La Cop27 inizia in salita, tra promesse infrante e crisi climatica

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Il 2022 ha reso più chiara che mai la necessità di agire velocemente contro il cambiamento climatico, proprio questo è il tema della Cop27 in Egitto. Analizziamo le principali proposte con Columbia Threadneedle Investments

L’impatto mortale del cambiamento climatico è qui e ora, le perdite e i danni non possono più essere nascosti sotto al tappeto, è un imperativo morale”. Così il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha iniziato il suo discorso durante l’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop27, i cui lavori hanno preso il via lo scorso 6 novembre a Sharm El-Sheikh, in Egitto.

L’anno appena passato è stato caratterizzato da eventi metereologici estremi: il Pakistan ha dovuto far fronte alle peggiori inondazioni della storia, il Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS) ha riportato che circa 660 mila ettari di terreno europeo sono stati bruciati nel 2022 ed è stato superato il record delle temperature più alte mai registrate. Come se non bastasse, ad agosto nella provincia di Sichuan in Cina alcune aziende sono state costrette a chiudere a causa dell’altissima siccità, che ha estremamente rallentato la produzione di energia da fonti idroelettriche. A questo va anche aggiunto l’impatto che il conflitto tra Ucraina e Russia sta avendo sui mercati energetici europei, che secondo gli esperti di Columbia Threadneedle Investments “ha indotto diversi Paesi a rinnegare gli impegni assunti in materia di clima e a riavviare le centrali elettriche a combustibili fossili che erano state chiuse”.

Questo quadro generale dovrebbe aver chiarito quanto sia fondamentale agire e farlo in fretta, ma su cosa concentrarsi?

Valutare i danni causati dal cambiamento climatico e trovare soluzioni

La Cop27 si sta svolgendo nel continente africano: proprio per questo, i temi dell’adattamento e del risarcimento dei danni causati dal rischio climatico fisico sono tra gli argomenti centrali delle discussioni. I Paesi in via di sviluppo sono quelli che devono affrontare il peso principale del cambiamento climatico, ma i responsabili delle emissioni globali di carbonio sono gli stati più ricchi. Nonostante la questione di perdite e danni non sia ancora nell’agenda ufficiale, le richieste di una compensazione sono aumentate e con loro la proposta di creare uno strumento finanziario di risarcimento. Unione Europea e Stati Uniti si sono messi a disposizione, tuttavia “i progressi potrebbero fermarsi se i Paesi industrializzati non saranno in grado di accordarsi su misure concrete”, spiegano Joe Horrocks-Taylor e Albertine Pegrum-HaramColumbia Threadneedle Investments., Senior Associate di Columbia Threadneedle Investments.

Il tema del risarcimento per i danni climatici si è ripresentato anche in questa edizione della conferenza delle Nazioni Unite, dopo essere stato al centro delle discussioni della Cop26, tenutasi lo scorso anno a Glasgow, in Scozia. Tuttavia, già nel 2009 i Paesi più ricchi partecipanti alla Cop15 di Copenhagen avevano promesso 100 miliardi di dollari di finanziamenti annuali per il clima entro il 2020 ai Paesi che soffrivano maggiormente per i danni da essi arrecati. Tuttavia, dati alla mano, la promessa non è mai stata rispettata: l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha infatti dimostrato che i fondi messi a disposizione sono stati solamente 17 miliardi e non si è trattato di sovvenzioni, bensì di prestiti. Secondo gli esperti di Columbia Threadneedle Investiments, bisogna anche ammettere che, vista la situazione inflazionistica che sta attraversando il mercato da est a ovest, è improbabile che verranno assunti impegni maggiori nel breve termine.

Impegni nazionali sul clima, a che punto siamo?

L’obiettivo principale definito dalla Cop26 di Glasgow era stato quello di implementare diverse misure a livello nazionale per limitare il riscaldamento globale entro i 2,4 gradi entro il 2050. Infatti, Horrocks-Taylor e Pegrum-Haram sottolineano che “nel testo finale era stato inserito un meccanismo per colmare il divario di emissioni, con la richiesta ai Paesi di rivedere i propri obiettivi entro la fine del 2022”. Tuttavia, a un anno di distanza, degli oltre 200 Paesi presenti alla Cop27, solo 23 hanno presentato obiettivi nuovi o aggiornati e anche i recenti impegni presi non sono sufficienti a colmare il divario di emissioni che continua a esserci.

Non bisogna però essere per forza negativi: a Glasgow, i Paesi industrializzati si erano dichiarati disposti a fornire ai quelli a basso reddito 40 miliardi di dollari all’anno dal 2025 a supporto di misure di adattamento al cambiamento climatico. A oggi sono stati impegnati 21,8 miliardi di dollari: ancora non sono abbastanza, ma è già un punto di partenza.

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