Yayoi Kusama e Louis Vuitton, la collaborazione si rinnova

Alice Trioschi
Alice Trioschi
20.1.2023
Tempo di lettura: 3'
La prima settimana di gennaio è arrivata nei negozi di Louis Vuitton la nuova collezione creata in collaborazione con l’artista giapponese Yayoi Kusama. La relazione tra la maison e l’artista non rimanda solo alla storia del brand, ma si inserisce nel contesto del rapporto centenario tra arte e moda

La prima settimana di gennaio Louis Vuitton e l’artista Yayoi Kusama hanno annunciato l’arrivo della loro nuova collaborazione negli stores del brand francese (così come preannunciato lo scorso maggio durante lo show di Louis Vuitton Cruise 2023): una special capsule collection da più di 450 pezzi ricomprendenti abiti, borse, scarpe, fragranze e molteplici accessori. 


La collezione – nonché la più grande collaborazione con un’artista mai realizzata dalla maison – verrà rilasciata in due drop differenti. Il primo, partito il primo gennaio in Cina e Giappone e il 6 gennaio nel resto del globo, è diviso in quattro parti ispirate a elementi iconici dell’arte Kusama. Gli infinity dots (che in termini numerici costituiscono la parte maggiore del progetto), i painted dots (che riconnettono la capsule alla prima realizzata dall’artista nel 2012 per Vuitton), i metal dots (ispirati alle sfere a specchio del Narcissus Garden) e gli psychedelic flowers (basati sul dipinto Flower,1993). Il secondo drop, di cui non si conosce ancora il contenuto, è programmato invece per il 31 marzo prossimo. 


Il lancio della collezione è stato accompagnato dalle spettacolari aperture dei negozi Vuitton arredati e trasformati dall’arte di Kusama. Basti pensare che a Parigi una scultura gonfiabile dell’artista svetta sul flagship store degli Champs Élysées, completamente ricoperto di dots colorati. La vetrina del negozio sulla Fifth Avenue di New York ospita una Yayoi robot iperrealista intenta a dipingere davanti agli occhi dei visitatori. A Milano invece il brand ha riqualificato l’ex Garage Traversi di Piazza San Babila rendendolo un’opera d’arte immersiva che richiama il motivo delle zucche gialle e nere dell’artista (tre zucche colorate sono presenti anche in Piazza San Babila). La sede della maison verrà trasferita nel rinnovato garage, in attesa della conclusione dei lavori nello storico Palazzo Taverna. 

In realtà, questo progetto è solo l’ultimo di una lunga serie di collaborazioni intraprese dall’artista, che ha sempre avuto un legame speciale con il mondo della moda (rapporto a cui nel 2018 è stato dedicato anche il documentario “Kusama-Infinity”, prodotto da Magnolia Pictures). Nata nel 1929 a Matsumoto, Giappone, Kusama emigra a trent’anni negli Stati Uniti, trasferendosi a New York attirata dal potenziale della scena artistica cittadina (la leggenda narra che l’artista sia arrivata in America dopo una fitta corrispondenza con Georgia O’Keeffe, sua musa ispiratrice). Qui viene subito conosciuta per la sua arte, lo stile (Yayoi si presentava agli opening delle gallerie vestita in kimono da lei personalmente creati) e la vita dissoluta. 


Nel 1968 apre la Kusama Fashion Company Ltd con lo slogan “Why look like other people? Buck the establishment. Haven’t you a personality? Express it!”. Inizia quindi a creare vestiti “erotici” e provocanti, tra cui lo Squid Dress con due fori a livello del seno e tagli che esponevano parti del corpo e l’Homo Dress, con un foro a livello del sedere. Poco dopo fonda anche una seconda compagnia, la Nude Fashion Company, votata a produrre “nuove idee per godere del sesso nel mondo mainstream”. Alcuni esempi di questa filosofia sono il Couples Dress, una sorta di vestito sacco a pelo, e il Party Dress, variazione del Couples Dress ma con lo spazio per 25 persone (entrambi sorprendentemente decorati con polka dots). Kusama è stata anche precorritrice di molte tendenze di moda sdoganate solo negli anni più recenti. Il Phallic Dress usato per lo spettacolo Homosexual Wedding del 1968, dotato di protuberanze e tentacoli, è stato ripreso dalla fondatrice di Comme des Garçons, Rei Kawakubo. Similmente, gli abiti ricoperti di pasta poi dipinta in oro o argento hanno recentemente ispirato le collezioni di Maison Margiela e John Galliano. 


Tornata nel 1973 in Giappone per problemi psichiatrici, Yayoi ha chiuso le proprie società e iniziato collaborazioni con marchi quali Lancome, Veuve Clicquot e Kim Gordon (con il brand streetwear X-girl). Dal fortunato incontro nel 2006 con Marc Jacobs - durante le riprese di un documentario di Loïc Prigent – è nata prima la customizzazione dell’Ellipse Bag, e in seguito la prima collaborazione con Louis Vuitton. Infatti, nel 2012 Yayoi e la casa di moda hanno lanciato la loro prima capsule contestualmente all’apertura della retrospettiva di Kusama al Whitney Museum di New York. Gli ottimi risultati e l’apprezzamento dei collezionisti anche per i pezzi rivenduti sul mercato secondario (Artcurial ha recentemente venduto una borsa Lock-it della collezione Kusama 2012 per 1.300 Euro, mentre le borse della nuova collezione sono già presenti sul sito Vestiaire Collective per migliaia di Euro), hanno spinto Louis Vuitton alla creazione di una seconda capsule con l’artista. Nonostante critici d’arte quali Jerry Saltz o giornalisti come Georgina Adam si siano dichiarati scettici sulla collaborazione vista l’avanzata età di Yayoi, la mancanza di sue dichiarazioni personali e l’estrema commercializzazione della sua arte, il brand ha previsto che i risultati del primo trimestre 2023 saranno fortemente influenzati dalla capsule. La campagna marketing, con modelle/i quali Bella Hadid, Gisele Bündchen e George Clooney, sta avendo ottimi risultati anche sui social: i post relativi la collezione stanno generando oltre quaranta volte il livello medio di engagement del brand.


Louis Vuitton ha collaborato più volte con noti artisti (tra cui Stephan Sprouse, Richard Prince e Takashi Murakami) sin dalla sua fondazione. Quasi un secolo fa, Gaston-Louis Vuitton, nipote del fondatore del brand, iniziò a commissionare agli artisti dell’epoca delle opere per i negozi della maison. In realtà sono molti gli esempi di proficue relazioni tra arte e moda: nel 1916 Paul Poiret fu il primo a chiedere a Picasso di collaborare a una capsule (continuando poi in seguito con Robert Delaunay, André Derain, Brancusi e Dufy). Elsa Schiaparelli collaborò invece con il surrealista Salvador Dalí creando una scarpa-cappello e l’iconico vestito aragosta, che venne definito nel 1932 dal New Yorker come un “real modern painting”. Molto noti sono anche i vestititi creati da Yves Saint Laurent ispirandosi a opere iconiche: il Mondrian Dress (1965) ha portato l’artista olandese a far conoscere il brand globalmente, così come la Romaine Blouse – reinterpretazione del quadro di Henri Matisse – e le giacche ricamate da Maison Lesage negli anni 80, ispirate ai girasoli e agli iris di Van Gogh. Nel 2013 Alexander McQueen ha collab

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Esperta d'arte e del suo mercato, Alice ha lavorato nell'ufficio stampa di Christie's a Londra, occupandosi della relazioni interne ed esterne con i giornalisti. Dopo aver collaborato con Camera Arbitrale per la risoluzione di conflitti d'arte e beni culturali, oggi lavora per Fondazione Human Technopole occupandosi degli aspetti legali riguardanti il mondo della ricerca scientifica.

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