A fine settembre 2022 il mercato italiano del risparmio gestito vale quasi 2200 miliardi di euro
Fra le gestioni collettive, domina la componente dei fondi aperti, con 1070 miliardi di euro
Nel trimestre i prodotti azionari hanno attratto 1,7 miliardi di nuovi capitali, cifra che porta la raccolta totale netta da inizio anno per questa categoria a +17,3 mld euro
Nel terzo trimestre 2022, i fondi aperti hanno perso più di 30 miliardi di euro. Una contrazione che si deve in gran parte alle turbolenze sui mercati, indotte principalmente dal contesto geopolitico incerto e dagli effetti post pandemici. Il dato emerge dalla presentazione che Assogestioni ha fatto della sua consueta mappa trimestrale del risparmio gestito. In particolare, le masse in gestione dai fondi aperti sono diminuite di 30 miliardi (-2,5%) per l’effetto mercato di 1,3 miliardi per la raccolta.
A fine settembre 2022 il mercato italiano del risparmio gestito comunque vale quasi 2200 miliardi di euro (con una raccolta netta di 7,37 mld euro da inizio anno – gli afflussi netti relativi al periodo giugno-settembre sono stati pari a 1,187 mld euro, in recupero rispetto ai 4,7 miliardi di deflussi registrati tra aprile e giugno). Equamente ripartiti fra gestioni collettive e gestioni individuali. Tra le prime, domina la componente dei fondi aperti, con 1070 miliardi di euro. Primeggia invece fra le seconde, con 900 miliardi, quella dei mandati istituzionali per le compagnie assicurative e fondi pensione. I fondi aperti sono la componente in cui è più elevata la presenza delle persone fisiche. Come illustra Alessandro Rota, responsabile dell’ufficio studi di Assogestioni, considerando le masse detenute direttamente e indirettamente dalle persone fisiche (si arriva all’85%), i sottoscrittori che affidano i loro risparmi alla consulenza sono 12.000.000.
La resistenza della raccolta netta agli effetti mercato
Allargando lo sguardo agli ultimi 4 trimestri, prosegue Rota, può osservarsi una certa resistenza della raccolta netta. “A fronte di un effetto mercato che è diventato negativo fin da subito, con punte del -7%, -8%, la raccolta ha mostrato segni di cedimento solo nel primo trimestre, mostrando comunque segni di notevole resistenza soprattutto se si considera l’effetto mercato complessivo, che si è distribuito equamente fra tutte le tipologie di fondi fra il -2,4% e il -2,8%”. Sul fronte della raccolta, i consulenti hanno fatto meglio delle banche negli ultimi tre trimestri.
La macro categoria azionaria rimane positiva, segno di una volontà degli investitori di entrare nel mercato a quotazioni ritenute convenienti: nel trimestre i prodotti azionari hanno attratto 1,7 miliardi di nuovi capitali, cifra che porta la raccolta totale netta da inizio anno per questa categoria a +17,3 mld euro. Ciò non si verifica per quanto riguarda la raccolta obbligazionaria, in territorio negativo fin dall’inizio dell’anno, anche se nell’ultimo trimestre questa tendenza sembra essersi ridimensionata. Al 30 settembre 2022 erano 540 mln euro i deflussi per la categoria. La raccolta complessiva da inizio anno resta nettamente negativa, a -15,8 miliardi. Nel periodo rimangono in rosso anche i bilanciati (-1,2 miliardi) e i flessibili (-2,3 miliardi), per una raccolta complessiva nei primi nove mesi dell’anno pari rispettivamente a +5,74 e -3,3 mld euro.
Analizzando i portafogli, emerge una importante differenza fra i fondi esteri e quelli italiani. I primi investono una componente molto più elevata in azioni (50%) rispetto agli italiani (meno del 30%).
Andamento dei pir
I piani individuali di risparmio nell’ultimo trimestre hanno fatto segnare una raccolta negativa per 300 milioni (315 mln). A fine settembre, i pir ordinari contano un patrimonio di 16,5 miliardi, cui si aggiungono 1,3 miliardi per i pir alternativi. Anche in questo caso l’effetto mercato è negativo, ma ridimensionato nell’ultimo trimestre. Nelle emittenti italiane sono investiti 14 miliardi, ovvero il 77% del patrimonio totale afferente allo strumento. Guardando agli investimenti in Borsa Italiana, si nota che i sottoscrittori dei pir versano fino al 10% del flottante nei segmenti a minore capitalizzazione. Dato molto interessante, se paragonato all’1,5% investito nel Fuzzy Mib (ovvero nelle società a maggiore capitalizzazione sulla piazza italiana). Ciò vuol dire che, come da disegno dello strumento, i pir apportano capitali alle aziende medio piccole quotate. Sempre dall’ultima mappa trimestrale di Assogestioni, si evince che i pir alternativi investono quasi il 70% in titoli non quotati, con fatturato per lo più inferiore ai 100 milioni di euro.
Fondi sostenibili, chiusi
Ai fondi aperti sostenibili afferisce nel trimestre un patrimonio pari a 415 mld euro, con una raccolta netta nel trimestre di 2,6 mld euro. Rimanendo in ambito gestioni collettive, il trimestre si conferma positivo per i fondi chiusi che, tra giugno e settembre, hanno raccolto 1,7 mld euro, di cui 942 milioni relativi ai fondi immobiliari. Complessivamente il bilancio delle gestioni collettive si attesta così a +431 milioni di raccolta nel terzo trimestre e 1.150 miliardi di patrimonio gestito. I restanti 1.040 mld euro, pari al 47,5% del patrimonio totale gestito in Italia (i quasi 2.200 miliardi di cui si diceva all’inizio), afferiscono invece alle gestioni di portafoglio, che tra giugno e settembre hanno attratto 756 mln euro, di cui 850 milioni relativi alle gestioni patrimoniali retail e 462 milioni alle gestioni di patrimonio previdenziali.
La raccolta netta del risparmio gestito in carico ai maggiori gruppi
Il gruppo Intesa Sanpaolo resta in testa per asset under management, con sottoscrizioni nette per 422 milioni di euro; in seno al gruppo, spicca la performance di Fideuram, che chiude il semestre con una raccolta netta pari 1,26 miliardi di euro. Generali evidenzia una posizione negativa per poco più di un miliardo, mentre Amundi Group sfiora gli 800 milioni di crescita delle masse. Territorio positivo anche per Poste Italiane, che al 30 settembre comunicano un aumento del patrimonio in gestione pari a 703 milioni.