Perché si cerca un consulente (e perché l’Ia non può sostituirlo)

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Una ricerca di Morningstar ha mostrato che il 60% delle motivazioni citate dai clienti è di tipo emotivo, componente che prevale sulla parte finanziaria

A pari merito, con rispettivamente il 32% delle risposte, sono risultate in testa le motivazioni legate al “disagio nel gestire problemi finanziari”, una ragione emotiva, e “specifici bisogni finanziari”

Procedendo oltre, però, le restanti categorie attengono tutte alla sfera emotiva: il coaching comportamentale (17%), la raccomandazione di un amico o famigliare (12%) e la qualità della relazione con il consulente (10%)

L’intelligenza artificiale è stata messa alla prova in campi sempre più specifici, anche nella materia finanziaria. Ad esempio, sono stati confrontati i consigli dei consulenti finanziari in carne ed ossa con quelli di ChatGpt, così come si sono valutate le capacità dell’Ia nell’interpretare le parole e i sottintesi della Federal Reserve o, ancora, nel mettere a punto una gestione attiva dei fondi d’investimento migliore di quella umana. In tutte queste indagini, la qualità già raggiunta dall’Ia è stata sorprendente – con la possibilità che possa aumentare ancora nel prossimo futuro.

Per il mestiere della consulenza, sia essa finanziaria o di altro tipo, è normale che la concorrenza di uno strumento preciso, rapido e meno costoso generi una certa preoccupazione. 

La sensazione che una larga parte del valore aggiunto della consulenza finanziaria sia puramente “umana”, emotiva e non solamente tecnica, però, è stata confermata da un nuovo studio realizzato da Morningstar negli Stati Uniti. La ricerca (che fa il paio con il precedente report Morningstar dedicato al perché i clienti abbandonino il consulente) ha indagato sulle ragioni che spingono i risparmiatori a cercare un supporto professionale. E la componente emotiva, indicata nelle risposte in forma aperta, è risultata addirittura prevalente su quella puramente finanziaria.


Un consulente anche per superare il disagio finanziario

Le due autrici, le scienziate comportamentali Danielle Labotka e Samantha Lamas, hanno vagliato “manualmente” 312 risposte alla domanda: “indica alcune ragioni sul perché hai assunto un consulente finanziario”. Le risposte derivano da un sondaggio condotto negli Usa in specifici periodi del 2021 e 2022, che ha coinvolto circa 3mila persone (il 21% delle quali assistite da un consulente). Trattandosi di una domanda aperta, le autrici hanno catalogato in un momento successivo le motivazioni che hanno spinto i clienti a rivolgersi a un consulente, elaborando cinque sottogruppi.


A pari merito, con rispettivamente il 32% delle risposte, sono risultate in testa le motivazioni legate al “disagio nel gestire problemi finanziari”, una ragione emotiva, e “specifici bisogni finanziari”. Al primo gruppo appartengono tutte le risposte inerenti alla “mancanza di confidenza nelle proprie capacità nel raggiungere obiettivi finanziari o nella conoscenza della materia finanziaria”; nel secondo gruppo rientrano le risposte che indicano bisogni specifici come la pianificazione della pensione, quella fiscale o successoria. Procedendo oltre, però, le restanti categorie attengono tutte alla sfera emotiva: il coaching comportamentale (17%), la raccomandazione di un amico o famigliare (12%) e la qualità della relazione con il consulente (10%). 

Complessivamente, il 60% delle motivazioni citate nelle risposte analizzate riguarda il supporto emotivo e non bisogni finanziari specifici. Come sottolineato dalle stesse autrici, precedenti ricerche condotte da Vanguard avevano messo in luce come uno degli svantaggi del modello di robo-advisor fosse proprio attribuito al minor supporto emotivo percepito dai suoi utilizzatori.

Come interpretare i dati

Un limite della ricerca consiste nel fatto che le risposte analizzate valutano la frequenza delle motivazioni che hanno spinto i clienti a cercare un professionista, ma non l’importanza attribuita a ciascuna di esse dai partecipanti al sondaggio. In ogni caso, la presenza maggioritaria degli elementi extra-finanziari rimane rilevante.

“La nostra ricerca suggerisce che la risposta a una specifica esigenza finanziaria è solo uno dei tanti motivi per cui si assume un consulente”, hanno affermato le due autrici nelle conclusioni, “abbiamo scoperto che alcuni fattori emotivi possono giocare un ruolo importante nelle decisioni di assunzione. Sebbene non sia sorprendente che le persone si rivolgano a un consulente finanziario per rispondere a una specifica esigenza finanziaria, può esserlo che, nella stessa misura, si rivolgano a un consulente per rispondere a una ragione emotiva il loro disagio nel gestire le finanze da soli”.

Svolgere nella pratica il “ruolo emotivo”

Per i consulenti, l’importanza preponderante delle motivazioni non strettamente finanziarie, “significa che devono riconoscere sia le motivazioni finanziarie che quelle emotive quando incontrano un potenziale cliente”, hanno proseguito le autrici, “anche se le esigenze finanziarie possono essere affrontate in modo diretto, le esigenze emotive di un cliente devono essere affrontate con tatto e delicatezza”.

Ad esempio, hanno aggiunto rivolgendosi direttamente ai consulenti, “potete sottolineare come i vostri attuali clienti si sentano tranquilli riguardo alle loro finanze quando lavorano con voi, per dimostrare come potete alleviare il disagio nella gestione delle finanze. Il modo in cui lo dite è importante, molte persone non riconoscono, o rifiutano di riconoscere, la necessità di un supporto emotivo da parte di un consulente finanziario”.

 

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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