I Cct, o più correttamente i CctEu, sono titoli di Stato emessi dal Tesoro italiano, proprio come i Btp. I CctEu rappresentano circa il 5,8% dei titoli di Stato italiani in circolazione con oltre 138 miliardi di euro, il che li rende il terzo titolo di Stato più rilevante dopo i Btp e i Btp rivalutati all’inflazione europea. Nonostante questa relativa popolarità, il funzionamento dei Cct è un po’ meno noto ai piccoli risparmiatori, rispetto ai Btp.
Btp o Cct: in cosa si somigliano
Prima di vedere le differenze esploriamo alcuni punti comuni fra CctEu e Btp.
Entrambi i titoli sono garantiti dallo Stato italiano, che si impegna a restituire il capitale investito a scadenza, più il pagamento dei relativi interessi nel corso del tempo. Di conseguenza, concentrare investimenti su Btp e CctEu non consente di diversificare fra più emittenti, esponendo al rischio che il risparmio possa essere fortemente influenzato dalla capacità di rimborso di un solo soggetto – in questo caso lo Stato italiano.
CctEu e Btp, all’occorrenza, possono essere entrambi liquidati prima della naturale scadenza, al prezzo che il mercato attribuisce ai relativi titoli nel momento di vendita: in questo caso, non c’è alcuna garanzia sulla restituzione del capitale investito. Sia i Btp sia i Cct sono titoli a media o lunga scadenza, adatti per la pianificazione di un risparmio che si prevede di mettere da parte per un lungo periodo di tempo. I Cct, tuttavia, arrivano a una durata fino aiù 7 anni, mentre i Btp possono avere scadenze fino a 50 anni.
Anche a livello fiscale, Cct e Btp hanno le medesime caratteristiche, con una tassazione dei rendimenti ridotta al 12,5%, contro il 26% applicato agli altri titoli.
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Cct e Btp, le differenze
La principale differenza fra Btp e Cct è che nel primo caso le cedole sono fisse, mentre quelle del Cct, invece, sono variabili. Che cosa determina le cedole del Cct? Il principio somiglia un po’ alle variazioni negli interessi che si devono alla banca quando si contrae un mutuo a tasso variabile: sarà la politica monetaria della banca centrale, di fatto, a determinare indirettamente le cedole dei Cct. Sempre come avviene per i mutui variabili, anche nel caso dei Cct è impossibile sapere in anticipo a quanto ammonteranno le cedole nel corso degli anni. In generale, il rendimento del Cct risulterà superiore se i tassi d’interesse di riferimento saranno relativamente elevati nel corso della vita del titolo.
Come si calcola esattamente la cedola di un CctEu? Ogni sei mesi il titolo corrisponde una cedola determinata dalla somma di due componenti:
- Un elemento variabile, pari al tasso Euribor a sei mesi rilevato in momenti predeterminati
- Un margine prefissato, che resta uguale per tutta la durata del titolo e che si somma alla componente precedente. Ad esempio, un 1,5%
Cct per moderare i rischi di un mutuo a tasso variabile?
Per chiarire meglio, il tasso Euribor è lo stesso tasso di riferimento al quale sono agganciati i mutui. Il fatto che anche i Cct siano ancorati a questo tasso di riferimento permette di gestire i rischi quando ci si è indebitati con un mutuo a tasso variabile. Infatti, se i tassi, e la rata del mutuo, dovessero aumentare, anche il rendimento dei Cct sarebbe rivisto verso l’alto: questo compenserebbe in parte un esborso più elevato sul mutuo con maggiori cedole.
La cedola variabile del Cct, in generale rende questi titoli relativamente meno rischiosi dei Btp di pari durata.
Infatti le variazioni nei tassi d’interesse incidono sui prezzi dei titoli di Stato in modo differente se la cedola è fissa, oppure variabile. Nel primo caso, quando aumentano i tassi i prezzi dei titoli di Stato tendono a diminuire, perché le cedole fisse previste nei titoli già in circolazione restano le medesime – più basse di quelle “corrette” per la nuova fase di mercato. L’unico modo per pareggiare tali cedole troppo basse per le condizioni di mercato consiste nello “scontare” il prezzo a chi volesse acquistare quel titolo sul mercato. Chi vende il suo Btp in queste condizioni, va incontro a una perdita rispetto al capitale investito, perché costretto a liquidarlo a un prezzo più basso. Va aggiunto, però, che se se lo scenario è quello di una diminuzione dei tassi il valore del titolo aumenta: a quel punto vendere in anticipo, può essere un’opportunità di profitto.
Il Cct, al contrario, adegua le sue cedole ai tassi d’interesse: se questi ultimi salgono, anche la cedola del Cct aumenta (pur con un po’ di ritardo) e viceversa. Pertanto, il prezzo del Cct è meno sensibile e volatile in relazione all’andamento dei tassi. Questo è un vantaggio se si temono imprevisti che potrebbero costringere l’investitore a vendere in anticipo il suo titolo a condizioni di mercato non favorevoli.
Il vantaggio del Btp, rispetto al Cct è che offre più certezze su quello che sarà il rendimento a scadenza, in quanto le cedole sono prefissate per contratto.
In questa particolare fase di mercato (alla pubblicacazione, fine febbraio 2024), inoltre, si prevede che i tassi d’interesse di riferimento diminuiranno da qui al 2025: questo potrebbe aumentare il valore dei Btp, mentre i Cct non coglierebbero questa opportunità.
In generale, la preferenza per il Cct potrebbe essere determinata dal desiderio di adeguare il rendimento a quelli che sono le possibili variazioni nel costo dei mutui, oppure perché si preferisce avere in possesso titoli dal valore meno instabile, anche a costo di non sapere con precisione il rendimento finale.