La Germania dice ‘no’ all’embargo energetico (almeno per adesso)

La Germania ha annunciato la riduzione graduale delle importazioni dalla Russia nei prossimi anni, ma la crescente pressione politica all’interno e all’esterno dell’Unione europea potrebbe rendere insostenibile il ‘no’ a un embargo immediato

La Germania fa un passo indietro: l’embargo immediato sulle importazioni di energia dalla Russia potrebbe essere troppo rischioso. Il 23 marzo scorso, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito l’opposizione del suo governo, sottolineando come tale sanzione sarebbe controproducente e potenzialmente in grado di innescare una recessione nell’Unione europea (Ue). “Comprensibilmente, Berlino è cauta riguardo a una rapida ulteriore escalation delle sanzioni”, commenta Robert Lind, Economista di Capital Group. “La domanda fondamentale è se il ‘no’ della Germania è definitivo e non cambierà o è soltanto una posizione mantenuta temporaneamente, mentre si prepara a un potenziale embargo”.

Embargo: un pericolo per tutta l’Unione

Il ‘no’ della Germania riflette la crescente preoccupazione tra gli esperti occidentali per le conseguenze non intenzionali delle severe sanzioni alla Russia. Se, da un lato, l’embargo immediato imporrebbe costi enormi e insostenibili per l’economia russa (dato che, lo scorso anno, quasi tre quarti delle sue esportazioni di gas e metà del suo petrolio sono andati all’Ue), dall’altro lato potrebbe danneggiare irreversibilmente anche i paesi dell’Unione. Secondo i dati dell’International Energy Agency, nel 2021 l‘Ue ha importato dalla Russia 155 miliardi di metri cubi di gas naturale, pari a circa il 45% delle importazioni totali e vicino al 40% del suo consumo totale di gas. “Impossibile per il momento interrompere l’import di forniture energetiche da Mosca, abbiamo bisogno di un po’ di tempo”, ha dichiarato il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner al suo arrivo a Lussemburgo il 4 aprile scorso per una riunione dei ministri dei paesi dell’area euro. Di altra opinione sono i governi francese e polacco, che nel frattempo insistono per un embargo a fianco degli stati baltici. Una pressione che arriva anche da fuori i confini comunitari, in particolare dagli Stati Uniti, dove il 25 marzo scorso il presidente Joe Biden si è impegnato a garantire altri 15 miliardi di metri cubi di gas all’Ue entro la fine del 2022.
“Eppure, la Germania potrebbe anche prendere tempo” aggiunge l’esperto. “Nelle ultime settimane, le importazioni di gas (in particolare naturale liquefatto) dell’Ue sono aumentate. Con l’arrivo della primavera, si discute sul ritardare un embargo fino a quando la posizione della domanda di gas europea sarà meno precaria. Berlino sa che se impone un simile embargo, dovrà mantenerlo per qualche tempo”.
A queste preoccupazioni, se ne aggiunge un’altra, forse maggiore: il presidente russo Vladimir Putin potrebbe rispondere alla sanzione intensificando ulteriormente il conflitto militare.

Fine della supremazia tedesca in Europa?

All’interno dell’Ue, proprio la Germania potrebbe essere uno dei paesi più colpiti dall’impatto delle sanzioni. Il paese importa più della metà della sua fornitura di gas dalla Russia. In aggiunta, l’aumento dei prezzi dell’energia significherebbe una compressione dei redditi delle famiglie e dei profitti delle imprese, con conseguente calo sostanziale del Prodotto interno lordo (Pil), definito dall’esperto potenzialmente “doloroso”.
“Se l’Ue imponesse un embargo energetico, i governi dovrebbero fornire un sostanziale sostegno fiscale alle loro economie”, spiega Lind. “La Germania ha lo ‘spazio fiscale’ interno per farlo, ma è anche consapevole delle più ampie richieste dell’Ue (in particolare da Francia, Italia e Spagna)”.
In aggiunta, l’embargo energetico potrebbe anche alterare profondamente gli equilibri di potere all’interno dell’Unione. “Negli ultimi 20 anni, la Germania è stata l’egemone dell’Ue, sostenuta da un’economia forte che ha beneficiato delle importazioni di energia a basso costo dalla Russia e della massiccia crescita delle esportazioni di manufatti in Cina”, spiega l’esperto. “L’invasione russa, con l’implicito sostegno della Cina, è una minaccia esistenziale per l’economia politica mercantilista tedesca”. Di conseguenza, la Francia di Emmanuel Macron potrebbe uscire in sorpasso. “La relativa sottoperformance economica della Francia ha diminuito il suo peso politico, ma la minore dipendenza dall’energia russa (e la sua ampia capacità nucleare) potrebbe significare che la sua economia diventa relativamente più forte, consentendo al presidente Macron di esercitare un’influenza ancora maggiore sulla definizione delle politiche dell’Ue e della zona euro”, conclude l’esperto.

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