Imprese italiane: i rischi da monitorare guardando all’Ucraina

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Le sanzioni imposte a seguito dell’intervento militare in Ucraina spingono il rischio di credito delle controparti pubbliche e private della Russia verso l’alto. Cresce anche il rischio di esproprio

L’analisi, giunta alla XVI edizione, delinea i profili di rischio per le imprese italiane che esportano e operano in 194 mercati esteri

A ogni paese viene assegnato un punteggio da 0 a 100 per ogni indicatore, dove 0 rappresenta il rischio minimo e 100 il rischio massimo

Per la Russia, che rappresenta il 14° mercato di destinazione per l’export italiano, il rischio di credito riflette il quadro sanzionatorio attuale e atteso

Mentre il commercio internazionale prosegue la sua corsa, dopo aver superato anche i livelli pre-covid, il conflitto russo-ucraino torna a peggiorare il quadro dei rischi delle imprese italiane che operano all’estero. Specie quelle in affari nell’Est Europa. Secondo un nuovo rapporto di Sace, le sanzioni introdotte negli ultimi giorni in risposta all’escalation militare hanno infatti spinto il rischio di credito e di esproprio della Russia verso l’alto.
L’analisi, giunta alla XVI edizione, delinea i profili di rischio per le aziende che esportano e operano in 194 mercati esteri e si propone come “una bussola” per consentire loro di “orientarsi in un contesto internazionale, oggi più che mai, sempre più fluido e incerto”, nelle parole dell’amministratore delegato Pierfrancesco Latini. A ogni paese viene assegnato un punteggio da 0 a 100 per ogni indicatore, dove 0 rappresenta il rischio minimo e 100 il rischio massimo. Il rischio di credito, in particolare, rappresenta il rischio che la controparte estera non è in grado di onorare (o non intenda farlo) le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario. Se a livello globale resta piuttosto stabile (diminuendo in 45 paesi, aumentando in 71 e restando invariato in 78) la guerra Russia-Ucraina ha spinto il dato della Russia da 62 a 70. Per l’Ucraina, invece, si parla di un’impennata da 81 a 90.
Quanto ai rischi politici (che includono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, quelli di esproprio e violazioni contrattuali, e infine quelli di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari) peggiorano in 82 dei 194 paesi analizzati. Per la Russia, che rappresenta il 14° mercato di destinazione per l’export italiano, il dato (76 su 100) riflette il quadro sanzionatorio attuale e atteso e le potenziali reazioni del Cremlino. “L’incremento del rischio di trasferimento è dovuto alle limitazioni alla disponibilità delle ingenti riserve valutarie del Paese, che potrebbero ulteriormente acuirsi a seguito dell’esclusione dal canale Swift del sistema finanziario russo”, spiegano i ricercatori. “In aggiunta, pesa sul rischio di convertibilità la recente adozione da parte russa di misure di controllo sui movimenti di capitali in valuta estera”. Allo stesso modo, a crescere è il rischio di esproprio, sulla scia delle “eventuali possibili ritorsioni sugli investitori internazionali per le sanzioni imposte a Mosca”.

In Ucraina, che rappresenta invece il 42° mercato di destinazione per l’export made in Italy, gli indicatori di rischio politico si portano a 87 su 100. “I reali impatti sull’economia non sono chiaramente noti, trattandosi di un evento attualmente in corso e in continua e repentina evoluzione, ma non è difficile immaginare che anche in presenza di una risoluzione rapida del conflitto le controparti nel Paese saranno più in difficoltà a onorare i propri debiti”, osservano da Sace, evidenziando come il supporto finanziario internazionale a favore di Kiev potrebbe tuttavia parzialmente mitigare questo effetto.

Lanciando uno sguardo infine ai principali partner commerciali dell’Italia, in Germania (1° paese destinatario delle esportazioni italiane pari a 55,4 milioni di euro e di provenienza delle importazioni italiane pari a 60,7 milioni al 31 ottobre 2021 secondo i dati diffusi dall’Osservatorio economico del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, ndr) il rischio di credito risulta pari a 18 su 100 mentre quello politico a 12 su 100. Per la Francia (2° mercato per l’export pari a 43,5 milioni nello stesso periodo e per l’import pari a 31,7 milioni) la media di rischio di credito si porta a 23 su 100 e del rischio politico a 16 su 100. Nel caso degli Stati Uniti e della Cina (rispettivamente terzo paese destinatario delle esportazioni italiane per 39,7 milioni e delle importazioni italiane per 31,3 milioni) il rischio di credito risulta pari a 17 e a 48 mentre quello politico a 19 e a 40.

Le tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina, spiegano infatti da Sace, si innestano in una fase politica delicata per alcuni paesi europei. Basti pensare al Regno Unito dove, scrivono, “la credibilità della leadership è in discussione”. O alla Francia alle prese con le elezioni presidenziali di aprile e alla Germania col neo-governo che “deve ancora rafforzare il suo consenso”. Chiude il cerchio il nodo dell’indipendenza di Taiwan dal governo di Pechino che, secondo i ricercatori, metterebbe ulteriormente a rischio anche le relazioni tra Cina e Usa.

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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