Qualche giorno a Londra prima di Natale è sempre una buona idea. Si trovano regali un pochino esotici, si cerca il tè da Fortnum&Mason, si passeggia tra le luci. Ecco, in tutto questo vagabondare festivo si possono includere delle mostre che quest’anno sono a dir poco eccezionali. Ne scelgo tre, in centro.
Londra, non solo tè e biscotti: 3 mostre da non perdere questo Natale
1. Drawing the Italian Renaissance, King’s Gallery, Buckingham Palace – fino al 9 marzo 2025
Lascia senza fiato Drawing the Italian Renaissance, alla King’s Gallery di Buckingham Palace. Circa 160 disegni di un’ottantina di artisti italiani, scelti con eleganza e attenzione tra le più o meno 30,000 opere su carta custodite nella collezione reale inglese e organizzati tematicamente. Nel periodo rinascimentale, la carta divenne più accessibile e meno costosa e si diffuse così la pratica (che presto divenne necessità) per gli artisti di esercitarsi sullo studio della figura umana, in modo da poter creare poi in pittura sofisticate composizioni. Apre infatti la grande esposizione un disegno fiorentino anonimo, datato circa 1460-80, eseguito su carta preparata azzurra, raffigurante un giovinetto in bottega, intento a disegnare. Seguono opere dedicate allo studio della figura, tra i quali quello che è il manifesto della mostra, le Tre Grazie di Raffaello, disegno preparatorio per gli affreschi della Villa Farnesina a Roma.
Sarebbe troppo lungo elencare i disegni che si rincorrono sulle pareti, un capolavoro dopo l’altro, anche se non si può non menzionare uno studio di panneggio di Leonardo, anch’esso su carta preparata azzurra, che ci ricorda che come si studiava il corpo così si doveva capire come si sarebbero mosse le vesti nel quadro finale.
Una seconda sezione dedicata ai visi: ritratti, teste grottesche, volti idealizzati soprattutto quando preparatori per dipinti sacri. Ancora una volta i disegni sono semplicemente accostati tematicamente, creando giustapposizioni tra le più inusuali e interessanti. Vicine tra loro sono tuttavia una serie di teste splendide, commoventi, di Federico Barocci.
Si passa alla natura, soggetto non ancora “indipendente” nell’arte rinascimentale italiana, ma non per questo meno importante per l’ambientazione di composizioni, soprattutto sacre. I disegni di Leonardo sono forse quelli più notevoli: dimostrano la sua curiosità senza fine per tutto quello che c’è nel mondo, una voglia di capire rara. Affascinante lo struzzo attribuito a Tiziano, senza dubbio eseguito guardando un animale vivo, cosa che poteva certamente accadere nella Venezia del Cinquecento.
Dalla natura al divino: l’arte rinascimentale era dominata dai soggetti religiosi, e la commissione da parte della chiesa o delle grandi famiglie di vaste decorazioni era un modo di affermare il proprio potere spirituale come pure la propria devozione cristiana. Questo risultava in cantieri che sarebbero divenuti impossibili da gestire senza disegni preparatori. Questi ultimi furono fondamentali anche per opere di scala minore, come pale d’altare e dipinti per la devozione privata, poiché chiunque potesse permetterselo aveva un’immagine sacra a casa. D’altra parte, la grande aristocrazia e la classe mercantile emergente iniziarono a decorare anche le loro ville e palazzi con affreschi altrettanto magnifici. Ecco quindi un gruppo di disegni raffiguranti allegorie e miti, usati per dipingere pareti e soffitti delle grandi case, alla ricerca di uno splendore sofisticato che facesse ben vedere quanto i proprietari fossero potenti e colti.
Un’altra sezione include disegni che ci ricordano come gli artisti rinascimentali si dedicassero a tutto, non solo alla pittura o alla scultura. Disegni dunque per le arti applicate, dai gioielli all’architettura, dalle stampe agli abiti, che venivano poi passati agli specialisti del caso.
Infine, raro ma non impossibile nel Rinascimento, il disegno come opera d’arte finita, come dono a un committente o a un amico, senza essere preparatorio per null’altro.
Una maratona l’esposizione ora alla King’s Gallery, che ci avvicina all’essenza dell’artista rinascimentale, un genio spesso ma soprattutto un grande lavoratore. Una mostra vasta da cui si esce certamente confusi ma esteticamente rinvigoriti.
2. Van Gogh: Poets and Lovers, The National Gallery, fino al 19 gennaio 2025
Di lì, una passeggiata piacevolissima tra St James’s Park e The Mall porta nella frenesia natalizia di Trafalgar Square. Alla National Gallery, non si può mancare Van Gogh: Poets and Lovers, aperta sino al 19 gennaio. La mostra è imperdibile, più di 60 opere prestate con generosità da istituti museali lontani e collezioni private, molte delle quali raramente viste e spesso accompagnate da disegni a dir poco straordinari. Valgano per tutti i Girasoli del Philadelphia Museum of Art, che per la prima volta viaggiano da quando sono entrati nella collezione del museo americano: si ricostruisce così un trittico pensato da Van Gogh e da lui descritto al fratello Theo, che include i due Girasoli (Philadelphia e Londra) con al centro La Berseuse di Boston.
Un’esposizione intensissima, che nell’allestimento senza testo cerca di portare il visitatore a vedere le opere senza essere distratto dalle le vicende biografiche, soprattutto quelle violente, dell’artista. Nonostante questa accortezza, si entra in un mondo fatto di ansie, di visioni, una serie di opere in continuo movimento, che abbracciano il visitatore, a volte anche minacciosamente.
Più che i ritratti o le nature morte – che non mancano – sono forse i paesaggi e i sottoboschi del giardino della clinica di Saint-Rémy dove fu più volte ricoverato a sorprendere. Sono visioni che descrisse a Emile Bernard in una lettera del settembre 1889, dicendo che la combinazione di ocra rossa, di verde “intristito” dal grigio e di linee nere rende visibile l’ansia di cui molti dei suoi compagni di ospedale soffrono…
A volte si è scettici davanti ad un’esposizione che tanti definiscono “epocale”, questa volta veramente lo è e ben rappresenta un uomo di una profondità estrema, che porta avanti con rigore e foga la sua ricerca della luce attraverso il colore, uno studio che va ben al di là dei risultati dell’Impressionismo. Van Gogh è radicale, violento tanto nella pennellata quanto nel risultato finale. Lo stesso spirito anima i disegni, molto numerosi e che danzano con forza come i dipinti. Indubbiamente un dono dei curatori vederli spesso accanto alle opere finite.
3. Michelangelo, Leonardo, Raphael. Florence, c. 1504, Royal Academy of Arts, fino al 16 febbraio 2025
Abbandonata la National Gallery, attraversando St James’s, è imperativa una pausa alla Royal Academy of Arts, dove si torna in patria con Michelangelo, Leonardo, Raphael. Florence, c. 1504. Un mostra piccola rispetto alle precedenti, ma di grandissima potenza e splendidamente orchestrata. Il pretesto ovviamente il Tondo Taddei, parte della collezione dell’istituzione londinese.
Tutto inizia a Firenze nel gennaio 1504, quando i più grandi artisti della città si riunirono per decidere dove collocare il David, appena terminato da Michelangelo. Tra questi vi erano Botticelli, Filippino Lippi e anche Leonardo, che da poco rientrato in Toscana aveva ricevuto l’incarico di dipingere la Battaglia di Anghiari a Palazzo Vecchio (all’epoca Palazzo della Signoria) – qualche mese dopo Michelangelo ricevette l’incarico di dipingere la Battaglia di Cascina. Verso la fine dell’anno arrivò il giovane Raffaello, che come una spugna assorbì gli insegnamenti dei suoi colleghi più anziani, rielaborandone la lezione.
Michelangelo fu il primo a usare il tondo non come una semplice riduzione del supporto rettangolare: con lui la curva del formato aiuta movimenti estremi che alcuni descrivono come “effetto lavatrice”. Nel Tondo Taddei la torsione non è per nulla un vezzo: Gesù bambino si gira improvvisamente, probabilmente spaventato dall’arrivo di San Giovannino che gli offre un cardellino, simbolo della Passione, d’altra parte sapendo che questo è il suo destino si volge a guardare – si narra che un cardellino si mise a estrarre le spine dalla fronte di Cristo crocifisso, di lì la macchia rossa sulla testa simile a uno spruzzo di sangue.
Questa rotazione servì poi a Leonardo per gestire la composizione con Sant’Anna, la Vergine, il Bambino e San Giovannino, in modo che Cristo rimanesse sempre al centro, ma ancora seduto sulle ginocchia della Madre. Le due opere – il Tondo Taddei e il cartone – erano entrambe parte della Royal Academy, la seconda venduta nel 1962 e fortunatamente acquisita dalla National Gallery: una gioia rara rivederle insieme. Ultimo tassello della sequenza la Madonna Bridgewater della National Gallery of Scotland, dove Raffaello usò un movimento speculare qualche anno dopo, e qui esposta a qualche metro di distanza.
A queste opere “gigantesche” la mostra affianca un numero importante di disegni eccezionali, soprattutto preparatori alle due battaglie, dove ognuno dei “tre” prende spunto dall’altro, senza plagio ma catturando sulla carta quello che serviva al loro cammino verso la modernità.
Insomma, Londra in queste settimane vale proprio un viaggio!