Con la risposta a interpello n. 132 del 12 giugno scorso, l’Agenzia delle entrate ha definitivamente sancito la rilevanza delle imposte di successione (e donazione) pagate all’estero ai fini della determinazione del costo fiscale rilevante per determinare la plusvalenza o minusvalenza (art. 68, comma 6, del Tuir) realizzata in sede di cessione delle partecipazioni di società non residenti.
Tale interpretazione dell’amministrazione finanziaria contribuisce a fugare ogni dubbio sollevatosi sul tema, garantendo un eguale trattamento rispetto al costo sostenuto per le imposte di successione e donazione applicate sia in Italia che all’estero.
Alcune tematiche restano tuttavia ancora aperte, soprattutto in tema di corretta valorizzazione delle partecipazioni estere acquisite per successione.
La determinazione del costo fiscale delle partecipazioni di società estere
Come noto, ai sensi dell’art. 68, comma 6, del Tuir, il costo fiscale di azioni o quote – detenute da persone fisiche al di fuori del regime d’impresa – è determinato (qualora il contribuente non si sia avvalso dell’istituto della rivalutazione del costo fiscale delle partecipazioni) avendo riguardo al costo di acquisto delle predette azioni o quote, aumentato di ogni onere inerente la loro produzione (con esplicita esclusione dei soli interessi passivi).
Come chiarito dalla stessa amministrazione finanziaria, “[c]iò implica che il contribuente può imputare ad incremento del costo di acquisto tutte le spese e gli oneri strettamente inerenti all’acquisto delle attività finanziarie della cui cessione si tratta (ad esempio: […] le spese notarili, le commissioni d’intermediazione, la tassa sui contratti di borsa, ecc.)” (cfr. Circolare Agenzia Entrate n. 165/1998).
Tale regola di carattere generale, è parzialmente derogata nel caso in cui il cedente abbia acquistato le quote o azioni cedute per donazione o successione.
In tali casi, infatti, non essendoci stato un esborso economico diretto da parte del cedente, il criterio del costo di acquisto è sostituito – rispettivamente:
- (i) dal costo che le azioni o quote assumevano in capo al donante;
- (ii) dal valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione (nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione). In quest’ultimo caso, il valore di carico della partecipazione sarà coincidente con quello determinato ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 346/1990 (“Tus”).
Come chiarito dalla stessa disposizione, in caso di ottenimento della partecipazione ceduta per effetto di successione o donazione, il costo fiscalmente riconosciuto è aumentato dell’imposta di successione o donazione eventualmente pagata.
Le criticità legate alle partecipazioni ricevute per successione o donazione
Come visto, l’art. 68, comma 6, del Tuir, prevede esplicitamente la possibilità che il cedente (direttamente o, in caso di donazione, il donante) sia stato gravato da imposte sulla donazione o successione, garantendo che queste vengano considerate a incremento del costo della partecipazione.
Tuttavia, la norma citata non precisa se assumano o meno rilevanza anche le imposte della medesima natura che siano eventualmente state pagate all’estero.
Da ultimo, con riferimento alle partecipazioni ricevute per successione, non è mai stato chiarito quale sia il valore da ritenersi prevalente ai fini della determinazione in Italia della plusvalenza (o minusvalenza) nell’ipotesi in cui il contribuente abbia presentato due diverse dichiarazioni di successioni (una italiana ed una estera), dalle quali emerga una divergente valorizzazione della partecipazione.
La posizione dell’Agenzia delle entrate sulle imposte di successione e donazione estere
La prima delle due criticità menzionate è stata affrontata (e risolta) dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 132 del 12 giugno 2024.
Nel caso sottoposto all’attenzione dell’ufficio, l’istante – residente ai fini fiscali in Italia – era stato beneficiario di un lascito testamentario avente a oggetto un certo numero di azioni di una società quotata di diritto francese. Poiché il de cuius era residente in Italia al momento della morte, l’evento successorio in questione assumeva rilevanza ai fini dell’applicazione delle imposte di successione sia in Italia che in Francia.
In tal senso, trattandosi di beni che si considerano “esistenti” in Francia (in ragione della localizzazione della società), ai sensi della normativa francese in tema di imposta di successione, il lascito era stato assoggettato a imposta di successione in Francia (a aliquota del 60%).
In ragione della differenza di aliquote tra la normativa francese e quella italiana, l’imposta sulle successioni italiana (nel caso di specie, astrattamente pari all’8% del valore della partecipazione determinato ai sensi dell’art. 16 del Tus) era stata azzerata per effetto del credito d’imposta spettante in relazione all’imposta pagata in Francia.
Ciò posto, l’istante chiedeva conferma all’Agenzia delle entrate del fatto che l’imposta assolta in Francia avrebbe assunto rilevanza ai fini dell’art. 68, comma 6, del Tuir, quale onere accessorio all’acquisto delle azioni ricevute di cui tener conto ai fini del calcolo di una possibile futura plusvalenza (o minusvalenza) realizzata all’atto della cessione dei medesimi strumenti finanziari.
L’Amministrazione finanziaria ha accolto l’interpretazione proposta dal contribuente, affermando che – in caso di acquisizione di partecipazioni per successione o donazione – il costo fiscale da assumere come riferimento per la determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione è il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini della relativa imposta, aumentato degli oneri strettamente inerenti all’acquisizione della partecipazione medesima, ivi compresa l’imposta di successione e donazione anche se pagata all’estero.
Questione ancora aperta: doppia dichiarazione di successione e determinazione del costo fiscale
Sulla seconda criticità cui si è fatto menzione, l’Agenzia delle entrate non ha invece fornito alcun chiarimento.
In assenza di specifiche posizioni di prassi e/o giurisprudenza in materia sul punto, si dovrebbe comunque ritenere (in linea con quanto chiarito dal Commentario all’art. 13 del Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni) che, ai fini dell’individuazione del costo fiscale delle partecipazioni, debba risultare prevalente il valore indicato nella dichiarazione di successione italiana, determinato secondo le disposizioni di cui all’art. 16 del Tus.
Considerazioni conclusive
L’Agenzia delle entrate ha finalmente chiarito – con l’arresto di prassi in commento – uno degli aspetti maggiormente problematici in relazione alla determinazione del costo fiscale delle partecipazioni ottenute a seguito di un evento successorio o per liberalità. La posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria è certamente condivisibile e in linea con i principi comunitari che regolano la libera circolazione dei capitali all’interno dell’Ue.
Ancora aperto resta tuttavia il tema legato al valore di carico da assumere in tutte quelle ipotesi in cui la partecipazione sia stata diversamente valorizzata (per effetto delle diverse modalità di determinazione della base imponibile) nella dichiarazione di successione presentata in Italia e in quella estera. Su tale ultima tematica, ancorché risolvibile in via interpretativa, sarebbe comunque opportuno un intervento espresso da parte dell’Agenzia delle entrate.
(Articolo scritto in collaborazione con Karim Elsisi, studio Di Tanno Associati)