Anche cosi? probabilmente si puo? spiegare il proliferare di tanti soprannomi per una vettura che era divenuta una presenza consueta nei paesaggi dell’epoca. E proprio da vera divinita? fu la sua entrata in scena. Alle ore 8.30 del 6 ottobre 1955 al Palais des Expositions di Parigi, alcune modelle sollevarono i veli che coprivano la nuova nata in casa Citroe?n, dopo mesi e addirittura anni di gestazione, nei quali erano trapelate solo sporadiche indiscrezioni, attraverso un’atmosfera di grande segretezza che la Citroe?n aveva in tutti i modi cercato di mantenere.
Stupore e meraviglia furono i sentimenti che si impossessarono in un attimo del pubblico che si accalcava attorno ad una transenna, in un ring del tutto simile ai recinti alle grida della Borsa Valori. Al centro del recinto, Lei, la Dea, quasi una marziana, con una linea che stravolgeva tutti i canoni estetici dell’epoca, discostandosene anni luce. Una carrozzeria imponente e allo stesso tempo affusolata, creata assecondando il suo schema meccanico e ricercando nel contempo la miglior aerodinamicita?. Le amplissime vetrature, l’assenza della calandra tanto comune nelle vetture coeve, il sottoscocca completamente piatto e carenato, conferivano alla DS un aspetto quasi da astronave, destando enorme impressione.
Solo il primo giorno furono raccolti oltre 12mila ordini per raggiun- gere le 80mila prenotazioni a fine salone, nonostante il prezzo di vendita non fosse affatto economico.
Artefice di tale meraviglia, Flaminio Bertoni, un artista – scultore prestato al mondo dell’automobile, che si trasferi? da Varese, dove lavorava alla Carrozzeria Macchi, a Parigi, grazie ad alcuni disegni notati da operatori francesi del settore.
Bertoni non era nuovo ad exploit di questo tipo. Dalla sua mano era infatti gia? uscito lo stile di due fra le Citroe?n piu? famose di sempre: la Traction Avant e la 2 Cavalli. La prima, la Traction Avant, fu l’auto piu? rappresentativa della Citroe?n dagli anni ’30 agli anni ’50, e, degna progenitrice della DS, costituiva un concentrato di innovazioni del tutto all’avanguardia per l’epoca. Sulle caratteristiche tecniche progettate dal capo dell’Ufficio Studi Andre? Lefe?bvre – trazione anteriore e scocca portante in acciaio – Bertoni creo? una carrozzeria bassa, filante e profilata, per la prima volta senza il predellino laterale. Scultore prima che disegnatore, Bertoni segui? il suo istinto e senza alcun disegno preliminare, modello? direttamente con la plastilina la forma in scala ridotta e la porto? a Citroe?n in persona, che seduta stante delibero? la produzione.
L’estro di Bertoni contribui? poi a delineare la forma definitiva della 2 Cavalli, una vettura nata all’insegna dell’economia e della semplicita? ed a seguito di un incarico conferito all’ufficio tecnico che suonava quasi come sfida: progettare un’auto in grado di trasportare due contadini in zoccoli, con 50 chili di patate e capace di attraversare “un campo arato con un paniere di uova senza romperle”. La sfida fu vinta, e non solo centrando tutti gli obiettivi assegnati, ma creando un’auto di popolarita? universale, vero e proprio simbolo di un’epoca. Ma sara? con la Dea che il genio di Bertoni raggiungera? la sua massima espressione, applicando ad un mezzo meccanico visioni artistiche inusuali, dato che, per sua stessa ammissione, per la linea della DS, trasse ispirazione dal profilo affusolato e guizzante di un pesce.
Il muso era slanciato e ogivale, in contrasto con la piccola coda sfuggente, il parabrezza estremamente avvolgente e bombato, per la prima volta il fondo era carenato e copriva interamente gli organi meccanici come una sorta di guscio.
Di inusuale lunghezza appariva la distanza tra gli assi, al cui interno era accentrato tutto il peso, favorendo l’assenza di sbalzi. I parafan- ghi posteriori semi-carenati erano fissati con una semplice vite, cosi? come tutta la carrozzeria, costituita da pannelli applicati mediante bulloni e senza saldature.
L’idea di Bertoni rispettava del resto i punti chiave disposti dal vulcanico Lefe?bvre: trazione anteriore, peso maggiormente gravante sull’avantreno per assicurare stabilita? e direzionalita?, baricentro basso, ruote alle quattro estremita?, carreggiata anteriore maggiore di quella posteriore, grande luminosita? grazie all’estesa vetratura ed all’assenza delle cornici dei finestrini.
Ma non era finita: cio? che desto? la massima ammirazione e meraviglia fu il rivoluzionario impianto idropneumatico centralizzato in grado di gestire contemporaneamente le sospensioni, i freni, la frizione, il cambio e lo sterzo, con una tecnologia assolutamente inedita ed avanzata. Attraverso il posizionamento di una sfera d’acciaio per ogni ruota, contenente olio in un emisfero ed azoto nell’altro, si ottiene l’azione ammortizzante grazie alla compressione dell’azoto esercitata dall’olio durante la marcia su fondi sconnessi o a pieno carico. Cio? consente automaticamente il riequilibrio dei pesi e l’auto-livella- mento della vettura, garantendo un confort ed una stabilita? eccezionali; mediante una leva azionabile dal posto guida a vettura ferma, e? inoltre possibile modificarne l’altezza da terra in ben cinque diverse posizioni, l’ultima delle quali permette di sostituire uno pneumatico senza l’uso del cric.
Questo congegno, di grande impatto scenografico, sembra quasi dar vita alla vettura, che da ferma sembra un animale che dorme accovacciato sulle ruote, poi si sveglia e letteralmente si alza, sollevando lentamente prima la parte posteriore e poi quella anteriore e sembra
perfino respirare. Proprio grazie a questo ingegnoso meccanismo e alla possibilita? di agire sull’altezza da terra dell’auto, il presidente De Gaulle ebbe salva la vita, riuscendo a sfuggire ad un famoso attentato nonostante la DS sulla quale viaggiava si trovo? con due gomme afflosciate, a causa dei colpi di mitragliatrice dai quali fu bersagliata. L’eccezionale efficienza delle soluzioni tecniche e aerodinamiche compensava la presenza di una motorizzazione non altrettanto sofisticata, in quanto per contenere tempi e costi, ci si era inizialmente limitati ad aggiornare il motore della Traction Avant, poi migliorato nel corso della produzione; non e? un caso del resto che il motore, per i tecnici della casa parigina, non rappresentasse altro che un fastidio necessario, per Bertoni un orpello “orribile”, per Lefe?bvre un “monotono macinacaffe?”.
Consensi ed entusiasmi furono comunque unanimi: Roland Barthes inseri? la Dea nel suo saggio Miti d’oggi, definendola un oggetto “disceso da un altro universo”. Gio? Ponti la considero? un’auto coerente al procedimento creativo totale che l’aveva determinata e dotata di una forma “vera”, Lucio Fontana vedeva in lei un mostro, ma un “mostro bellissimo”.
Mantenendo la stessa foggia (in seguito aggiornata nel frontale con due coppie di fari carenati che originarono un nuovo soprannome, “occhi di gatto”), venne prevista anche una versione dotata di un impianto idraulico semplificato, denominata ID, non rinunciando anche in questo caso al gioco di parole (ID in francese suona come ide?e, cioe? idea); successivamente, al contrario, si delibero? una versione piu? lussuosa, la Pallas – alias Pallade – appellativo attribuito ad Atena, Dea della sapienza.
Sulla linea avveniristica e le doti di confort, che insieme facevano apparire la DS come un oggetto levitante nell’aria, staccato dal suolo quasi come un tappeto volante, punto? infatti la stessa Citroe?n che in una campagna pubblicitaria tra le diverse ed imponenti che pro- muoveva in quegli anni (peraltro scritturando fotografi del calibro di Doisneau o Cartier-Bresson), promise che guidare la DS fosse come volare. Cio? che peraltro avveniva, sia pure nella finzione cinematografica, nell’ambito della serie Fantomas 70, dove una DS effettivamente volava.
E traspariva dalla celebre ambientazione utilizzata nel ‘57 alla Triennale di Milano, dove per la prima volta, nell’ambito di una rassegna sul design industriale, veniva esposta un’automobile: una DS completamente carenata, compresi i passaruota, appoggiata su un alto piedistallo e protesa in uno slancio verso il cielo, come un disco volante in fase di decollo. La suggestione del volo non poteva che stuzzicare la voglia di una versione a cielo aperto, per consentire una simbiosi totale con il cielo, il sole e le nuvole.
Gia? Flaminio Bertoni ipotizzo? una versione convertibile durante la progettazione della berlina, ma i tempi non erano ancora maturi.
Fu quindi Henry Chapron, carrozziere di Levallois, alle porte di Parigi, a presentare nel ‘58 la DS scoperta, caratterizzata da una linea mozzafiato e di grande impatto. Chapron, che riusci? ad ottenere un incarico ufficiale da parte della Citroe?n solo nel 1960, per i primi due anni dovette acquistare le berline finite e privarle, oltre che del tetto, anche delle portiere posteriori, sostituendole con pannelli fissi per non indebolire ulteriormente la scocca. Non potendo inoltre ricorrere all’accorciamento del passo, per non danneggiare il sofisti- cato impianto idraulico, al fine di rendere piu? armonica e coerente la fiancata allungo? le portiere anteriori, coprendo le saldature con vistose cromature di raccordo.
L’auto ebbe grande successo, nonostante costasse tre volte l’originale; era tuttavia destinata ad una clientela di un livello molto piu? alto, per la quale era pensato l’allestimento di gran lusso con profusione di pelli pregiate. La Citroe?n si decise quindi ad affidare a Chapron l’incarico di costruire per suo conto la cabriolet ufficiale, che fu definita “usine”, per rimarcare la provenienza dei telai dalla fabbrica e per distinguerla dalle fuoriserie costruite artigianalmente da Chapron. La Casa provvedeva quindi direttamente a rinforzare il parabrezza ed i longheroni e ad inviare il pianale a Levallois; Chapron si occupava del resto, affidando poi le vetture finite alla rete di vendita ufficiale Citroe?n. Fu un successo annunciato, nonostante il costo fosse in questo caso pressoche? doppio rispetto alla berlina ufficiale.
La Citroe?n non impedi? a Chapron di continuare a costruire anche le sue fuoriserie, declinate in varie versioni (Croisette, Palm Beach, Caddy, Concorde oltre ad alcuni coupe? con tettuccio fisso), molto piu? lussuose e costose, ma che tuttavia al confronto con le “usine” apparivano forse un po’ barocche. In tutti i casi, il fascino della DS Cabriolet era ed e? ineguagliabile: superba ambasciatrice dell’eleganza e dell’allure parigino in ogni parte del mondo, ovunque si trovi porta con se? le atmosfere romantiche e seduttive della Ville Lumie?re, evocando gli ampi boulevard alberati o le stradine di Marais e Saint Germain. Un’auto cosi? charmant non poteva che attirare l’interesse della clientela piu? esclusiva e mondana, presso la quale divenne molto ambita, grazie anche alle celebrita? che amavano farsi immortalare a bordo di una di esse: da Brigitte Bardot a Cary Grant, da Ennio Morricone a Jacqueline Kennedy.
Anche oggi, se in qualsiasi versione la DS e? divenuta una storica da collezione a tutti gli effetti, la “De?capotable”, prodotta in totale in oltre 1.300 esemplari, e? in ogni caso la Citroe?n piu? ricercata nel mondo delle auto d’epoca e con il valore piu? alto: si parla di cifre intorno ai 250mila euro per le “usine”, salendo poi di prezzo, arrivando anche a raddoppiarlo, per le piu? rare ed esclusive fuoriserie Chapron.
Si tratta peraltro di acquisti che richiedono particolare perizia ed attenzione, poiche? e? davvero alto il rischio di incappare in esemplari artatamente contraffatti, a volte con particolare maestria, stante la notevole differenza di valore tra le comuni berline e le esclusive e raffinate cabriolet.