Il legittimario che riceve, tramite la successione e le donazioni fatte in vita dal de cuius, meno della propria quota di legittima, può intentare l’azione di riduzione: essa è volta a rendere inefficaci nei confronti del legittimario leso dapprima le disposizioni testamentarie lesive, e dopo di queste – qualora la loro inefficacia non fosse sufficiente a eliminare la lesione del legittimario – anche le donazioni fatte in via dal de cuius.
Anzitutto, va formato l’asse ereditario sul quale vengono poi calcolate le quote di legittima. Il metodo di calcolo è il seguente:
– in primo luogo, si deve calcolare il valore dei beni presenti nel patrimonio del defunto all’apertura della successione (cioè al momento della morte) (il cosiddetto “relictum“);
– poi, i debiti del defunto devono essere sottratti dal valore di cui sopra;
– infine, il valore delle donazioni (tanto dirette e indirette) fatte durante la vita del testatore deve essere aggiunto al valore di cui sopra (cosiddetto “donatum“). Il valore delle donazioni va calcolato al momento dell’apertura della successione, dedotte le migliorie che sono imputabili all’attività del donatario.
Formato così contabilmente l’asse ereditario va calcolata la quota di legittima spettante a ciascun legittimario.
La quota di legittima dipende dalla situazione di fatto esistente al momento dell’apertura della successione. Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che con sentenza n. 13429 del 9 giugno 2006 ha deciso quanto segue “In tema di successione necessaria, l’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria va effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari”.
Nel caso di apertura della successione con due figli, la quota di legittima è di 2/3 congiuntamente a favore dei figli, mentre la disponibile (cioè quella quota di cui il testatore può liberamente disporre) è di 1/3. Perciò, ciascun figlio ha diritto di ricevere 80 dalla successione. Poiché il valore della massa relitta è pari a 140, in assenza di testamento la massa sarebbe ripartita metà per figlio sicché ciascuno dei figli riceverebbe 70: conseguentemente, ciascun figlio potrebbe agire contro Caio, per essere reintegrato della sua quota di legittima per i residui 10. In applicazione della citata Sentenza a Sezioni Unite della Cassazione, la quota di legittima riservata a ciascun figlio non si modifica in caso di rinuncia all’eredità o all’azione di riduzione di uno dei due o di entrambi: la quota di riserva si “cristallizza” al momento dell’apertura della successione, in base alla situazione di fatto al tempo esistente.
Sinteticamente, ciascun legittimario leso può esperire l’azione di riduzione, e rendere inefficaci disposizioni testamentarie e/o donazioni lesive al fine di reintegrare la propria quota di legittima. Il legittimario, perché possa agire in riduzione, ha l’onere di accettare l’eredità con beneficio di inventario (salvo che l’azione sia intentata contro altri coeredi), ovvero rinunciare al legato in sostituzione di legittima. Egli ha poi l’onere di imputare alla sua quota le donazioni ricevute in vita senza dispensa da collazione e imputazione, e sempre sull’erede grava l’onere di provare la lesione della propria quota di legittima (cfr., ex plurimis, Cass. 17926/2020).
Finché l’azione di riduzione – al cui esercizio non si può rinunciare se non dopo l’apertura della successione – non viene vittoriosamente esperita dal legittimario, con sentenza passata in giudicato, le disposizioni testamentarie e donazioni lesive rimangono valide ed efficaci. In sostanza, il de cuius è libero di disporre del proprio patrimonio come meglio crede, per testamento o donazione, salvo poi il diritto dei legittimari (il cui esercizio è solo eventuale) a conseguire, con un contenzioso o con un accordo di reintegrazione di legittima, la propria quota di successione necessaria.