Dispone l’art. 470 del codice civile che “L’eredità può essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio di inventario. L’accettazione col beneficio di inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore”. Con l’accettazione pura e semplice si verifica la confusione dei patrimoni (quello ereditario, da un lato, e quello dell’erede, dall’altro), con la conseguenza che l’erede assume (pro quota) la responsabilità illimitata per i debiti del de cuius e per i legati: ciò significa che l’erede sarà tenuto a soddisfare interamente tutti i debiti del defunto e i legati, anche se la loro entità superasse il valore dei beni relitti.
L’erede può limitare la propria responsabilità per i debiti ereditari tramite l’accettazione con beneficio di inventario. L’accettazione beneficiata, diversamente da quella pura e semplice, non produce la confusione tra patrimoni, e l’erede – fintanto che abbia ottenuto il beneficio di inventario e non ne sia decaduto – risponderà dei debiti ereditari solo intra vires e cum viribus hereditatis: risponderà dei debiti solo con i beni ereditari e nel limite del valore dei beni ereditari.
L’accettazione con beneficio di inventario richiede, come suggerisce il nome, la formazione di un inventario, a cura del cancelliere del Tribunale (del luogo ove si è aperta la successione) ovvero di un notaio. L’inventario può precedere o seguire la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario: nel primo caso, ai sensi dell’art. 485 del codice civile, l’inventario deve essere compiuto nel termine di tre mesi – prorogabili una sola volta su istanza rivolta al Tribunale del luogo ove si è aperta la successione – dall’apertura della successione dal chiamato che è nel possesso dei beni ereditari (secondo la giurisprudenza, è sufficiente, perché decorra il termine di tre mesi, il possesso anche di un solo bene dell’eredità per un solo giorno, cfr. Cass. 4707/1994, Cass. 1317/1984), e la dichiarazione di accettazione beneficiata va resa nei quaranta giorni successivi dal compimento dell’inventario; in difetto di tale dichiarazione, l’eredità è acquistata puramente e semplicemente. Il chiamato che non è nel possesso dei beni ereditari ha termine, per la formazione dell’inventario, sino a che non è prescritto il diritto di accettare, ex art. 487 del codice civile, e compiuto l’inventario ha termine di quaranta giorni per rendere la dichiarazione di accettazione beneficiata; in difetto di tale dichiarazione il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità. Nel caso in cui invece la dichiarazione di accettazione beneficiata preceda l’inventario, il termine per redigere il medesimo è di tre mesi dall’apertura della successione per il chiamato nel possesso dei beni ereditari, e di tre mesi dalla dichiarazione di accettazione beneficiata (prorogabili una sola volta su istanza rivolta al Tribunale del luogo ove si è aperta la successione), per il chiamato non nel possesso dei beni ereditari.
Come detto, l’inventario deve essere formato da un cancellerie del Tribunale, ovvero da un notaio. Per quanto riguarda in particolare l’incarico al notaio, dispone l’art. 769, 4 comma del codice di procedura civile che “
Quando non sono stati apposti i sigilli, l’inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l’iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte”.
Una volta completata la procedura per l’accettazione con beneficio di inventario, all’erede beneficiato spetta il potere di compiere qualsiasi attività di amministrazione del patrimonio, sia essa ordinaria, straordinaria, o di atti materiali, e provvede al pagamento dei debiti decorso un mese dall’accettazione beneficiata ai sensi dell’art. 495 del codice civile. Egli ha inoltre il dovere di mantenere intatta la consistenza del patrimonio ereditario, a garanzia dei creditori e legatari (ex art. 491 del codice civile, l’erede risponde per colpa grave nell’amministrazione). In particolare, per gli atti di straordinaria amministrazione è richiesta la preventiva autorizzazione giudiziale: dispone l’art. 493 del codice civile che l’erede decade dal beneficio di inventario se aliena, sottopone a pegno o ipoteca i beni ereditari, transige relativamente ai medesimi senza autorizzazione giudiziaria e senza osservare le forme prescritte dal codice civile; la decadenza dal beneficio di inventario comporta responsabilità illimitata dell’erede per i debiti ereditari e per i legati ancora residui. L’autorizzazione non è più richiesta per gli atti di straordinaria amministrazione relativi a beni mobili dopo cinque anni dalla dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario; mentre i beni immobili è sempre richiesta l’autorizzazione.
L’erede che abbia accettato con beneficio di inventario, il quale sia convenuto dal creditore del “de cuius” che faccia valere per intero la sua pretesa, se vuole contenere “intra vires” l’estensione e gli effetti della pronuncia giudiziale, deve far valere tale sua qualità – mediante una difesa che si configura in termini di eccezione in senso lato, invocabile liberamente anche nel giudizio di appello e rilevabile anche d’ufficio dal giudice – nel giudizio di cognizione; in mancanza, la pronuncia giudiziale costituisce un titolo non più contestabile in sede esecutiva ( cfr. Cass. 2020, n.20531).
La legge indica, agli artt. 471 e 472 del codice civile, alcuni soggetti che non possono accettare se non con beneficio di inventario: essi sono i minori, gli interdetti, gli inabilitati, gli emancipati e le persone giuridiche (diverse dalle società), associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti. L’accettazione pura e semplice dell’eredità, per questi soggetti, non produce alcun effetto ed essi non assumono la qualità di erede.
Per quanto riguarda le persone giuridiche, è opinione della dottrina che sia necessaria l’accettazione beneficiata anche qualora le medesime siano straniere (va segnalato che la decisione della Corte di Cassazione 944/1997 abbia ritenuto non necessario il beneficio di inventario ai fini dell’accettazione, sebbene con riferimento ad un ente internazionale straniero).
Per quanto in particolare ai minori residenti all’estero, il regime autorizzativo per l’accettazione dell’eredità è fornito dalla legge dello stato di residenza abituale dei medesimi. In altre parole, anche qualora la legge che regola la successione fosse quella italiana, sulla scorta dell’art. 17 della Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996, ratificata con L. 18 giugno 2015, n. 101, l’autorizzazione dovrebbe essere richiesta secondo le norme previste dallo stato di residenza abituale del minore (“l’esercizio della responsabilità genitoriale è regolato dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore. In caso di trasferimento della residenza abituale del minore, è regolato dalla legge dello Stato di nuova residenza abituale”).
Dispone l’art. 470 del codice civile che “L’eredità può essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio di inventario. L’accettazione col beneficio di inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore”. Con l’accettazione pura e semplice si verifica la confusione dei patrimo…