Fortuna ed imprevisto, due concetti con cui ognuno di noi ha necessariamente a che fare, prima o poi, nella vita. Ma come gestirli? È qui che entra in gioco il tema della pianificazione. Per comprenderne l’essenza, dobbiamo partire dal principio: che cosa intendiamo quando parliamo di pianificazione?
Pianificazione è innanzitutto visione d’insieme. L’importanza del quadro generale e della consapevolezza dello stesso, che dovrebbe costituire una spinta, gentile e naturale, a preservare ciò che ci circonda e a migliorarlo, se necessario. “Pensarci per tempo” ci consente di disegnare ed assemblare il nostro personalissimo puzzle in modo coerente ed efficace. Il saggio spirito popolare lo dice da sempre, che prevenire è meglio che curare. Lo diciamo, anche piuttosto frequentemente, ne riconosciamo il valore intrinseco, ma è un detto che nei fatti rispecchia molto poco il comportamento degli italiani. Eppure è un tipo di approccio che sarebbe fondamentale fare proprio, in un mondo che oggi è estremamente celere e soggetto al cambiamento in modo fluido e costante. Le vite di tutti noi si caratterizzano per la presenza di problemi ed ostacoli che dobbiamo affrontare e, in qualche modo, risolvere. Alcuni di essi non possono essere previsti, altri non possono essere risolti. Ma allora perché non facciamo in modo di liberarci dl cruccio di quei problemi che, invece, possono essere evitati in modo anche piuttosto semplice? Perché non adottare un approccio che ci semplifichi la vita, oltre a garantirci efficienza? È esattamente questo che dovremmo imparare a fare; portare sempre in noi la pianificazione come approccio generale, come forma mentis.
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Ecco che faccio a questo punto un passo in più, agganciando indistricabilmente al concetto di pianificazione quello di antifragilità. Penso a Taleb, che ampiamente ha trattato il tema e che con la sua teoria ci ha voluto fornire una sorta di vademecum per affrontare al meglio un mondo imprevedibile e dominato dal caos, com’è quello dei cigni neri. Ci esorta ad essere antifragili, ma che cosa vorrebbe dire? Taleb ce lo spiega così: “E’ possibile semplificare la relazione tra fragilità, errore ed antifragilità come segue: quando una persona è fragile, è necessario che le cose vadano alla lettera come da programma, evitando al massimo le deviazioni, in questo caso più dannose che utili. […] Antifragile è invece chi desidera le deviazioni e non si preoccupa della possibile dispersione dei risultati, poiché sa che saranno quasi tutti utili”.
Antifragile è ad esempio l’Idra che, nella mitologia greca, Ercole si trova ad affrontare: per ogni testa tagliata, all’Idra ne crescono altre due. Antifragilità è esattamente questo: la capacità non solo di sopportare gli shock rimanendo uguali a se stessi, bensì di trarre dagli shock un vantaggio, una spinta, un’occasione di crescita e di miglioramento. Ciò è coerente con il concetto di pianificazione e l’invito a pianificare. Penso a D. Eisenhower, 34esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, ed alla sua convinzione che “i piani non sono nulla, la pianificazione è tutto”; penso all’illuminista Voltaire, quando sosteneva che “il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola”. Penso ad uno stralcio di dialogo che compare ne “Il Cigno Nero” di Aronofsky che così reca:
Nina: Sono venuta per avere la parte.
Thomas: La verità è che quando ti guardo tutto ciò che vedo è il Cigno Bianco. Ma il Cigno Nero? È un duro, dannato lavoro ballarli entrambi.
Nina: Posso ballare anche il Cigno Nero.
Thomas: Davvero? In quattro anni, ogni volta che balli ti vedo ossessionata dall’eseguire alla perfezione ogni movimento, non ti ho mai vista perdere il controllo. Mai. La perfezione non è solo questione di controllo, riguarda il lasciarsi andare. Trascendenza! Poche persone possono dire di averla in sé. L’unico ostacolo al tuo successo sei tu: liberati da te stessa. Perditi, Nina.
Ancora, un elogio dell’elasticità e dell’opzionalità a scapito del controllo ossessivo. Penso a Calvino, che ci esorta a prendere “la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. E tutti questi pensieri e queste esortazioni, come perfettamente disposti su un fil rouge conduttore, ci accompagnano ad una solida consapevolezza, quella del valore aggiunto della pianificazione come forma mentis. Impariamo ad implementarla.