Al tempo stesso non tutti i discendenti dell’imprenditrice o dell’imprenditore hanno la stessa vocazione imprenditoriale, per cui uno o taluni di essi sono destinati a portare avanti l’attività d’impresa, mentre altri, coltivando differenti interessi, sono maggiormente interessati a un patrimonio che possa essere messo a reddito.
A fronte di queste situazioni la pianificazione del passaggio generazionale può essere impostata su due differenti linee strategiche.
Questa soluzione, che ha il vantaggio di mantenere unito il patrimonio sociale, presenta tuttavia il rischio che la divaricazione di interessi tra i discendenti possa portare a dissidi gli stessi, con i conseguenti effetti negativi sulla società.
Una seconda possibile strategia è rappresentata dal frazionamento del patrimonio sociale, in modo da destinare l’azienda a chi porterà avanti l’attività d’impresa e agli altri eredi una parte del patrimonio sociale (ad esempio la componente immobiliare) che possa essere messa a reddito.
Per effetto di una scissione, ad esempio, è possibile ripartire l’originaria società in due diverse società, una titolare dell’azienda e l’altra del patrimonio immobiliare (se gli immobili sono funzionali all’esercizio dell’impresa, la società che li riceve provvederà poi ad affittarli alla società che continua a gestire l’azienda).
Si rende possibile in questo modo destinare agli eredi partecipazioni in due società diverse, la cui rispettiva attività sia più coerente con le aspirazioni prospettiche degli stessi.
La scissione presenta il grosso vantaggio di essere una operazione fiscalmente neutrale e l’Agenzia delle Entrate si è ripetutamente pronunciata affermando che il suo utilizzo in una pianificazione del passaggio generazionale del patrimonio non ha, in sé, natura elusiva.
Bisogna tuttavia tenere presente che, nel caso in cui la società che è stata oggetto di scissione, si trovi successivamente, anche a distanza di molti anni, a fronteggiare una fase di difficoltà entrando in una procedura concorsuale, è purtroppo prassi dei curatori e dei pubblici ministeri chiamare a responsabilità coloro che erano amministratori della società all’epoca della scissione imputando loro di avere, con tale operazione, distratto una parte del patrimonio sociale.
Anche se tale approccio è in aperto contrasto con le finalità dell’istituto della scissione, finalità reputate meritevoli dallo stesso legislatore, è imprescindibile tenerne conto quando si pianifica la suddivisione del patrimonio sociale utilizzando tale istituto. Devono quindi essere poste in essere adeguate accortezze al fine di poter dimostrare, in futuro, che dalla scissione non è conseguito un pregiudizio alle capacità della società di fare fronte alle proprie obbligazioni.
Articolo scritto con Brigitta Valas, associate di Vasapolli & Associati