Sostenibilità: la Cina è così indietro? Attenzione a questi segnali

Se da un lato la crescita potenziale della Cina risulta innegabile, dall’altro ci si interroga se sia possibile investire su questo mercato anche in un’ottica sostenibile. Secondo Fidelity International è possibile. Ecco perché

Quando si parla di transizione verso un sistema a impatto zero, l’Europa ne esce come vincitrice indiscussa. La Cina, al contrario, è, in termini assoluti, la principale emittente di gas effetto serra (27% del totale al 2019, secondo quanto rilevato da Rhodim Group). Eppure proprio la Cina, rappresentando la seconda potenza economica mondiale, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico: le sue scelte in tema di sostenibilità avrebbero un impatto positivo non solo all’interno del suo territorio, ma in tutto il mondo, come sottolineato da Angela Wilkinson, segretaria generale del World Energy Council.


Fonte: Fidelity International

Le cose, però, stanno cambiando rapidamente. Secondo ESG Analyst Survey 2022 di Fidelity International, infatti, più di metà delle imprese cinesi si sta approcciando al cambiamento. Non solo. Nell’ultimo anno la percentuale di analisti ottimisti sul fatto che le società cinesi riusciranno a implementare una politica a impatto zero già entro il 2050 è più che raddoppiata. Un segnale importante, che riflette i nuovi orientamenti del governo cinese.

Nel 14° piano quinquennale, messo a punto da Pechino nel 2021, sono state messe in luce una serie di nuove politiche da implementare a supporto di una svolta sempre più sostenibile. Come si legge nelle note del governo cinese, è necessario “promuovere un uso dell’energia che sia pulita, sicura, efficiente e a basse emissioni di carbonio”, ma anche “un impegno sempre maggiore nel tenere sotto controllo le emissioni di gas effetto serra, cercando di garantire, entro il 2060, la neutralità carbonica”.

Il governo cinese sta cercando di implementare, seppur con un certo ritardo, i vari obiettivi sostenuti dall’Accordo di Parigi, generando i primi effetti, come dimostrato dalla Knowledge Platform delle Nazioni Unite: nei cinque anni precedenti al 2020, la carbon intensity del Dragone era diminuita del 18,8% e al 2019 il 23,4% del mix energetico del paese era rappresentato da fonti rinnovabili.

Le opportunità di investimento sostenibili, quindi, si possono cogliere anche in Cina. Il gigante asiatico, infatti, è già leader in molti ambiti, come quello dei pannelli solari. Inoltre, gli analisti di Fidelity International hanno anche rilevato un “aumento delle aziende che stanno incrementando politiche a supporto dei problemi ambientali, come la deforestazione”. La Cina, al riguardo, è il paese più attivo a livello globale.

Certo, la strada è ancora lunga, ma sono già stati fatti enormi progressi e non bisogna scoraggiarsi: “identificare le imprese che stanno prendendo azioni concrete è necessario per supportare la transizione e allocare capitale proprio lì dove è più necessario”.

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