un percorso di professionalizzazione della leadership dell’impresa familiare attraverso il ricorso a ceo non familiari:
- 1 – Riconoscere che il coinvolgimento della famiglia nell’azienda può evolversi nel tempo e che questo cambiamento è spesso cruciale per il futuro dell’impresa familiare.
- 2 – Promuovere una cultura aziendale che accetti il passaggio del coinvolgimento familiare da ruoli di leadership o management a ruoli di proprietà e governance come una necessità per il successo aziendale.
- 3 – Formalizzare principi, politiche e procedure per garantire decisioni aziendali obiettive e
trasparenti, limitando l’influenza di nepotismo o preferenze familiari. - 4 – Delegare responsabilità in modo efficace, consentendo al leader non familiare di operare con autonomia, basandosi su una fiducia solida tra famiglia e leader esterno.
- 5 – Implementare un processo graduale di avvicendamento tra leadership familiare e non familiare, prevedendo un periodo di partnership tra i due leader e definendo chiaramente le interazioni con gli attori organizzativi per garantire una transizione efficace.
Alla luce di questo duplice scenario, la scelta del ceo rappresenta solo uno dei numerosi fattori da considerare nelle dinamiche complesse delle aziende familiari, dove risulta essenziale trovare un
equilibrio tra continuità familiare e capacità manageriale, così da garantire la sostenibilità e il successo di lungo termine dell’impresa. Indipendentemente dall’origine del ceo, ciò che conta veramente è la sua capacità di guidare l’azienda con integrità, visione e competenza, mantenendo sempre l’interesse dell’azienda al centro delle proprie azioni e decisioni.
(Articolo scritto in collaborazione con Carlotta Benedetti, ricercatrice di family business presso l’Università di Innsbruck, in Austria)