- S&P 500 e Nasdaq sono finiti in territorio correzione. Poi, la chiusura in deciso rialzo di venerdì (+2,13% e +2,61% rispettivamente)
- Patara (Pictet wm): “Siamo nella fase in cui il mercato sta iniziando a guardare fuori da chi puramente costruisce la parte hardware verso i cosiddetti digital enablers”
L’erraticità della politica di Donald Trump delle ultime settimane ha minato la fiducia degli investitori. L’indice Vix, che misura la volatilità di Wall Street, si è impennato: escludendo la crisi dello yen dello scorso agosto, ha toccato i massimi dal 2022, balzando a quota 28 punti lunedì scorso. S&P 500 e Nasdaq sono finiti in territorio correzione. Poi, la chiusura in deciso rialzo di venerdì (+2,13% e +2,61% rispettivamente). La caduta dell’azionario statunitense è finita? Quali titoli resistono alla bufera?
“Spesso in questi casi di discese rapide si parla di movimenti irrazionali. In realtà, il mercato è stato estremamente razionale nelle ultime settimane”, racconta Giuseppe Patara, responsabile investimenti Europa di Pictet wealth management intervenuto in occasione dell’ultima puntata di Weekly Bell, la trasmissione di We Wealth che ogni lunedì mattina fa il punto sui mercati finanziari e gli appuntamenti macroeconomici della settimana. “Venivamo da un periodo di certezze abbastanza forti: prima il rallentamento dell’inflazione, poi l’avvio del ciclo del taglio dei tassi di interesse, poi l’esito elettorale americano. Quest’anno invece, fin dall’insediamento della nuova amministrazione, siamo partiti con una serie di incertezze. Prime fra tutte, quelle legate ai dazi, che stanno dominando le discussioni”, dichiara Patara.
Wall Street entra in territorio correzione
Secondo l’esperto, i mercati finanziari hanno iniziato così a mettere in dubbio alcuni punti fermi, richiedendo un premio maggiore per il rischio proprio per controbilanciare le insicurezze sui dazi. “Il movimento finora è stato abbastanza rilevante, quindi una parte della correzione probabilmente ce la siamo lasciata alle spalle, proprio in corrispondenza del picco dell’indice Vix della scorsa settimana”, afferma Patara. Da ricordare che il crollo delle azioni statunitensi è stato in parte trainato dai colossi di Wall Street, come il produttore di chip Nvidia (-18% da inizio anno) e la casa automobilistica Tesla (-41%). Ma, grattando sotto la superficie, alcune azioni potrebbero vincere il caos sui mercati.
Le azioni che resistono alla bufera
“Veniamo da due anni di movimenti straordinari, non solo nella dimensione del rialzo ma anche nel livello di concentrazione per paese, settore e addirittura per singoli titoli”, ricorda Patara. Per l’esperto, la vicenda DeepSeek – la startup asiatica che ha recentemente scosso i mercati mondiali con il lancio di un nuovo modello avanzato e a basso costo di intelligenza artificiale – ha accelerato in realtà un movimento che era già in atto all’interno delle Magnifiche 7 (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Tesla e Nvidia). “Siamo nella fase in cui sostanzialmente il mercato sta iniziando a guardare fuori da chi puramente costruisce la parte hardware verso i cosiddetti digital enablers, come Microsoft, Alphabet e Meta, tra le Magnifiche 7”, dice Patara.
Ha senso investire sulle small e mid cap?
La vittoria di Trump innescò tra l’altro nell’immediato una reazione positiva del Russell 2000, l’indice delle società statunitensi a bassa capitalizzazione, e dell’S&P 400, che segue l’andamento delle società a media capitalizzazione. Poi, la situazione si è capovolta. “All’interno del Trump Trade, uno dei beneficiari primari del programma economico del tycoon erano le small e mid cap, alla luce delle promesse elettorali su un vistoso taglio della tassazione sulle società e sulle persone”.
Ma a gennaio la nuova amministrazione è partita a piena velocità sulla questione dei dazi – che ha messo momentaneamente in dubbio il quadro complessivo di crescita economica – mentre tutta quella parte di sgravi a vantaggio delle piccole e medie capitalizzazioni non è ancora arrivata. “Tutto questo si è tradotto in una percezione di indebolimento della posizione sulle pmi americane, ma il loro ruolo a livello valutativo all’interno di un’allocazione nazionale ha ancora senso per noi”, dichiara Patara. Poi conclude: “Forse occorre guardare però anche alle piccole capitalizzazioni di altri paesi, a partire da quelle europee, in recupero dopo anni di sottoperformance”.
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