I certificati di autenticità nella compravendita di opere d’arte
Nella compravendita di opere d’arte, i certificati di autenticità assumono una rilevanza particolare poiché consentono, fino a prova contraria, di attribuire un’opera a un determinato artista, scuola o bottega e di fornire l’autenticità dell’opera.
La legge impone l’obbligo, a chi esercita l’attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere d’arte o di oggetti d’antichità o di interesse storico o archeologico, e comunque a chi abitualmente vende le opere o gli oggetti, di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza dei beni. In mancanza, il venditore deve rilasciare una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili su autenticità, probabile attribuzione e provenienza, fornendo copia fotografica dei beni (art. 64 del Codice dei beni culturali).
La responsabilità dell’esperto
Sappiamo che, per il diritto d’autore, l’artista è l’unico soggetto legittimato a attribuire a se stesso la paternità dell’opera d’arte che ha creato così come a disconoscerla. Tuttavia, quando l’artista non è più in vita e, pertanto, non può più essere interpellato per affermare l’origine dell’opera e la sua autenticità, altri soggetti si sostituiscono alla sua persona, come gli eredi dell’artista, le fondazioni e gli archivi, i comitati scientifici composti da esperti d’arte, gli storici dell’arte che svolgono attività di analisi, valutazione e perizie.
Recentemente, RAM – Responsible Art Market, una organizzazione con sede a Ginevra che si propone di definire best practice per gli operatori del mercato dell’arte, ha pubblicato le linee guida per gli esperti che autenticano le opere d’arte, proprio in ragione della delicatezza della materia delle expertise e della responsabilità nel condurre tale professione.
Qualifica e competenza sono i requisiti dell’esperto
Quando un collezionista si rivolge a un esperto per la valutazione di un’opera d’arte perché intende verificarne l’autenticità o la probabile attribuzione (o meno) a uno specifico artista o intende identificare l’autore, deve assicurarsi in primo luogo se l’esperto interpellato per il parere sia qualificato e competente del periodo storico al quale l’opera si riferisce o dell’artista stesso, sia questo un autore delle epoche passate (arte rinascimentale, ottocentesca, ecc.) o di un periodo più recente (Novecento). Tale verifica è operata attraverso, ma non solo, le pubblicazioni scientifiche, i titoli accademici, l’esperienza professionale, la sua stima sul mercato.
Quando occorre, l’esperto si avvale di analisi tecniche o scientifiche operate da laboratori specializzati in conservazione e restauro che esaminano l’opera attraverso metodi dai più comuni ai più sofisticati (come la lampada di Wood, i raggi X, la spettroscopia, il radiocarbonio, la fluorescenza, ecc.). Anche i retro delle opere (come timbri, telaio, scritte autografe, firme, etichette, ecc.) possono svelare utili indizi per identificare l’opera.
L’assenza di conflitti di interesse e la trasparenza sono alla base di una expertise indipendente e non condizionata da fattori esterni: occorre un’accurata disamina della provenienza dell’opera facendosi coadiuvare da legali con competenze nella materia del diritto dell’arte e dei beni culturali per condurre una opportuna due diligence.
L’esperto come conduce le proprie analisi?
Preferibilmente l’opera è analizzata di persona nel senso che l’esame su base fotografica incontra dei limiti sebbene anche da una immagine si possa accertare un falso evidente.
Il collezionista deve fornire all’esperto tutta la documentazione disponibile sull’opera, inclusa la documentazione contabile e amministrativa (es. fatture d’acquisto, bolle doganali o di trasporto, atti di successione, contratti).
Ove l’opera sia pubblicata, sono importanti le menzioni nel catalogo ragionato delle opere dell’artista o nei cataloghi di mostre, di case d’aste o di gallerie e qualsiasi altra fonte autorevole, compreso il materiale d’archivio presso la fondazione dell’artista. Inoltre, il condition report, che attesta lo stato di conservazione e le condizioni dell’opera (dettagli su interventi di restauro, grado di deterioramento o danneggiamento dei materiali, interventi postumi, ecc.), forma parte integrante del dossier.
Occorre altresì verificare se l’artista abbia dato disposizioni su come porre rimedio ai danni arrecati all’opera o su come intervenire successivamente come la sostituzione di pezzi o materiali altamente deteriorabili o non più rinvenibili sul mercato; si pensi alle opere al neon di Dan Flavin o a quelle dell’arte povera, in genere.
Contratto e report di analisi a tutela del collezionista
Per una maggiore tutela del collezionista, è opportuno che l’esperto indichi al proprietario dell’opera di avvalersi di trasportatori e di assicuratori qualificati per la consegna dell’opera e che rilasci, al momento del deposito, un apposito modulo o contratto che identifichi l’opera, la sua provenienza e la specifica attività che l’esperto si accinge a eseguire, compreso lo scopo del suo lavoro e la finalità della sua analisi. Ove necessario, deve essere allegata la documentazione attestante la consegna del bene, l’espletamento delle formalità doganali, i certificati che accompagnano l’opera (es. attestati di libera circolazione, certificati di avvenuta spedizione/importazione in Italia, autocertificazioni per l’arte contemporanea) e la sua copertura assicurativa.
Al termine delle analisi, l’esperto consegnerà al collezionista un rapporto di sintesi nel quale sia descritto lo studio dell’opera e le conclusioni, rilasciando la propria opinione sulla autenticità o probabile attribuzione dell’opera stessa.
Di tutta l’attività professionale resa dagli esperti d’arte, questi dovranno assicurarsi di aver tenuto un registro dei pareri o dei certificati che hanno rilasciato, nonché dei falsi e delle contraffazioni che siano state loro presentate ai fini delle verifiche sull’autenticità.
Il valore dell’expertise
Naturalmente, come spesso accade, il parere dell’esperto vale come opinione basata sulla propria competenza e connoisseurship, ben consapevoli che ulteriori studi potrebbero confermare o disattendere tale parere con nuove attribuzioni dell’opera.
E’ il caso a tutti noto del Salvator mundi: opera nell’Ottocento attribuita alla scuola di Giovanni Boltraffio, promossa a opera di Bolfraffio quando è stata venduta in asta a Londra nel 1958 per £45, acquistata nel 2005 per $1.175 da Robert Simon a Baton Rouge, in Louisiana, infine attribuita a Leonardo Da Vinci, dopo lo studio di un gruppo di ricercatori, tra cui Martin Kemp, su richiesta del direttore della National Gallery di Londra, Nicholas Penny, passata poi per le mani di Yves Bouvier e del collezionista russo Dmitrij Rybolovlev, divenendo uno dei dipinti più costosi ($450 milioni in asta da Christie’s nel 2017) e controversi del mondo dell’arte.