Secondo Elena Iparraguirre, Director, Financial Services Ratings EMEA, S&P Global Ratings “le banche italiane sono più solide rispetto all’ultima crisi del 2008-14, ma soffriranno comunque l’impatto del boom di Npe alla fine del tunnel”
Le perdite sui crediti potranno allargarsi di 280 punti base, prima si stabilizzarsi tra 80 e 90 alla fine del triennio, al di sopra di quanto accantonato dalla maggior parte delle banche del Paese. Gli istituti più piccoli corrono qualche rischio
25 delle 44 banche sotto la lente hanno outlook negativo
Prima però diamo uno sguardo a cosa prevedono gli stress test 2021. Il campione selezionato dall’Eba è distribuito in 15 paesi e rappresenta circa il 70% degli attivi bancari. Per l’Italia le banche sotto esame sono Intesa, Unicredit, Mediobanca, Bpm e Mps (le ultime due senza rating S&). “Delle 44 banche considerate, 25 attualmente hanno outlook negativo. All’inizio della pandemia, abbiamo confermato quasi tutti i rating sulle banche europee poiché ci aspettavamo che fossero resilienti allo shock inaspettato Covid-19, ma abbiamo rivisto una serie di outlook a negativo a causa dell’aumento del rischio di ribasso sulla performance del credito, sul capitale o sulla redditività della banca”. La percentuale di banche europee con prospettive negative rimane più alta che in altre regioni. Perché, spiega S&P, nonostante per tutto il 2020 la capitalizzazione regolamentare delle banche sia stata ampiamente preservata da diverse misure di supporto, “la redditività è diminuita e le prospettive rimangono poco brillanti”.
I due scenari della simulazione
Lo scenario di base riflette le aspettative fornite dalle banche centrali nazionali e punta a un’espansione cumulativa triennale dell’attività economica dell’UE di quasi l’11%, allineata alle previsioni di S&P: l’evoluzione più recente della pandemia ha fatto spostare in avanti in rimbalzo, ma non si si notano differenze significative tra Paesi.
Lo scenario avverso è molto duro e presuppone che le economie europee rimarranno in recessione almeno per il 2021 e il 2022, se non durante i tre anni coperti dall’esercizio. “Il persistere della pandemia e la debole fiducia spiegherebbero la prolungata contrazione economica e l’aumento della disoccupazione, che porterebbero anche a una forte correzione dei mercati finanziari e immobiliari”, scrive S&P.
Nello scenario avverso, l’Eba prevede un calo cumulativo del Pil nell’Ue del -3,6%, che andrebbe ad aggiungersi alla contrazione del -6,9% prevista per il 2020. La disoccupazione aumenterebbe di 4,7 punti percentuali. I prezzi degli immobili residenziali diminuirebbero del 16% e quelli degli immobili commerciali del 31%. Le azioni europee perderebbero la metà del loro valore nel primo anno.
Il Cet 1 fornirà indicazioni alle autorità sulle misure da assumere
Analogamente ai precedenti stress test, l’esercizio 2021 mostrerà l’evoluzione attesa della capitalizzazione sia nel caso di base che in quello negativo, fornendo una misura della sensibilità del capitale di ciaascuna banca a sviluppi macroeconomici negativi. Il focus sarà sul CET1.
L’esito dell’esercizio informerà le decisioni normative. Come in passato, verrà cioè utilizzato per impostare il processo di revisione e valutazione prudenziale dei requisiti delle banche, ma potrebbe ugualmente essere utilizzato per decidere le regole sui dividendi.
È interessante notare che l’EBA ha anche indicato che il risultato dell’esercizio può aiutare a fornire informazioni utili alle future decisioni delle autorità in merito alla revoca delle misure di flessibilità concesse alle banche per superare la pandemia o sulla necessità di adottare misure aggiuntive in caso di le condizioni economiche peggiorino ulteriormente.
La situazione dell’Italia
Come noto, con la fine delle moratorie sui prestiti alle imprese in Italia è attesa una pioggia di Npe che potrebbero essere molto pericolosi per le nostre banche, che pure avevano compiuto un percorso virtuoso in questo senso. Dimezzando la montagna di crediti inesigibili o incagliati (circa 300 miliardi di euro) su cui erano sedute nel 2015. La crisi del Covid rischia di annullare tutti i progressi compiuti finora.
Cosa succedere alle banche italiane? “Nel nostro scenario di base – risponde a We Wealth Iparraguirre – la recessione indotta dal Covid 19 rappresenterà un grave shock a breve termine per le banche italiane. Sebbene sostanziali e superiori alla maggior parte degli altri settori bancari in Europa, gli effetti dovrebbero però essere ancora gestibili per molte banche e ben al di sotto del picco che abbiamo visto nella passata recessione. Tuttavia, alcune istituzioni più deboli potrebbero non essere nella posizione di resistere all’impatto di questa crisi”.
Perdite sui crediti in aumento fino a 280 punti base
E questo accadrà proprio perché “le NPE aumenteranno rapidamente non appena verrà revocato l’attuale allentamento delle regole. Prevediamo che le perdite cumulative su crediti nel 2020-2021 aumenteranno, fino a raggiungere il range tra 260-280 punti base prima di scendere gradualmente a 80-90 punti base a partire dal 2022. La nostra stima cumulativa delle perdite su crediti per le banche è superiore a quanto indicato dalla maggior parte delle banche e anche rispetto agli accantonamenti per il 2020, con la mediana che si colloca tra 70 e 100 punti base all’anno nel 2020 e nel 2021”.
Tuttavia, avverte ancora Iparraguirre, la pandemia e le relative restrizioni sono senza precedenti e l’intera portata dei potenziali effetti è ancora sconosciuta. “Pertanto, ci vorrà del tempo prima che sia possibile determinare l’impatto sulle banche, in particolare se le misure mitigheranno in modo significativo l’impatto sulla qualità degli asset, anche a lungo termine, e se il ritmo e la velocità della ripresa economica saranno in linea con le nostre attese.
Ma le banche sono più forti rispetto alla crisi precedente
Le banche italiane hanno la forza per superare gli stress test anche nell’ipotesi più estrema? “La maggior parte delle banche è entrata in questa fase del ciclo del credito in una posizione più forte rispetto alla precedente crisi del 2008-2014. In particolare, gli istituti hanno aumentato significativamente il capitale negli anni precedenti la pandemia e, per tutto il 2020, hanno inasprito le condizioni di sottoscrizione, rafforzato le strutture di gestione del rischio ed eliminato oltre il 70% dei vecchi NPE dal 2015. “Riteniamo però che tra le banche ci siano ancora differenze sostanziali e diversi livelli di resilienza allo stress. Come di consueto, seguiremo attentamente i risultati degli stress test una volta pubblicati, dal momento che questi non sono solo uno strumento utile per le autorità di vigilanza nello svolgimento delle loro attività di monitoraggio delle banche, ma rappresentano anche una preziosa informazione aggiuntiva che aiuta gli attori di mercato (tra cui anche S&P Global Ratings) a sviluppare e confrontare diverse view”.