- Secondo un’analisi condotta dal centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali, al 31 dicembre 2022 i pensionati italiani che risiedevano all’estero erano oltre 371mila
- Sesani: “I redditi da pensione derivanti da attività di lavoro svolte al di fuori di possono essere tassati con l’aliquota del 5% per gli importi che eccedono i 3.420 euro”
- Bugli: “Occorre immaginare la propria vita oltre il pensionamento, analizzando le proprie aspirazioni ed esigenze, come la necessità di tornare spesso dalla propria famiglia”
Negli ultimi anni, anche grazie all’introduzione di regimi fiscali favorevoli finalizzati ad attrarre persone e capitali, la tematica della mobilità internazionale (anche nota come “global mobility”) ha ricevuto un’attenzione crescente. Secondo l’undicesima edizione del Rapporto sul bilancio del sistema presidenziale italiano condotto dal centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali, al 31 dicembre 2022 i pensionati italiani che risiedevano all’estero erano oltre 371mila. Tra le mete preferite dai nostri connazionali (e non solo) il Portogallo, salito agli onori della cronaca per aver introdotto una fiscalità di favore per poi abolirla a fronte di un aumento generalizzato del costo della vita. E adesso?
Pensione: 3 paesi al top per sistema fiscale
Stando a quanto rilevato da Andersen per We Wealth, sono tre i paesi che offrono un regime fiscale “attraente” per i pensionati italiani che desiderano trasferirsi all’estero. Si parte dalla Grecia, che nel 2020 ha introdotto la cosiddetta Flat tax che prevede un’aliquota fissa del 7% sui redditi da pensione esteri. Il regime trova applicazione per un massimo di 15 anni. “Ancora più competitiva risulta essere l’agevolazione fiscale introdotta dal legislatore cipriota, in quanto i redditi da pensione derivanti da attività di lavoro svolte al di fuori di Cipro – a determinate condizioni – possono essere tassati con l’aliquota del 5% per gli importi che eccedono i 3.420 euro, con corrispondente no tax area per i redditi sotto tale soglia”, spiega Guido Sesani, partner e coordinatore del dipartimento private client services di Andersen.
Le altre variabili da considerare (oltre alle tasse)
Infine c’è l’isola di Capo Verde, che offre ai suoi pensionati una totale esenzione per i redditi pensionistici esteri: questo, a condizione che tali redditi siano assoggettati a imposizione in uno Stato che abbia stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni con Capo Verde, ovvero che tali redditi non siano da considerarsi come prodotti nel Paese secondo la legislazione domestica. “La variabile fiscale, da sempre, rappresenta un driver molto importante: l’ottimizzazione fiscale, preceduta da un’attenta pianificazione patrimoniale e successoria, è spesso uno dei principali obiettivi dei nostri clienti, anche al fine di migliorare il proprio tenore di vita”, afferma Sesani. Ma non è l’unico aspetto da considerare, nel selezionare il paese in cui vivere.
“Oltre al livello di imposizione dei redditi da pensione, è altresì importante (se non fondamentale) conoscere le regole estere in materia di successioni, tanto da un punto di vista civilistico quanto da un punto di vista fiscale”, continua Sesani. “È evidente però che tale pianificazione non si limita a tener conto esclusivamente di legislazioni maggiormente favorevoli, ma parte anche dalla necessità e dai desiderata del cliente, alla ricerca di un paese che possa offrire una qualità di vita migliore, sia in termini di servizi che di costo della vita”, dice l’esperto. A intervenire sul tema anche Alessandro Bugli, membro del centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, che conferma come le variabili connesse al reddito siano soltanto una fetta del ragionamento.
L’Italia è il paese in cui restare?
“Occorre immaginare la propria vita oltre il pensionamento, analizzando le proprie aspirazioni ed esigenze, come la necessità di tornare spesso dalla propria famiglia o al contrario di raggiungere i propri figli o figlie trasferitisi all’estero per ragioni di lavoro”, spiega Bugli. E oltre alle aspirazioni, c’è poi il tema delle aspettative di vita in aumento: ci si sente giovani più a lungo, ma cresce anche il numero di anni potenzialmente vissuti in condizioni di cattiva salute. “I dati dicono che, al momento del pensionamento, la speranza di vita si aggira tra i 18 e i 21 anni. Di questi, mediamente 10 sono quelli che si vivono in buona salute. Quindi occorre analizzare se lo Stato individuato offre un servizio sanitario funzionante o se al contrario sarà necessario affidarsi ad assicurazioni private”, afferma infatti l’esperto. E se invece l’Italia fosse il paese giusto in restare?
Il caso di San Marino
“Chi nasce e vive in Italia, tipicamente vuole rimanere in Italia”, sostiene Bugli. “L’Italia è un paese vario, con un buon rapporto con il clima, un sistema sanitario nazionale che offre molte risposte, per non parlare dei temi più noti come l’alimentazione e la cultura. In generale, l’area mediterranea può essere molto attrattiva”. In questo contesto, San Marino rappresenta un’enclave del Belpaese. Di conseguenza, geografia e stile di vita sono i medesimi del Belpaese stesso. “In più, rispetto al passato, sta entrando nell’Unione europea, il che agevolerà il trasferimento da uno Stato membro a San Marino, considerato il terreno comune normativo che si avrà con l’adesione all’Ue”, dice Bugli. “È uno Stato che, essendo rimasto indipendente, ha garantito alla sua popolazione uno standard di vita e di reddito migliore rispetto ai territori limitrofi. Quindi offre i vantaggi tipici del paese Italia, insieme ad alcune peculiarità che possono essere di vantaggio per i pensionati e le loro famiglie, anche e non solo in termini di welfare”.