- Il collocamento del pacchetto di azioni di Mps è avvenuto al prezzo di 4,15 euro per un controvalore complessivo di circa 650 milioni
- Sommando i 920 milioni della tranche si novembre si arriva a 1,6 miliardi, ovvero quanto investito dal Tesoro nell’ambito del maxi-aumento di capitale da 2,5 miliardi
- Equita: “Non escludiamo che, in assenza di compratori interessati, il Mef possa negoziare con l’Unione europea un’uscita completa dopo il 2024”
Con un’operazione lampo, avviata e conclusasi nell’arco di poche ore, il Tesoro ha collocato sul mercato un altro 12,5% di Mps. Cedute 157.461.216 azioni ordinarie della banca senese attraverso un consorzio di banche costituito da BofA Securities, Citigroup global markets Europe Ag, Jefferies e Mediobanca nel ruolo di joint global coordinators e joint bookrunners e Clifford Chance in qualità di consulente legale. Il corrispettivo per azione, come precisato dal ministero dell’Economia e delle finanze in una nota diffusa nella serata del 26 marzo, è stato di 4,150 euro per un controvalore totale di circa 650 milioni. La mossa, che secondo Equita non era inattesa, fa scivolare la quota del Mef in Montepaschi dal 39,2% al 26,7%.
Lo scorso novembre il governo aveva infatti già collocato sul mercato una quota del 25% di Rocca Salimbeni a un prezzo di 2,92 euro per un controvalore complessivo che sfiorava i 920 milioni di euro. All’epoca il collocamento registrò una domanda pari a oltre cinque volte l’ammontare iniziale, spingendo il Mef a incrementare l’offerta (inizialmente al 20% del capitale). Sommando i 650 milioni di allora ai 920 milioni della tranche di novembre si arriva a 1,6 miliardi, ovvero quanto investito dal Tesoro nell’autunno del 2022 nell’ambito del maxi-aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro a 2 euro per azione. Il Mef si impegna adesso a non vendere sul mercato ulteriori azioni dell’istituto per 90 giorni senza il consenso dei joint global coordinators e joint bookrunners.
Mps: Mef verso un’uscita completa dopo il 2024?
“Il piazzamento di un’ulteriore quota di Montepaschi non è inatteso, considerando che nelle scorse settimane la stampa aveva anticipato la possibilità che il Mef potesse procedere con un’altra cessione, sebbene fosse considerato maggiormente probabile che questa avvenisse post pagamento del dividendo da parte della banca”, si legge nel morning note di Equita. “Secondo alcuni articoli di stampa, in assenza di eventuali scenari di consolidamento, il Mef potrebbe optare per un nuovo piazzamento dopo l’estate e ridurre la sua quota sotto il 20%”. Secondo la banca d’affari, la riduzione della stake da parte del governo rende teoricamente Mps maggiormente contendibile. Tuttavia non si esclude che, in assenza di compratori interessati, il Mef possa negoziare con l’Unione europea un’uscita completa dopo il 2024.
Mps, si riapre il risiko: occhi su Bper, Bpm e Unicredit
Intanto, in un report diffuso da Barclays la scorsa settimana si torna a discutere di risiko analizzando Bper, Bpm e Unicredit come potenziali acquirenti di Mps. “La nostra analisi suggerisce che tutte e tre gli operatori vedrebbero il Roi (Return on investment) superare il rendimento totale in caso di acquisizione, ma Bper e Bpm dovrebbero pagare parzialmente in azioni (si stima il 40% in contanti e il resto in azioni per entrambe le banche, ndr), il che significa che il governo manterrebbe una quota residua nell’entità aggregata”, osservano da Barclays. Un’alternativa potrebbe essere l’acquisizione da parte di un investitore strategico di una quota inferiore alla soglia dell’Opa (20%) come ha fatto Unipol con Bper e Popolare di Sondrio. “Riteniamo che quest’alternativa rappresenterebbe un rischio negativo per Mps solo se, una volta che opererà come banca autonoma (con l’azionista che detiene una quota consistente), non potrà procedere a riacquisti di azioni proprie o a una ricca politica di distribuzione come consentirebbe il suo ampio capitale in eccesso”, conclude Barclays.