Quel Gauguin uscito dal catalogo
Cosa succede quando un’opera d’arte esce dal catalogo ragionato del suo artista? Un esempio recente è un dipinto appartenente all’Haggin Museum di Stockton California, “Fiori e frutta”, per quasi un secolo attribuito all’artista francese Paul Gauguin (1848, Parigi – 1903, Polinesia francese) e a lungo considerato dal museo come il capolavoro della collezione. Recentemente, l’opera è stata rimossa dall’ultimo catalogo ragionato delle opere dell’artista compilato dalla Wildenstein Plattner Institute.
Questa rimozione suggerisce che sono emerse delle preoccupazioni sulla sua attribuzione a Gauguin e quindi sulla sua autenticità, anche dopo tanti anni. Si tratta di un’inversione di tendenza rispetto al catalogo ragionato precedente di Georges Wildenstein del 1964, in cui l’opera era stata ritenuta autentica ma fu catalogata come disparu o mancante perché Wildenstein non sapeva dove era finita. I cataloghi ragionati sono spesso considerati delle “bibbie” blindate, ma in realtà le opinioni possono cambiare con nuovi autori e nuove rivalutazioni delle opere e della documentazione.
La storia dell’opera in un libro
Un libro della storica dell’arte Stephanie A. Brown, intitolato The Case of the Disappearing Gauguin: A Study of Authenticity and the Art Market, esamina la storia dell’opera in dettaglio e fornisce una visione dei metodi con cui la storia dell’arte procede per rivedere, ripensare, confermare o negare le attribuzioni.
Secondo una recensione del libro sulla rivista Hyperallergic, l’analisi scientifica conferma finora che il dipinto risale all’epoca dell’artista (1889) attraverso l’analisi dei suoi materiali. Tuttavia, se ci atteniamo al cosiddetto “sgabello a tre gambe” della due diligence (connoisseurship, ricerca sulla provenienza, e analisi scientifica dei materiali e delle tecniche), l’analisi scientifica è uno strumento importante ma non è sufficiente per autenticare un’opera d’arte. Può confermare se un’opera è falsa, se nell’opera sono presenti materiali non disponibili all’epoca in cui si presume sia stata realizzata l’opera d’arte, oppure può confermare la compatibilità dei materiali con l’epoca, ma questa compatibilità non è sufficiente da sola a confermare l’autenticità o l’attribuzione.
L’altra “gamba” dello sgabello
Un’altra “gamba” fondamentale dello sgabello di due diligence, il connoisseurship, ci fornisce altri dati e apre delle questioni riguardo questo quadro. Gauguin non ha dipinto molte nature morte nel corso della sua carriera, e quest’opera non assomiglia visivamente alle altre sue nature morte. A differenza di molte opere di Gauguin, che includono un luogo specifico, in quest’opera non si trovano delle indicazioni del luogo. Tutto ciò potrebbe sollevare dei dubbi sulla sua attribuzione anche se nessuno dei dubbi può essere considerato decisivo.
Rispetto alla provenienza dell’opera, la terza “gamba” dello sgabello di due diligence, una dedica “à l’ami Roy” scritta sopra la firma potrebbe potenzialmente fornire una pista promettente. Brown ha scoperto che Louis Roy era un artista che aveva collaborato a delle xilografie con Gauguin. Inoltre, Gauguin aveva fatto un ritratto a Roy e Roy era proprietario di dipinti di Gauguin. Dopo la morte di Gauguin, Leroy ne vendette sei ad Ambroise Vollard, e la moglie di Leroy ne vendette altri due.
Ma nessuno di questi era l’opera in questione. Purtroppo, bisogna essere estremamente cauti con i nomi, perché spesso possono essere aggiunti in seguito da altri, o possono essere inseriti in una provenienza da un falsario per fornire rassicurazioni fuorvianti che per anni vengono presi per buoni senza essere indagati a fondo. Se quest’opera sia effettivamente appartenuta a Roy e se sia stata effettivamente realizzata da Gauguin e poi regalata a Roy rimangono tutte delle domande aperte in assenza di ulteriori informazioni storiche o documentazione più precisa di supporto.
Quando un’opera d’arte esce dal catalogo ragionato: purtroppo Gauguin l’artista non teneva registri accurati
Uno dei problemi è che Gauguin stesso non teneva registri accurati. Non ebbe successo commerciale durante la sua vita e, secondo Brown, condusse una vita errante tra Parigi e Tahiti. Spesso non sapeva dove si trovassero i suoi dipinti, e nessuno durante la sua vita registrava con precisione le sue opere, nemmeno il suo mercante Vollard. Gauguin non mantenne nemmeno i rapporti con la famiglia e spesso ruppe le relazioni con gli amici, alcuni dei quali possedevano le sue opere. Questi fatti storico-biografici suggeriscono che sarebbe difficile trovare documenti precisi sulle opere d’arte che risalgono alla vita di Gauguin per sostenere la provenienza di quest’opera.
Un’opera d’arte esce dal catalogo: cosa si sa con certezza?
Ciò che si sa con certezza è che l’opera apparve per la prima volta quando fu messa all’asta nel 1923, cioè solo 20 anni dopo la morte di Gauguin, all’Hôtel Drouot, come un Gauguin della collezione Roy. Il suo valore aumentò gradualmente attraverso una serie di rivendite documentate, fino a quando arrivò negli Stati Uniti e fu acquistato dall’ereditiera americana della corsa all’oro, Eila Haggin McKee, nel 1929, due mesi dopo il crollo del mercato azionario.
Lei lo donò alla Haggin Museum nel 1939. Fino al 2018 nessuno sapeva dove si trovasse, perché il museo, che è dedicato alla storia locale ma non all’arte, non ha redatto un catalogo e non era collegato alla comunità artistica. Ma nessuna di queste informazioni postume è sufficiente per confermare l’attribuzione a Gauguin. Nel 2018 il museo ha rimosso il dipinto dalle pareti espositivi e l’ha ricollocato in un ufficio.
La Haggin Museum non è l’unica ad avere delle opere di Gauguin rimosse dal nuovo catalogo ragionato. Anche altre nature morte in altri musei, la cui attribuzione era stata data in precedenza a Gauguin – una al Musée d’Orsay di Parigi e l’altra alla Glyptotek di Copenhagen (quest’ultima con la stessa provenienza Roy e acquistata nella stessa asta del 1923) – sono state revocate.
Attribuzione delle opere d’arte: l’importanza di studi condivisi
A mio parere, sarebbe affascinante per gli specialisti studiare queste opere insieme, per capire meglio se ci sono somiglianze e differenze, per vedere come possono relazionarsi tra loro e anche con opere note che hanno invece delle attribuzioni solide. Ritengo che sia altrettanto importante creare un database sistematico dei falsi di un artista che studiare le opere autentiche, soprattutto perché in genere i falsari realizzano più di un oggetto e possono anche tralasciare dettagli che solo uno specialista potrebbe rilevare. Spesso si possono rivelare dei pattern interessanti.
Brown chiede giustamente nel suo libro: chi decide cosa è autentico? Quali pregiudizi ci sono nella ricerca sulla provenienza? Secondo Brown, la storia dell’autenticità fluttuante è più che altro una “storia di potere culturale e di identità, e del modo in cui il mondo dell’arte assegna il valore”. L’esclusione da un catalogo ragionato, scrive Brown, “non conferma o nega necessariamente l’autenticità di un’opera d’arte”. Aggiunge: “Gli specialisti di Gauguin non sono sempre d’accordo sull’autenticità di una particolare opera”.
Nei casi legali riguardanti l’autenticità, spesso si dice che è il mercato ad avere l’ultimo potere di decidere chi è l’esperto più affidabile e se un’opera è autentica. Ma nel caso delle opere nelle collezioni museali che non sono sul mercato, la storia dell’arte ha la fortuna di poter continuare a condurre ricerca, a discutere e a impegnarsi in un dibattito collettivo produttivo fino a quando non si raggiunge un consenso, o un’opinione generalmente accettata. Ciò non significa, tuttavia, che l’apparizione di nuove informazioni in futuro non possano riaprire la questione.