Il barile Brent ha sfiorato i 90 dollari portandosi ai massimi dal 22 settembre nella giornata del 3 ottobre
Il petrolio ha ripreso vigore in seguito alle anticipazioni sui nuovi tagli alla produzione del cartello Opec, che dovrebbero controbilanciare l’aspettativa di un calo della domanda nei prossimi mesi di possibile recessione.
Il barile Brent ha sfiorato i 90 dollari portandosi ai massimi dal 22 settembre nella giornata del 3 ottobre, con un rialzo in seguito ridimensionatosi a un +3,59% a 88,15 dollari intorno alle 18. Nonostante la scossa, il Brent resta in calo di oltre il 22% negli ultimi tre mesi e di oltre il 7% nell’ultimo mese. Sarebbe questo raffreddamento, più che l’andamento delle scorte ancora piuttosto scarse ad aver motivato l’Opec+ a muoversi verso il taglio di mercoledì a Vienna.
La riduzione, che si prevede compresa fra i 500mila e poco oltre il milione di barili al giorno, sarebbe la più grande mai decisa dall’inizio della pandemia e rappresenterebbe circa l’1% dell’offerta globale di petrolio. Secondo alcune fonti citate da Bloomberg e Financial Times c’è la possibilità che al taglio del cartello si aggiunga una riduzione unilaterale dell’output da parte dell’Arabia Saudita.
La stabilizzazione dei prezzi ricercata dall’Opec potrebbe richiedere un taglio da almeno 500mila barili al giorno, secondo le analisi di Ubs e JPMorgan Chase, mentre un taglio superiore al milione potrebbe innescare una spinta rialzista hanno affermato gli economisti di Goldman Sachs.
Inoltre, il fatto che alcuni membri del cartello stiano al momento già producendo al di sotto delle proprie quote riduce, nei fatti, la portata di questo taglio. La Russia, ad esempio, ha mancato di un milione di barili giornalieri la sua quota da 11 milioni nel mese di agosto. In questo contesto, il taglio delle quote dovrebbe essere chiarito nei suo effetti concreti sulla produzione.
L’impatto dei rumors sui titoli petroliferi
La reazione di mercato, nonostante questi interrogativi, è stata molto evidente – con ripercussioni positive per i titoli del comparto petrolifero anche in Italia. Il titolo migliore nella seduta del 3 ottobre nel Ftse Mib è stato Tenaris, con un rialzo del 6,9% e seguono nella top 10 anche Snam ed Eni (entrambe con rialzi superiori al 3%).
Le conseguenze politiche e gli obiettivi dei sauditi
Il fatto che gli Opec e i suoi alleati stiano cercando di sostenere il prezzo del petrolio si scontra con le esigenze dei Paesi importatori, già colpiti da forti rincari energetici dovuti, in primo luogo, al prezzo del gas naturale. Per la Russia, in particolare, il taglio all’offerta di greggio è un modo per rinforzare le entrate, che si sono ridotte in termini di moneta nazionale, in seguito al rafforzamento del rublo sul dollaro.
Sul fronte opposto, gli Stati Uniti di Joe Biden, che aveva visitato l’Arabia Saudita lo scorso luglio aveva tentato di invitare il Regno a fornire petrolio sufficiente ai mercati in modo da tenere sotto controllo i prezzi. Si pensa che l’obiettivo saudita, a questo punto, sia quello di portare il barile Wti intorno ai 90 dollari, dagli attuali 82.
Secondo “due persone informate sulle riflessioni dell’Arabia Saudita”, raggiunte dal Financial Times, il Regno sarebbe “intenzionato a ridurre la produzione sia per sostenere i prezzi sia per mantenere una certa capacità produttiva di riserva”, dal momento che teme una drastica riduzione della produzione russa nel corso dell’anno “quando le sanzioni occidentali contro le sue esportazioni di petrolio si inaspriranno”.