I cambiamenti dell’equilibrio globale, tra le crescenti tensioni geopolitiche nel mediterraneo allargato e i rapporti sempre più incerti tra Stati Uniti e Cina, stanno permettendo ad un nuovo giocatore di prendere posizione sul tabellone: l’America Latina. Come visto nell’ultimo articolo, ci sono almeno tre motivi che stanno spingendo la performance di questa regione, aprendo opportunità interessanti per gli investitori.
Ma su quale Paese vale la pena focalizzarsi? Xavier Hovasse, Fund Manager e Head of Emerging Equities di Carmignac, ha puntato i riflettori su Brasile e Messico.
Messico: vincitore indiscusso del nearshoring
La pandemia aveva iniziato a corrodere il filo diretto che univa Stati Uniti e Cina, a questo poi, nell’ultimo periodo, si è aggiunta una tensione sempre più forte tra i due Paesi. Una rottura potrebbe essere ormai vicina, visti anche i continui blocchi economici e commerciali tra le due. Ma, come sempre, tra i due litiganti, il terzo gode. Il terzo, in questo caso, è proprio il Messico, che sembra essere diventato il +1 preferito degli States.
Guardando ai dati dello US Census Bureau, per la prima volta in vent’anni, le importazioni statunitensi dal Messico hanno superato quelle dalla Cina, arrivando a valere 475,6 miliardi di dollari.
Negli ultimi cinque anni, gli investimenti statunitensi nell’economia del Messico sono saliti dal 16% al 24% e sembra un trend destinato a continuare. Il focus principale è su tutti quei settori che stanno ridefinendo il futuro: dai veicoli elettrici alle batterie, dai circuiti all’automazione, con l’obiettivo di rafforzare il mercato azionario.
A questo bisogna anche aggiungere la politica economica proattiva del partito Morena, ora al potere sotto Obrador Lopez, che probabilmente continuerà anche con il prossimo presidente.
Brasile: economia in salute e mercato promettente
La scalata dell’inflazione non ha lasciato incolume nessun Paese e, il suo peso, si è sentito particolarmente in America Latina. Tuttavia, i banchieri centrali di quest’area, già abituati a convivere con tassi alti di inflazione, si sono mossi in anticipo rispetto all’Occidente. Così hanno imposto da subito una politica monetaria molto aggressiva. Questo è, senza dubbio, il caso del Brasile. Nel marzo 2021 la banca centrale brasiliana ha iniziato ad alzare i tassi di interesse, arrivando oggi con un’inflazione che rientra a pieno nell’obiettivo. Se nell’aprile 2022 i prezzi al consumo del Paese avevano toccato un massimo che non si vedeva da 27 anni, arrivando al 12,1%, questo gennaio erano scesi al 4,51%. Ciò ha permesso alla banca centrale di abbandonare con anticipo rispetto alle economie sviluppate la sua politica aggressiva.
Ma non sono solamente le decisioni della banca centrale a rendere il Brasile interessante: il Paese è infatti uno dei principali esportatori di materie prime. Il 30% del minerale del ferro proviene proprio dalle sue miniere, è il secondo esportatore al mondo di zucchero grezzo, soia, caffè, mais e carne di pollame. La crescita del settore agricolo è molto stabile, grazie agli ingenti investimenti interni degli ultimi quindici anni. Il settore agricolo è il vero motore che sta trainando la ripresa dell’economia brasiliana, con due, se non addirittura tre raccolte l’anno. Basti pensare che nonostante rappresenti direttamente solo l’8% del Pil, incide indirettamente sul 30% di questo.
Se questo non bastasse, il Brasile è anche un attore fondamentale nel settore petrolifero. Ad oggi produce una media di tre milioni di barili al giorno, ma il progetto è di passare a cinque milioni entro il 2029, rafforzando così anche il Real brasiliano.
Insomma, sembra che le porte dell’America Latina siano spalancate, offrendo rendimenti interessanti e un ingresso scontato. È forse arrivato il momento per gli investitori di guardare a quest’area anche per gli investimenti e non solo per le ferie estive?
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