- Gli investimenti impatto nascono dall’idea che il modo più efficiente di allocare il capitale sia quello di investire in aziende che sviluppano le soluzioni necessarie ad affrontare le principali sfide ambientali e sociali del nostro tempo
- I principali indici global clean energy nel 2023 hanno perso oltre il 20% e da inizio anno perdono il 13%. Ma per Mangilli è solo una questione di tempo prima che ci sia un riallineamento tra realtà e valutazioni finanziarie delle aziende
Negli ultimi mesi la finanza sostenibile è diventata anche una questione politica, specie negli Stati Uniti. Come approfondito in precedenza, alcuni analisti credono che l’esito delle elezioni di novembre determinerà se la spinta contro il verde avrà un effetto profondo e duraturo. I fondi sostenibili, nel primo trimestre, hanno intanto incassato deflussi per 8,8 miliardi di dollari oltreoceano. Ma non si può dire lo stesso per l’Europa. Secondo l’ultima analisi di Morningstar, i “cugini” del Vecchio Continente hanno attirato nello stesso periodo afflussi netti per 10,9 miliardi, quasi il doppio rispetto all’ultimo trimestre dello scorso anno. Ma cosa è accaduto, in particolare, al mercato del cosiddetto “impact investing”?
Impact investing: cos’è e come funziona
Partiamo intanto da una definizione. Gli investimenti impatto nascono dall’idea che il modo più efficiente di allocare il capitale sia quello di investire in aziende che sviluppano le soluzioni necessarie ad affrontare le principali sfide ambientali e sociali del nostro tempo, dalla cui soluzione dipende la nostra prosperità futura. Nell’ambito dei mercati del capitale quotati, investire con una logica di impatto vuol dire definire formalmente nella politica di investimento specifici obiettivi d’impatto (come una traiettoria di decarbonizzazione coerente con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, la protezione delle risorse idriche, la tutela della salute umana o l’inclusione finanziaria) e costruire dei portafogli che non solo perseguono rendimenti finanziari competitivi ma che contribuiscono anche in modo continuativo al raggiungimento degli obiettivi d’impatto fissati.
Investimenti a impatto: quanto rendono
Ma quanto rendono? “Parlare di rendimenti è sempre complesso e la prospettiva cambia in modo significativo in relazione all’orizzonte temporale che si considera”, spiega a We Wealth Dario Mangilli, head of sustainability di IMPact sgr. “Il cambiamento climatico sta contribuendo ad alzare i prezzi delle materie prime alimentari, sta riducendo la disponibilità d’acqua in alcune aree geografiche e sta devastando con inondazioni frequenti altre, causando migrazioni su larga scala. Queste dinamiche si amplificheranno tanto più continueremo a immettere emissioni a effetto serra nell’atmosfera”. Ciononostante, racconta l’esperto, assumendo una prospettiva di breve periodo si osserva una dissonanza tra l’urgenza di impiegare il capitale per mitigare il cambiamento climatico ed il recente andamento dei titoli di aziende che sviluppano tecnologie pulite.
A partire dallo scoppio della guerra in Ucraina e dell’aumento dell’inflazione, gli investitori sono passati infatti da uno stato euforico, in cui le valutazioni delle aziende clean tech consideravano i tassi di crescita attesi nei prossimi 5-7 anni, a uno stato di profonda sfiducia, per cui le valutazioni delle stesse aziende sono state guidate dalle aspettative a 3-9 mesi. I principali indici global clean energy nel 2023 hanno perso oltre il 20% e da inizio anno perdono il 13%. “Tuttavia, guardando alla rapidità con cui il clima sta cambiando e agli effetti distruttivi che sta portando non è difficile immaginare che sia solo una questione di tempo prima che ci sia un riallineamento tra realtà e valutazioni finanziarie delle aziende che sviluppano tecnologie pulite e strumentali al contrasto del cambiamento climatico”, rassicura Mangilli.
Il mercato dell’impact investing
Come ricorda l’esperto, l’impact investing ha avuto una crescita tumultuosa negli ultimi 15 anni. Tra il 2009 e il 2023 il mercato globale della finanza d’impatto è passato da 15 miliardi di dollari a 1.450 miliardi. Ma per poter continuare lungo questa strada, mantenendo allo stesso tempo la propria integrità concettuale, per Mangilli la finanza d’impatto si trova di fronte a una sfida cruciale: trovare le corrette modalità per diventare un approccio gestionale applicabile anche a prodotti di investimento liquidi e diversificati, accessibili a un pubblico di piccoli risparmiatori, emancipandosi così da una visione che vede la finanza d’impatto solamente come un’asset class a sé stante, confinata in prodotti finanziari illiquidi e riservati a un pubblico ristretto di investitori istituzionali.
“Nel nuovo quadro normativo europeo l’espressione investimenti sostenibili assume un’accezione precisa e tecnica, che fa riferimento a quel tipo di investimenti che contribuiscono intenzionalmente e in modo misurabile a perseguire obiettivi di sostenibilità”, aggiunge l’esperto. “L’intenzionalità e la misurabilità sono due pilastri concettuali degli investimenti a impatto. I prodotti d’investimento a impatto si sposano bene con i requisiti regolamentari europei, finalizzati a portare trasparenza e ridurre il rischio di greenwashing. Più trasparenza vuol dire migliore accessibilità alle informazioni sull’effettivo livello di sostenibilità dei prodotti d’investimento. Di conseguenza, se è vero che il trasferimento intergenerazionale dei patrimoni porterà verso preferenze di sostenibilità più esigenti, i prodotti d’investimento che adottano logiche d’impatto sono ben posizionati per sfruttare il cambio di paradigma generazionale nei prossimi anni”, osserva Mangilli.
Le 4 aziende italiane più sostenibili
Fatte queste premesse, IMPact sgr ha individuato per We Wealth quattro titoli italiani da monitorare per chi investe in chiave sostenibile, illustrando così la logica seguita dalla società per valutare il contributo d’impatto delle aziende. Si parte da Terna, in ragione del suo ruolo strategico per la realizzazione della transizione energetica italiana. “Terna gestisce e opera la rete di trasmissione elettrica italiana e ha un piano strategico al 2028 da 16,5 miliardi di euro per fare in modo che l’elettricità pulita, prodotta da fotovoltaico ed eolico nel Sud Italia ed in Nord Africa, possa essere utilizzata nel Nord Italia, dove si concentra la maggior parte del consumo elettrico italiano, ed eventualmente anche esportata verso il Nord Europa”, racconta Mangilli. “Senza il potenziamento della rete di trasmissione elettrica la transizione energetica è materialmente impossibile. Il livello di allineamento tassonomico agli obiettivi climatici del fatturato di Terna è dell’89%”, fa presente l’esperto.
Un’altra società individuata da IMPact sgr è Erg, che con la vendita degli asset termoelettrici nel 2023 è passata in 20 anni da un modello di business incentrato sulla raffinazione di prodotti petroliferi a uno esclusivamente incentrato sulla produzione e vendita di elettricità prodotta da fotovoltaico ed eolico, con tassi di riciclo delle componenti di entrambe le tecnologie superiori al 90%. L’allineamento tassonomico agli obiettivi climatici del fatturato di Erg è del 100%. “Una terza società è A2A, che ha recentemente pubblicato un piano da 22 miliardi di investimenti al 2035 principalmente incentrato su infrastrutture energetiche pulite ed economia circolare. I capex allineati alla tassonomia di A2A sono pari al 46%”, aggiunge Mangilli, citando infine anche Poste Italiane. “Gioca un ruolo chiave nella transizione digitale italiana”, dice. “Un numero su tutti: dal lancio dell’identità digitale in Italia nel 2016, il 70% delle oltre 38 milioni di utenze Spid che permettono di digitalizzare l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione è stato erogato da Poste Italiane”.