La Cassazione, sin dalla decisione n. 2404 del 22 luglio 1971, indica quali elementi essenziali di un patto successorio:
- il vincolo contrattuale tra vivi;
- le cose o i diritti formanti oggetto della convenzione, siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione, o debbano comunque essere compresi nella stessa;
- la condizione di sopravvivenza del beneficiario del patto;
- la privazione dello ius poenitendi.
I tipi di patti successori vietati nel nostro ordinamento sono tre: i patti successori istitutivi, i patti successori dispositivi, i patti successori rinunziativi.
Il patto successorio cd. “istitutivo” è un contrato che, normalmente, è strutturato come segue: una parte propone all’altra, la quale accetta, di essere nominata quale erede o legataria. È indifferente che il contratto sia a titolo gratuito o a titolo oneroso. Nell’ambito di tali contratti la dottrina e la giurisprudenza includono anche quei patti in cui le parti non sono il dante causa e il futuro erede o legatario, ma anche il futuro dante causa e una terza persona, come nell’ipotesi del mandato mortis causa.
Il patto successorio cd. “dispositivo” è quel patto con cui le parti dispongono di diritti di una successione non ancora aperta. Anche in tal caso l’atto può essere a titolo gratuito o a titolo oneroso; si osserva tuttavia che, qualora l’atto sia compiuto a titolo gratuito e ricorrendo i presupposti della liberalità, al patto così concluso si aggiungerebbe, oltre che la nullità per violazione del divieto di patti successori, anche la nullità comminata per la donazione di beni futuri ai sensi dell’art. 771, primo comma c.c., poiché i beni oggetto del patto – che, ricordiamo, sono beni che il disponente si aspetta di ricevere da una successione ancora non aperta – non si trovano ancora nel patrimonio del disponente.
La giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cass 24 ottobre 1978, n. 4801) ha però osservato che, qualora le parti non considerino l’oggetto del contratto come proveniente da una successione ancora da aprirsi, si potrà avere ricorrendone i presupposti una valida vendita di cosa altrui.
Il patto successorio cd. “rinunziativo” comprende ogni forma di rinuncia a diritti su una successione che deve ancora aprirsi al momento del patto. Nel divieto del patto successorio rinunziativo ricadono non solo gli atti unilaterali, ma anche quelli bilaterali, siano essi a titolo gratuito o a titolo oneroso. Il divieto dei patti rinunziativi non emerge solo dalla generale disposizione dell’art. 458 c.c., ma anche dal divieto, per i legittimari, di rinunciare al diritto di riduzione delle donazioni e disposizioni lesive della porzione di legittima finché vive il donante, ai sensi dell’art. 557, comma 2 c.c.
Così a titolo amplificativo la Suprema Corte (Cass.15/06/2018, n.15919) ha ritenuto “nulla, per contrasto con il divieto di cui agli artt. 458 e 557 c.c., la transazione conclusa da uno dei futuri eredi, allorquando sia ancora in vita il “de cuius”, con la quale egli rinunci ai diritti vantati, anche quale legittimario, sulla futura successione, ivi incluso il diritto a fare accertare la natura simulata degli atti di alienazione posti in essere dall’ereditando perché idonei a dissimulare una donazione”.
Si badi che sono nulli anche i patti successori “indiretti”, cioè quelli che costituiscono una attribuzione indiretta a causa di morte. Un esempio ne è stato fatto da autorevole dottrina nell’ipotesi del contratto a favore di terzo, con riserva di designare, a mezzo di successivo testamento, il beneficiario.
È bene precisare che i patti successori non sono tuttavia contrari all’ordine pubblico: il Regolamento Europeo No. 650/2012, infatti, ne consente il riconoscimento a condizione che i medesimi patti siano regolati – in conformità alle disposizioni del Regolamento No. 650/2012 medesimo – da una legge diversa da quella italiana.