Sono i social network il canale preferito dagli italiani per apprendere informazioni che riguardano il risparmio, la gestione patrimoniale e la finanza. Lo evidenzia la ricerca Educazione finanziaria: il contributo al rilancio del Paese promossa da Pictet Asset Management e condotta da FINER Finance Explorer e presentata questo ottobre. Le piattaforme social sono infatti la prima modalità con cui gli investitori si approcciano all’edufin nel 27% dei casi; seguono televisione e webinar (entrambi al 19%), stampa e video tutorial (entrambi al 13%) e convegni (9%). “Si tratta di una predilezione trasversale” a prescindere dall’età, spiegano gli esperti di Pictet AM, “con una sola eccezione: la stampa tradizionale resta la fonte primaria tra gli investitori dai patrimoni più corposi”.
Edufin, premiati i contenuti più semplici ed efficaci
Il successo dei social media starebbe nella semplicità e nell’efficacia dell’informazione online. Infatti il 55% degli intervistati, continua la ricerca, viene frenato dalla complessità della materia e dalla difficoltà di comprenderla. “Tuttavia, c’è altro” continuano da Pictet AM: “è molto significativa la quota (22%) di chi non riesce a trovare contenuti o referenti adeguati sui media che frequenta abitualmente. Si tratta di una lacuna sottolineata con maggior frequenza dai due gruppi per molti aspetti più distanti: gli investitori con un patrimonio oltre i 500 mila euro e gli studenti. Sembra quindi esserci la percezione di una carenza di contenuti efficaci sia per chi ha già una corposa esperienza di investimento sia per chi intende approcciarsi per la prima volta ai temi finanziari”.
A chi spetta il compito di (in)formare i risparmiatori?
A chi l’onere di (in)formare i risparmiatori, invece? Secondo la ricerca, quello dell’edufin sarebbe un compito principalmente a carico della Banca d’Italia o della Consob (28%) o dello Stato (24%), con il supporto dei consulenti finanziari (12%), delle associazioni di settore (11%), dei docenti delle scuole superiori o delle università (9%), degli istituti bancari (8%) e delle società di gestione del risparmio (4%), seguiti dai risparmiatori e investitori stessi (4%). Rilevante l’importanza dei docenti per le categorie degli studenti (21%) e dei non investitori (17%), i quali “svolgono o potrebbero svolgere una funzione rilevante, proprio perché hanno la fiducia di quelle categorie che si definiscono meno preparate ed esprimono in modo più forte la volontà di migliorare le proprie competenze”.
La ricerca di Pictet AM e FINER Finance Explorer
La ricerca Educazione finanziaria: il contributo al rilancio del Paese ha coinvolto un campione di 5800 individui tra investitori finali (segmentati per tipologia ed entità del patrimonio finanziario), studenti e risparmiatori italiani che non hanno investito i propri risparmi. “L’educazione finanziaria in Italia è in ritardo, ma ha il carburante per accelerare: l’interesse dei cittadini nei confronti di investimenti e risparmio. Si tratta, però, di un carburante che va sfruttato, utilizzando i canali giusti (a partire dai social network) e promuovendo un approccio basato su concretezza e ascolto”, concludono da Pictet AM.
Scopri di più sull’educazione finanziaria in Italia sul sito di Pictet AM