- Secondo l’Iea, gli investimenti in energia pulita a livello mondiale toccheranno i 2mila miliardi di dollari nel 2024, circa il doppio di quelli destinati ai combustibili fossili
- Per azzerare le emissioni nette di gas serra a livello mondiale entro il 2050 sarà necessario dimezzare gli investimenti annuali in petrolio, gas e carbone
- Visual Capitalist, in collaborazione con EnergyX, ha individuato i primi cinque titoli dell’energia pulita per capitalizzazione di mercato ad aprile 2024
Gli investimenti in energia pulita battono i combustibili fossili: secondo l’ultima analisi dell’International energy agency dal titolo World energy investment, la spesa globale in tecnologie e infrastrutture per le fonti energetiche “verdi” è destinata a toccare i 2mila miliardi di dollari nel 2024. In altre parole, circa il doppio di quella destinata alle fonti sporche. A favorire l’inversione di marcia, nella dichiarazione del direttore della Iea Fatih Birol, saranno una “continua riduzione dei costi” unitamente a “considerazioni di sicurezza energetica”. Basti pensare che ogni dollaro investito nell’eolico e nel fotovoltaico lo scorso anno ha generato una quantità di energia 2,5 volte superiore rispetto a un dollaro speso per le stesse tecnologie un decennio fa. Ma resta comunque ancora molto da fare.
La rotta verso l’obiettivo net zero
Per azzerare le emissioni nette di gas serra a livello mondiale entro il 2050, si legge nel rapporto, sarà infatti necessario dimezzare gli investimenti annuali in petrolio, gas e carbone. In numeri, ciò significa che dovrebbero scivolare da poco più di 1.000 miliardi di dollari nel 2024 a meno di 450 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. Parallelamente, la spesa per i combustibili a basse emissioni dovrebbe aumentare di 10 volte, passando dai circa 20 miliardi di dollari attuali a 200 miliardi entro la fine del decennio. Intanto, i titoli dell’energia pulita stanno registrando performance interessanti, specie se confrontati con i titoli legati ai combustibili fossili.
I 5 migliori titoli dell’energia pulita
Visual Capitalist, in collaborazione con EnergyX, ha individuato le prime cinque azioni del settore per capitalizzazione di mercato ad aprile 2024. C’è First Solar, azienda attiva nella produzione di pannelli solari, con stabilimenti produttivi tra Stati Uniti, Malaysia e Germania. Guidata da Mark Widmar dal 2016, ha registrato negli ultimi cinque anni una performance positiva di oltre il +71%. Nella lista di Visual Capitalist anche Enphase Energy, società di tecnologia energetica americana quotata al Nasdaq con sede in California, che nell’ultimo quinquennio è salita di oltre 679 punti percentuali. Seguono Consolidated Edison (+3,96% dal 7 giugno 2019), NextEra Energy (+49,98%) e Brookfield Renewable Partners (+50,78%).
Confrontando tra l’altro l’andamento dell’S&P Global Oil Index (che riunisce 120 tra le maggiori società quotate in Borsa impegnate nell’esplorazione, nell’estrazione e nella produzione di petrolio e gas in tutto il mondo) con l’S&P Global Clean Energy Index (che misura le performance delle società che operano a livello globale nel settore dell’energia pulita) tra il 2019 e il 2023, risulta come il primo abbia registrato un rendimento del 15% a fronte del 41% del secondo. Una tendenza, scrive Visual Capitalist, che dimostra “il potenziale dei titoli dell’energia pulita nel produrre rendimenti significativi a livello di settore, suscitando ottimismo ed entusiasmo nei potenziali investitori”.
La fuga dai fondi sostenibili
Eppure, la fuga dai fondi sostenibili continua. Stando a una ricerca di Barclays visionata dal Financial Times, quest’anno i risparmiatori hanno ritirato 40 miliardi di dollari netti dai prodotti Esg (Environmental, social, governance). Pierre-Yves Gauthier, co-fondatore della società di ricerca indipendente AlphaValue, ha paragonato ciò che sta accadendo al settore alla bolla delle dot-com del 2000. A colpire la finanza sostenibile nel suo complesso, secondo il quotidiano economico-finanziario britannico, sono stati diversi fattori nel tempo. Come la bufera che ha colpito Dws, multata per 19 milioni di dollari dalla Sec per dichiarazioni fuorvianti rilasciate dall’azienda riguardo al suo processo di investimento Esg. Il noto ceo di BlackRock, Larry Fink, ha dichiarato tra l’altro lo scorso anno di aver smesso di utilizzare l’acronimo Esg in quanto ormai “politicizzato”. L’analisi di Barclays mostra come solo ad aprile di quest’anno gli investitori statunitensi abbiano ritirato 4,4 miliardi di dollari dai fondi sostenibili. Una marcia indietro che non ha lasciato immune neppure l’Europa, tradizionale roccaforte della sostenibilità: nello stesso periodo i deflussi hanno toccato quota 1,9 miliardi di dollari nel Vecchio Continente.