Analizzando poi nello specifico il contenuto della norma risulta evidente come, più che di “semplificazione”, ci si trovi dinanzi alla vera e propria “eliminazione” della disciplina del Patent box, a suo tempo introdotta dall’art. 1, commi da 37 – 45, Legge n. 190/2014.
Tra le due normative tuttavia, risultano alcuni problemi di coordinamento che potrebbero inficiare l’utilizzo nonché il buon esito sia della nuova agevolazione che delle procedure di Patent box tuttora in corso.
Detta agevolazione consentiva – a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza – di abbattere (a posteriori) una quota-parte della base imponibile, attraverso l’esclusione dalla formazione della stessa di una determinata percentuale dei redditi rinvenienti direttamente o indirettamente dall’utilizzo di determinati beni immateriali quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: software protetti da copyright, disegni e modelli, brevetti industriali, know-how nonché, fino al 2016, anche i marchi d’impresa (agevolazione, quest’ultima, venuta meno per allineare la disciplina del Patent alle linee guida Ocse).
La procedura inizialmente necessitava obbligatoriamente di un ruling con l’Amministrazione finanziaria, al termine del quale si addiveniva ad un accordo col contribuente, che successivamente poteva procedere con le necessarire variazioni in diminuzione della propria base imponibile per poter usufruire dell’agevolazione. Solo successivamente, è venuto meno l’obbligo del suddetto ruling (il quale rimaneva facoltativo) per il calcolo del reddito agevolabile.
Ciò posto, la nuova agevolazione (con un’impostazione che ricorda altri benefici quali “super” e “iper” ammortamento) consente di procedere con la maggiorazione del 90 per cento dei costi sostenuti per la ricerca e lo sviluppo degli intangibles, inclusi i marchi d’impresa che, come appena visto, erano stati espunti dal novero dei beni agevolabili in sede di Patent.
Aspetto rilevante poi, in ottica della valutazione della convenienza, consiste nel fatto che la nuova norma vieta espressamente (comma 9) la cumulabilità dell’agevolazione in commento col credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 1, co. 198-206 della Legge n. 160/2019.
Dalla suddetta impostazione, si denota in primo luogo la sostanziale differenza tra il Patent e l’attuale agevolazione. Quest’ultima infatti – al contrario della precedente – va ad agevolare esclusivamente la spesa sostenuta, prescindendo dalla maggiore marginalità generata dall’utilizzo degli intangibles: marginalità che, verosimilmente, potrebbe anche non esserci.
Tuttavia le maggiori perplessità suscitate già all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova norma, hanno riguardato soprattutto le disposizioni relative all’entrata in vigore della nuova normativa e ai “rapporti” con la precedente.
Invero la novella legislativa dispone che a far data dall’entrata in vigore della stessa (22 ottobre 2021), vengono abrogate le norme relative al “vecchio” Patent box. Il comma 8 dispone poi che le disposizioni relative alla nuova agevolazione si applicano alle opzioni esercitate dalla medesima data.
Il combinato disposto di queste norme comporta dunque diverse complicazioni in primo luogo a chi, per il 2020, ha optato per il Patent in modalità autonoma (ossia senza ruling con l’Amministrazione finanziaria). Questi soggetti, già lo scorso giugno, legittimamente confidando nella piena operatività della normativa sul Patent, hanno liquidato minori imposte (calcolando in autonomia il beneficio derivante dall’utilizzo degli intangibles). Ciò posto, qualora questi soggetti non abbiano inviato la dichiarazione entro la data di entrata in vigore della nuova agevolazione, ossia lo scorso 21 ottobre (e d’altronde non si comprende perché dovessero anticipare l’invio a tale data visto che la deadline è fissata al 30 novembre 2021), potrebbero vedersi revocato il beneficio. Il tutto con buona pace del divieto di irretroattività delle norme tributarie, codificato dall’art. 3 dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000).
Stesse problematiche potrebbero registrarsi anche per quei soggetti che abbiano tuttora un ruling in corso con gli uffici, avendo inviato l’istanza di Patent entro il 31.12.2020 (valida appunto per il 2020 e per i 4 successivi). Orbene, il comma 10 del decreto prevede che detti soggetti possano optare per il nuovo regime: tuttavia anche in tale ipotesi, in assenza di opzione in dichiarazione (entro il prossimo 30.11), la precedente agevolazione rischia di non assumere efficacia.
D’altronde se una vera ed effettiva semplificazione del sistema del Patent Box era sicuramente auspicabile (soprattuto in tema di riduzione delle tempistiche “pluriennali” necessitate dagli uffici per la conclusione dei ruling), di certo non si sentiva la necessità di eliminare tout court e “dall’oggi al domani” – tra l’altro mediante lo strumento del decreto legge che, come noto, può essere utilizzato solo in casi straordinari di necessità e urgenza (art. 77 Cost.) – un’agevolazione di sicura utilità e che molto interesse ha suscitato anche tra gli investitori esteri.