La battaglia legale tra gli eredi Agnelli: il caso in Tribunale
I conflitti interni alla famiglia Agnelli, relativi alla successione dell’Avvocato e della moglie Marella Caracciolo, non sono ancora sopiti: proprio in questi giorni – si legge sui mezzi d’informazione – gli eredi (la figlia Margherita da un lato, i nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann dall’altro) si stanno dando battaglia in Tribunale a Ginevra.
L’accordo del 2004 e le contestazioni sulla validità
Uno dei nodi gordiani della complessa controversia riguarda la validità dell’accordo stipulato nel 2004 – secondo la legge svizzera – tra Marella e la figlia Margherita, tramite il quale quest’ultima, in qualità di erede, rinunciò alle pretese sul patrimonio del padre, contestualmente firmando un patto successorio con cui rinunciò alla futura eredità della madre (ottenendo in cambio circa 1,3 miliardi di euro tra liquidità, immobili ed opere d’arte).
Tale validità è oggi contestata, in sede giudiziale, dalla stessa Margherita, anche in virtù dell’invocata applicabilità del diritto italiano, che – vietando simili accordi – le consentirebbe di impugnare le disposizioni testamentarie che la escludono dal patrimonio familiare.
I patti successori nel diritto italiano: definizione e limiti
La vicenda offre lo spunto per un breve approfondimento sull’istituto dei patti successori e sui limiti di validità degli stessi nel nostro ordinamento.
Essi sono definiti dal codice civile (art. 458) come le convenzioni con cui taluno dispone della propria successione, o dei diritti che gli possono spettare su una successione non aperta, o rinunzia ai medesimi.
Le categorie di patti successori e il divieto generale in Italia
Tradizionalmente, si distinguono tre categorie di patti successori:
- “istitutivi” (accordi con cui il soggetto dispone della propria successione),
- “dispositivi” (accordi con cui taluno dispone a favore di terzi dei diritti che gli deriveranno da un’eredità ancora non aperta),
- “abdicativi” (patti di rinuncia ad una successione non ancora aperta e ai relativi diritti).
La legge italiana in generale proibisce tutti questi tipi di patti (considerandoli radicalmente nulli), dando quindi la possibilità a chiunque ne abbia interesse, e senza limiti di tempo, di agire per far dichiarare la loro invalidità.
Le deroghe ai patti successori: il patto di famiglia e altri casi
Vi sono tuttavia alcune deroghe normativamente previste: la principale riguarda il cosiddetto “patto di famiglia” regolato dagli articoli 768-bis e seguenti del codice civile, ovverosia il contratto con cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto in parte, le proprie quote a uno o più discendenti, con l’effetto, nella ricorrenza delle condizioni di legge (innanzitutto, la necessaria partecipazione all’atto del coniuge e di tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione) di rendere quanto ricevuto non soggetto a collazione o riduzione.
Altre deroghe espresse al divieto normativo possono rinvenirsi nella previsione dell’art. 1920 c.c. (che consente di designare per testamento il beneficiario di un’assicurazione sulla vita stipulata per atto fra vivi) e dell’art. 1412 c.c. (contratto a favore del terzo con effetti dalla morte dello stipulante).
Ciononostante, il divieto generale di patti successori limita fortemente la possibilità di pianificare in maniera adeguatamente flessibile la propria futura successione, tant’è che si è proposta da più parti una loro abrogazione (quantomeno dei patti successori “rinunciativi”, come suggerito ad esempio dal Consiglio Nazionale del Notariato), così allineando la disciplina italiana a quella di diversi altri stati europei (quali Germania, Svizzera, Francia).
Il regolamento Ue e la possibilità di scegliere la legge applicabile
Peraltro, il Regolamento Ue n. 650/2012 del 4 luglio 2012 (applicabile alle successioni apertesi a partire dal 17 agosto 2015), pur prevedendo, quale criterio generale, che la successione sia regolata dalla legge della “residenza abituale” del defunto (art. 21 Regolamento), consente di scegliere quale legge regolatrice della propria successione e/o del patto successorio quella di cui il soggetto abbia la cittadinanza al momento della scelta o della morte, purché tale opzione venga manifestata espressamente nel testamento, o comunque con le medesime forme previste dalla legge prescelta per la validità delle disposizioni mortis causa (artt. 22 e 25 Regolamento).
È offerta quindi, al cittadino italiano che abbia la residenza abituale (o la seconda cittadinanza) in altro Stato che riconosca validità ed efficacia ai patti successori, di vedere la propria futura successione disciplinata dalla normativa di tale stato e/o di stipulare in vita relativi alla medesima, che sarebbero altrimenti vietati in base al diritto interno.
Successione Agnelli e il dibattito sulla validità dei patti
Ove non vi sia una scelta espressa, il criterio sarà invece quello della residenza abituale: e, ai fini del suo accertamento, rileverà ogni elemento fattuale, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno nello Stato e le relative motivazioni.
Tale valutazione può in alcuni casi non essere semplice, come sembra dimostrare la vicenda giudiziaria relativa alla successione Agnelli.