La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto a regime un’imposta sostitutiva del 18% sulla rivalutazione delle partecipazioni, siano esse negoziate o non negoziate in mercati regolamentati, e dei terreni agricoli ed edificabili posseduti al di fuori dell’esercizio d’impresa.
“Verrebbe da die finalmente – dice Marco Allena, professore ordinario di Diritto Tributario, preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza Università Cattolica del Sacro Cuore – La nuova misura agevolativa era stata prospettata da più parti, proprio in chiave sistematica”. Il riferimento è a due norme precedenti e anticipatorie: in particolare la Legge Delega per la riforma del sistema tributario dell’agosto 2023 (Legge del 9 agosto 2023 n. 111), la quale, nell’ambito della revisione e semplificazione del sistema tributario interno, all’articolo 5, co.1, lett. h) prevedeva l’introduzione, in via definitiva, di una imposta sostitutiva per la rivalutazione di terreni e quote di partecipazione; e prospettava la possibilità di applicare aliquote differenziate per l’imposta in ragione del periodo di possesso del bene. “In secondo luogo – continua Allena – il disegno di legge elaborato nell’ambito della manovra di bilancio 2025, che aveva tuttavia prospettato l’applicazione di un’aliquota del 16% (e non del 18%) sulla rivalutazione in discussione”.
Professor Allena, quali sono allora le principali novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 riguardo alla rivalutazione di partecipazioni e terreni?
La Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) ha effettivamente previsto l’ingresso stabile nell’ordinamento dell’istituto della rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni, tuttavia alzando al 18% l’imposta sostitutiva da versarsi da parte dei contribuenti. Una novità annunciata ma significativa: perché l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione di partecipazioni e terreni agricoli, introdotta con gli artt. 5 e 7 della Legge n. 448 del 2001 era stata da quel momento prorogata annualmente con leggi eccezionali, è ora diventata una misura strutturale nel nostro ordinamento tributario. Questo cambiamento offre ai contribuenti una maggiore prevedibilità e certezza nella pianificazione fiscale.
In effetti a ogni proroga c’era qualche cambiamento che rendeva impossibile pianificare. Come è evoluta l’aliquota dell’imposta sostitutiva nel corso degli anni?
Quando la misura fu introdotta nel 2001, l’aliquota era del 4%. Nel corso degli anni, questa percentuale è variata, per i terrreni ad esempio, ed è stata innalzata all’8%, 10%, 14%, fino al 16% nel 2023. Le modifiche succedutesi via via negli anni hanno sempre riguardato essenzialmente due aspetti: uno è l’aliquota, il secondo è l’individuazione del termine entro cui procedere con gli adempimenti necessari per l’accesso all’agevolazione.
In uno scenario caratterizzato, dunque, da continui rinvii di termini e disposizioni transitorie, era legittimo attendersi un intervento chiarificatore: sicché, le conclusioni raggiunte dalla Legge di Bilancio 2025 si apprezzano proprio per aver sistematizzato, finalmente, il regime di imposizione sostitutiva in discussione ed aver eliminato l’incertezza legata alle continue proroghe.
Chi sono i soggetti interessati da questa misura?
La nuova disciplina di rivalutazione comprende le persone fisiche, per le operazioni non rientranti nell’esercizio di attività d’impresa. Le società semplici ed i soggetti a quest’ultime equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR. Ancorra, gli enti non commerciali, se l’operazione da cui deriva il reddito non è effettuata nell’esercizio di impresa. E infine i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia.
Avendo riguardo al perimetro oggettivo della misura, essa ha ad oggetto terreni, siano questi edificabili o agricoli, e partecipazioni societarie, qualificate e non, anche se negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione. Tali beni (terreni e partecipazioni) devono essere detenuti dal contribuente alla data del 1° gennaio di ogni anno.
Quali sono gli aspetti procedurali per avvalersi di questa rivalutazione?
Dal punto di vista tecnico, sarà possibile rivalutare ogni anno i beni posseduti al 1° gennaio, con scadenza per il versamento dell’imposta sostitutiva fissata al 30 novembre.
L’esercizio della rivalutazione passa attraverso due adempimenti essenziali. È necessario ottenere una perizia giurata di stima da un professionista abilitato, che determini il valore fiscale del bene. Nel caso di titoli negoziati nei mercati regolamentati, il valore viene rideterminato sulla base della media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre dell’anno precedente.
In secondo luogo, è necessario procedere al versamento dell’imposta sostitutiva ovvero, come sopra anticipato, il 18% del valore così determinato, da pagare in un’unica soluzione o in tre rate annuali (con applicazione d’interessi pari al 3% annuo sulle rate successive alla prima).
Al di là degli aspetti più tecnici connessi alla recente modifica normativa, è opportuno evidenziare un ulteriore profilo di rilevanza fiscale, legato agli effetti derivanti dall’applicazione dell’imposta sostitutiva. Il beneficio della rivalutazione consiste nell’azzeramento o, quantomeno, nella significativa riduzione della plusvalenza emergente in sede di cessione.
A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo il regime fiscale ordinario attualmente vigente, le plusvalenze su partecipazioni, siano esse qualificate o non qualificate, sono soggette a un’imposta sostitutiva del 26%.
E in questo si ravvisa una qualche criticità?
Esattamente. In questo contesto, la rivalutazione permette di aggiornare il costo fiscale del bene, assoggettandolo a un’imposta sostitutiva del 18% e riducendo, o evitando del tutto, l’emersione di plusvalenze tassabili al momento della cessione. È chiaro, però, che la scelta per la rivalutazione risulterà conveniente nel caso in cui l’imposta sostitutiva per la rivalutazione (il 18% del valore periziato) sia inferiore rispetto al trattamento ordinario delle plusvalenze (il 26% della plusvalenza calcolata come la differenza fra il prezzo di cessione e il costo fiscale del bene).
L’aliquota del 18% potrebbe ridurre la convenienza della rivalutazione rispetto alla tassazione ordinaria delle plusvalenze, che per le partecipazioni qualificate e non qualificate è attualmente al 26%. È fondamentale che i contribuenti valutino attentamente la convenienza economica della rivalutazione in base alla loro situazione specifica.
Quali vantaggi comporta la strutturazione permanente di questa misura?
La trasformazione della rivalutazione in una misura strutturale offre rappresenta un punto di svolta da tempo atteso dalla fiscalità patrimoniale italiana. La misura offre, finalmente, certezza normativa, e consente ai contribuenti di pianificare in modo più efficace le operazioni di dismissione di partecipazioni e terreni. Nel riformato contesto normativo, sarà essenziale valutare con attenzione l’impatto dell’imposta sostitutiva del 18% rispetto alla tassazione ordinaria, tenuto conto anche dei costi da sostenere per la predisposizione della perizia di stima che, come sopra detto, rappresenta un adempimento ineludibile ai fini dell’accesso al regime agevolato.