Tale operazione si differenzia nettamente dalle operazioni di fusione e conferimento: dalla prima, poiché non conduce ad una unificazione di patrimoni delle società partecipanti bensì ad una loro separazione (in particolare, con riguardo alla scissa); dalla seconda, poiché non si crea, per effetto dell’operazione, un legame partecipativo tra società scissa e società beneficiaria, considerato che le azioni o le quote emesse a servizio della scissione vengono assegnate ai soci della scissa, mentre in caso di conferimento le azioni o le quote emesse dalla conferitaria (beneficiaria del conferimento) vengono assegnate alla società conferente.
In linea generale, finalità e obiettivi tipici di un’operazione di scissione possono essere molteplici; tra i principali (richiamando anche l’elencazione proposta dallo studio n. 56-2016/T del Consiglio Nazionale del Notariato):
a) ottimizzazione della gestione – gestione separata dei rami di azienda;
b) dissidi tra i soci: opportunità/ necessità di rimediare gli insanabili dissidi tra i soci.
c) responsabilità: l’operazione risulterebbe giustificabile anche in relazione alla diversa assunzione di profili di responsabilità tra i soci.
d) nuove acquisizioni o cessione: evitare la confusione patrimoniale in vista di nuove acquisizioni/cessioni relative solo a uno dei rami esercitati.
e) nuove esposizioni debitorie: evitare la concorrenza dei creditori propri di un ramo di azienda rispetto a quelli che intratterranno rapporti commerciali con la stessa società in relazione ad una diversa attività condotta mediante l’esercizio di un altro distinto ramo d’azienda.
f) controllo societario: necessità di assicurare il controllo di una società al fine della ottimizzazione della gestione.
g) ricambio generazionale: necessità di assicurare il ricambio generazionale. In particolare, nella scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione (anche parziale) di quote della scissa e/o della beneficiaria oppure dalla donazione delle quote a propri familiari.
h) subentro nella titolarità delle partecipazioni: necessità di assicurare il subentro nella titolarità delle partecipazioni e nella successiva gestione della società.
i) attività sociale: ragioni connesse al migliore conseguimento dell’oggetto sociale.
Dal punto di vista fiscale, l’aspetto più rilevante è rappresentato dal principio di neutralità della scissione, sia con riguardo alle società coinvolte, sia con riguardo ai soci delle stesse. In relazione alle società coinvolte, infatti, i commi 1 e 2 dell’art. 173 del Tuir prevedono che la scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dia luogo né a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento, e che nella determinazione del reddito delle società partecipanti alla scissione non si tenga conto dell’avanzo o del disavanzo conseguenti al rapporto di cambio delle azioni o quote ovvero all’annullamento di azioni o quote a norma dell’articolo 2506-ter del codice civile. In relazione ai soci delle società coinvolte, invece, il comma 3 dell’art. 173 del Tuir prevede che il cambio delle partecipazioni originarie non costituisca né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’articolo 47, comma 7, del Tuir e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87 del Tuir.
La scissione asimmetrica
La scissione asimmetrica è disciplinata dal secondo comma dell’art. 2506 c.c., secondo cui “è consentito inoltre che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa”.
Pertanto, nella scissione asimmetrica, che è realizzabile solo con il consenso unanime dei soci, è possibile prevedere che a uno o più soci della società scissa non siano assegnate partecipazioni di una o più società risultanti dalla scissione (siano esse la scissa o la/le beneficiaria/beneficiarie), compensando detta mancata assegnazione con maggiori partecipazioni in altra o altre società risultanti dalla scissione.
La principale finalità ascrivibile alla scissione asimmetrica è rappresentata dalla suddivisione della compagine sociale, solitamente a seguito di eventuali dissidi emersi in seno alla stesse, che consente ai soci di proseguire in via distinta il proprio percorso imprenditoriale ovvero anche per preparare il terreno per il passaggio generazionale ove vi siano diversi rami familiari proprietari. Un semplice esempio può essere il seguente: società con due soci (Tizio e Caio), entrambi titolari del 50% del capitale sociale, che possiede due attività di analogo valore economico. Con l’operazione in esame si perviene alla scissione totale della società mediante l’attribuzione di una attività alla beneficiaria che sarà posseduta integralmente da Tizio e l’attribuzione della restante attività all’altra beneficiaria che sarà, invece, posseduta integralmente da Caio.
Con specifico riguardo ai contorni ed agli aspetti procedurali propri della scissione asimmetrica, si rileva come, ad interpretazione del breve dettato normativo ad essa dedicato, la prassi notarile abbia emanato una corposa serie di orientamenti. Fra le considerazioni di maggiore interesse, si segnala in questa sede come sia stato precisato che debba ritenersi in ogni caso non consentita, seguendo il solo schema della scissione asimmetrica, l’assegnazione di partecipazioni secondo un rapporto di cambio non congruo, provocando quindi un arricchimento o impoverimento di alcuni soci; è stato infatti precisato al riguardo che tale eventualità, seppur lecita, debba sempre essere realizzata secondo uno schema negoziale tipico che enunci la causa del trasferimento di ricchezza, sia esso donazione, vendita, datio in solutum, ecc. (Cfr. Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Massima n. L.E. 2, Scissione non proporzionale e scissione asimmetrica, 1° pubbl. 9/08).
Inoltre, con riguardo al “consenso” richiesto dal sopra menzionato comma 2 dell’art. 2506 c.c., è stato rilevato come lo stesso debba intendersi quale il consenso dei soli soci cui non siano assegnate partecipazioni in una o più società partecipanti alla scissione, siano esse la scissa o le beneficiarie. Tale disposizione, infatti, non appare volta a derogare all’eventuale regola maggioritaria vigente nella società scissa per le decisioni dei soci, bensì a tutelare il diritto individuale di ciascuno di essi a non essere estromesso dalle iniziative imprenditoriali cui partecipa. A quanto sopra consegue che non è necessario che una scissione solo parzialmente asimmetrica sia approvata anche con il consenso di quei soci cui verranno assegnate partecipazioni in tutte le società risultanti dall’operazione.
Scissione asimmetrica e abuso del diritto
Senza addentrarsi in questa sede in considerazioni tecniche, si segnala come in passato relativamente alle operazioni di scissione, un caso tipico in cui si svilupparono dubbi sulla natura abusiva fu proprio quello delle scissioni asimmetriche; infatti, alcuni primi orientamenti dell’Amministrazione finanziaria – antecedenti rispetto alla novellata normativa antiabuso – ritennero che tale tipologia di scissione, in assenza di valide ragioni extra fiscali, potesse prestarsi ad un uso distorto, consistente nella mera assegnazione di beni ai soci, sottolineando come le beneficiarie assumerebbero il ruolo di meri contenitori delle attribuzioni di pertinenza di ciascun socio.
La stessa Amministrazione finanziaria, negli ultimi anni, ha tuttavia rilasciato una serie di risposte in cui si è assistito ad un mutato orientamento, rispetto a quello sopra enunciato, con riguardo alla scissione asimmetrica; infatti, sono stati accolti favorevolmente diversi interpelli aventi ad oggetto tale specifica operazione, ove è stato rilevato, in linea generale, come la stessa, pur nella propria peculiarità, rispetti la ratio del regime delle scissioni, poiché fondamentalmente i beni trasferiti alle beneficiarie restano in regime di impresa (purché ovviamente le beneficiarie stesse proseguano l’attività d’impresa e non siano impiegate per raggiungere obiettivi esclusivamente personali oppure familiari o, in generale, estranei ad un contesto imprenditoriale, e che da ciascuna società post-scissione non provengano flussi finanziari diversi dai dividendi, a favore dei rispettivi soci, per esempio, a titolo di prestito/garanzia) e i relativi valori fiscali non mutano rispetto a quelli della società scissa, mentre i plusvalori latenti andranno a concorrere alla formazione del reddito al momento della eventuale cessione dei beni da parte delle beneficiarie stesse.