Usa vs Cina: guerra all’ultimo chip, chi soffrirà di più?

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Tra Cina e Stati Uniti la tensione si può ormai tagliare con un coltello, quali saranno gli effetti delle restrizioni sulle esportazioni dei chip imposte da Washington? Vediamolo con BNP Paribas Asset Management

Sono tre le nazioni che oggi si spartiscono il trono dei primati nell’industria tecnologica: gli Stati Uniti, nello sviluppo di software; la Cina, maggiore produttore ed esportatore di terre rare e Taiwan, leader indiscusso nella produzione di semiconduttori. Se per oltre mezzo secolo si era riusciti a mantenere un equilibrio, anche se solo di facciata, ora questo è sempre più precario.

La tensione geopolitica tra Pechino e Washington non è di certo una novità, ma vista la crescente assertività cinese nello stretto di Taiwan, unita alle garanzie americane sull’aiuto all’isola in caso di attacco cinese e i nuovi controlli sulle esportazioni che il governo di Biden ha annunciato a fine 2022, la situazione è sempre più preoccupante. Gli Stati Uniti hanno infatti deciso di bloccare la vendita di semiconduttori realizzati con tecnologia americana al Dragone, impedendo anche ai cittadini statunitensi di lavorare con i produttori di chip cinesi senza un’autorizzazione esplicita. L’idea è anche quella di espandere ancora di più queste restrizioni, bloccando gli investimenti di aziende statunitensi in intelligenza artificiale, 5G e quantum computing made in China. Proprio per questo a febbraio il governo americano ha siglato un accordo con Giappone e Olanda, limitando le esportazioni di microchip avanzati in territorio cinese. Si tratta di un blocco molto importante, considerando che USA e Giappone da soli fornivano il 60% delle apparecchiature di produzione di microchip alla Cina. Che impatto avranno queste decisioni sulla produzione cinese?

Frenare l’esportazione di micro chip ora rallenterà la scalata cinese anche nei prossimi anni? 

Le ultime restrizioni imposte dagli Stati Uniti potrebbero danneggiare la Cina nel breve periodo, dal momento che è fortemente integrata nella catena di valore dei semiconduttori e dipendendo in larga parte dalle importazioni di microchip”, spiega Chi Lo, Senior Market Strategist APAC di BNP Paribas Asset Management. Da un lato, queste decisioni avranno un impatto diretto sullo sviluppo tecnologico del Dragone, infatti la Cina si trova a dover affrontare un enorme deficit commerciale in quanto importatore netto di chip avanzati, rischiando di riportare lo sviluppo di semiconduttori indietro di decine di anni. Tuttavia, dall’altro lato, è importante sottolineare che le industrie di software cinesi non verranno danneggiate, “ma anzi potrebbero aumentare la loro quota di mercato, diventando il distributore primario nel mercato interno, seguendo il ritmo crescente della digitalizzazione dell’economia”, senza dimenticare che:

  • la Cina rappresenta un’eccellenza nella produzione di prodotti tecnologici di fascia bassa;
  • i sistemi tecnologici del Dragone si affidano a microchip meno sofisticati, ma di produzione locale, sui quali le restrizioni statunitensi non hanno alcun impatto;
  • se anche fossero necessari semiconduttori all’avanguardia per implementare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, del 5G e del quantum computing, la Cina ha le capacità tecniche per crearli, manca solo la capacità commerciale di aumentare la produzione.

Negli ultimi anni, il Dragone sta ha infatti investito sempre di più in ricerca. Secondo una ricerca di Forbes, le università cinesi hanno prodotto 49.498 PhD nelle facoltà STEM (scienza, tecnologie, ingegneria e matematica), rispetto ai 33.759 che arrivano invece dalle università americane. “Questo significa che la Cina ha tutti i mezzi a disposizione per promuovere il proprio sviluppo tecnologico, nonostante le restrizioni imposte”, spiega Lo.

Le restrizioni avranno un impatto anche sulle imprese statunitensi?

Se l’industria tecnologica cinese nel breve periodo subirà un rallentamento, anche le aziende di semiconduttori statunitensi non usciranno incolumi da queste restrizioni. “La Cina rappresenta il più grande mercato per molte di queste imprese: negli ultimi anni, il 27% delle esportazioni di Intel erano destinate al Dragone, il 31% di quelle di Lam Research e il 33% di Applied Materials”, esemplifica Lo.

Quindi la nuova politica di Washington porterà a grandi tagli nelle esportazioni, già a partire dai prossimi mesi: Applied Materials e Nvidia si aspettano un crollo di 400milioni di dollari nel secondo trimestre del 2023, mentre Lam Research si aspetta un taglio delle vendite nel 2023 del 15%, ovvero di circa 2,5 miliardi di dollari.

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