Finanza, chi fa spazio alle donne nei board (e come colmare il gap)

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L’Italia ottiene il secondo posto in Europa per numero di donne nei board delle istituzioni finanziarie e assicurative incluse nell’Msci european financial index. Cresce la richiesta di esperienze nell’ambito della c-suite

La Francia ottiene il primo posto per rappresentanza femminile nei board, pari al 46,6%. Segue l’Italia con il 43,5%

L’82% degli investitori europei dichiara che la diversità di genere nei cda ha un’influenza “significativa” sulle loro decisioni di investimento

Secondo l’ultima normativa europea sulle donne nei consigli di amministrazione (nota come “Women on boards”), entro il 2026 il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministratore delle società quotate dovranno essere occupati dal sesso sottorappresentato. I singoli paesi membri dovranno mettere in atto misure sanzionatorie “effettive, dissuasive e proporzionate” e gli organi giudiziari avranno il potere di sciogliere i cda, in caso di violazione della direttiva. Misure che, stando all’ultimo EY European financial services boardroom monitor, hanno innescato finora un progressivo adeguamento delle istituzioni finanziarie e assicurative

Focalizzandosi sulle società incluse nell’Msci european financial index, la Francia ottiene il primo posto per rappresentanza femminile nei board, pari al 46,6%. Seguono l’Italia con il 43,5%, i Paesi Bassi con il 42,2%, la Germania con il 39,7% e la Spagna con il 39,4%. Eppure, nel 2023 le nuove nomine femminili nei cda delle istituzioni finanziarie europee si sono contratte rispetto all’anno precedente, se si considera che il 44% dei nuovi consiglieri sono donne contro il 51% del 2022. “Il minor tasso di crescita delle donne nei board europei rispetto allo scorso anno deve essere letto alla luce dell’incremento occorso negli anni precedenti e al graduale raggiungimento della soglia del 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi occupati dalle donne, così come previsto dalla Women on boards directive”, osserva Stefano Battista, Italy financial services market leader di EY. “In Italia la vigente regolamentazione già prevede il rispetto di tale soglia e pertanto la vera sfida per il nostro Paese sarà ottenere percentuali simili anche per le figure apicali”, aggiunge.

Così gli investitori guardano alla diversity nei board

In generale, l’attuale ripartizione di genere a livello di consiglio di amministrazione tra tutte le società europee monitorate è pari al 57% di uomini e 43% di donne, a fronte del 58% di uomini e 42% di donne del 2022. Il 31% delle istituzioni finanziarie e assicurative quotate in Borsa dichiara ancora una rappresentanza femminile inferiore al 40%. I dati sono tra l’altro integrati da un’indagine sul sentiment di 300 investitori europei nel settore dei servizi finanziari che mostra come l’82% dichiari che la diversità di genere nei cda abbia un’influenza “significativa” sulle loro decisioni di investimento.

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Ma non basta – o almeno non è bastato finora – a favorire un cambiamento. EY mostra di fatto come aver ricoperto precedentemente ruoli nell’ambito della c-suite (termine che indica le cariche più alte all’interno della società che solitamente iniziano con la lettera “c”, come chief executive officer, chief financial officer, chief operating officer e chief information officer, ndr) sia stato considerato come il criterio più importante nell’assunzione di nuovi consiglieri nel 2023. Ma il problema è che le donne scontano ancora una probabilità significativamente inferiore rispetto ai loro colleghi di avere un’esperienza di questo tipo nel loro curriculum o di ricoprire una posizione dirigenziale. Poco più della metà (51%) delle direttrici ha infatti ricoperto precedentemente un incarico esecutivo, che si scontra con il 64% degli uomini. “Costruire un consiglio di amministrazione diversificato con l’esperienza necessaria a guidare grandi società finanziarie nell’attuale contesto di volatilità è complesso”, dice Omar Ali, EY Emeia financial services managing partner. “La richiesta di esperienza nella c-suite nel reclutamento di nuovi amministratori è comprensibile e prevedibile. Tuttavia, non dovrebbe andare a scapito di un migliore equilibrio di genere nei board delle istituzioni finanziarie europee, annullando molti degli eccellenti progressi compiuti negli ultimi anni”.

Secondo Ali, il reclutamento di nuovi consiglieri dovrebbe piuttosto incoraggiare l’ingresso di nuove competenze ed esperienze nei consigli di amministrazione. Anche perché, ricorda l’esperto, è stato dimostrato più volte come la diversity rappresenti un fattore di successo. “Naturalmente, l’aumento delle nomine di amministratrici con esperienza nella c-suite può avvenire solo in presenza di un forte bacino di talenti e una pipeline in crescita”, afferma Ali. Poi conclude: “La soglia del 40% prevista dalla direttiva europea dovrebbe contribuire a galvanizzare gli sforzi delle aziende per riconoscere e coltivare il talento femminile lungo l’intero percorso di carriera. Non solo verso la carica di consigliere, ma a tutti i livelli. E il 40% dovrebbe essere il minimo da cui partire, non il livello a cui aspirare”.

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