In Italia il peer-to-peer lending non è soggetto a regolamentazione specifica. Nondimeno, gli operatori del mercato nella gestione dei flussi di denaro devono operare nel rispetto delle norme che disciplinano le diverse riserve di attività tra cui, inter alia, la raccolta del risparmio presso il pubblico, attività riservata alle banche (art. 11 del Testo unico bancario). E proprio avuto riguardo a quest’attività, con delibera n. 584/2016, la Banca d’Italia ha pubblicato il provvedimento recante le disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche, fornendo le prime linee guida agli operatori in materia di social lending (o lending based crowdfunding) cui il modello del peer-to-peer lending può essere ricondotto. È stato chiarito che non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi da parte di gestori di piattaforme: (i) autorizzati a prestare servizi di pagamento (art. 114-novies, comma 4, Testo unico bancario), nella misura in cui i fondi acquisiti siano inseriti in conti di pagamento e utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento da parte dei gestori medesimi; (ii) autorizzati all’emissione di moneta elettronica.
La Banca d’Italia chiarisce, altresì, cosa debba intendersi per “trattativa personalizzata”: gli utenti (prenditore e finanziatore) devono essere in grado di incidere sulla determinazione delle clausole del contratto stipulato tramite la piattaforma, limitandosi quest’ultima a prestare un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative. Per evitare la violazione della riserva di attività, si richiede che l’acquisizione di fondi avvenga per un “contenuto importo” (ma questo non è un limite positivamente predeterminato). Ciò non trova luogo laddove la raccolta dei fondi sia effettuata da banche che utilizzino le piattaforme on-line come innovativo canale di distribuzione dei propri prodotti.
Occorre ricordare che il provvedimento citato non prevede ulteriori requisiti da osservare, ma avverte che l’operatività delle piattaforme è consentita nel rispetto delle norme che regolano le altre attività a particolari categorie di soggetti riservate dalla legge, quali l’attività bancaria, la raccolta del risparmio presso il pubblico, la concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico, la mediazione creditizia, la prestazione dei servizi di pagamento.
La cornice normativa e regolamentare delle attività soggette a riserva sopra richiamate è, tuttavia, ideata per soggetti professionali la cui operatività è ben diversa e molto più articolata di quella delle piattaforme, mal adattandosi alle caratteristiche e ai rischi peculiari del fenomeno di cui si tratta.
Successivi interventi normativi dimostrano l’attenzione del legislatore a tale modalità che consente di generare liquidità per coloro che raccolgono fondi tramite i portali di social lending. La legge di bilancio 2018, infatti, ha previsto un’importante agevolazione fiscale per i prestiti erogati tramite piattaforme digitali gestite da intermediai finanziari o istituti di pagamento. Il decreto crescita prevede la possibilità di accesso al Fondo di garanzia per le pmi in favore di soggetti che finanziano tramite portali on-line di social lending progetti di investimento proposti da pmi. Infine, il decreto cura Italia, per contrastare le difficoltà finanziarie delle pmi e facilitare l’accesso al credito a causa dell’emergenza derivante dall’epidemia da covid-19 ha disposto (art.125, comma 4) che Unioncamere e le camere di commercio, nell’anno in corso, possano erogare finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on-line di social lending e di crowdfunding, tenendo contabilizzazione separata dei proventi e delle erogazioni.