L’M&A 2020 ammonta a 39 miliardi di euro in crescita del 6% sul 2019. A trainare sono state le operazioni da oltre un miliardo in ambito finanziario, mentre il mid market ha segnato il passo
Il 2021 si attende in chiaroscuro: da un lato i merger possono diventare strumenti attraverso cui attuare la trasformazione digitale e green che la pandemia richiede alle imprese; dall’altro lato, le misure a supporto della ripresa stanziate dal governo possono funzionare da deterrente
Un anno spaccato in due
Tuttavia, guardando in dettaglio, l’anno appare spaccato in due: nel primo semestre si è registrato il valore aggregato delle acquisizioni più basso dalla crisi finanziaria del 2008 (circa 16,6 miliardi per 219 deal), per effetto del primo lockdown imposto in Italia e nelle principali economie avanzate da marzo a maggio. Le aziende italiane, assorbite dall’emergenza sanitaria, si sono inizialmente concentrate su altre priorità: dal monitoraggio della liquidità, alla gestione dei rapporti di fornitura e delle procedure di working from home. Inevitabilmente i i piani di M&A sono stati rimandati. Così hanno fatto anche i fondi di pe che sono stati forzati a focalizzarsi sulla necessità di garantire un’adeguata liquidità alle società del portfolio per renderle più resilienti nel periodo di transizione. Tuttavia, da luglio in poi, si è assistito a una ripresa significativa dell’attività transazionale e nella seconda metà del 2020 si sono registrate ben 300 transazioni con target italiane, per un valore aggregato di circa 22,4 miliardi.
M&A in calo nel mid market. Vola la finanza, seguita da beni di consumo e industria chimica
Se il commercial real estate segna un deciso calo (-25% anno su anno a circa 9 miliardi), le fusioni aziendali, a quota 39 miliardi, sono addirittura in crescita del 6% sul 2019. Ma sono state trainanti alcune operazioni sopra al miliardo, in particolare nel settore finanziario: se si guarda al solo mid market, il dato mostra un calo del 24,8%.
Il calo è stato particolarmente rilevante per i settori penalizzati dall’effetto delle restrizioni anti-Covid e dal clima di sfiducia di consumatori e imprese, quali retail, trasporti, outdoor e tempo libero e costruzioni, per cui le imprese sono risultate meno appetibili per investitori strategici e finanziari. Il settore dei servizi finanziari è risultato invece il più performante per valore aggregato di acquisizioni (13,7 miliardi su 33 operazioni), con un deal, quello tra Ubi Banca e Intesa Sanpaolo, che ha generato la creazione del settimo gruppo bancario dell’Eurozona per fatturato e il terzo per capitalizzazione di Borsa. Il settore dei consumi ha eseguito deal per quasi 6 miliardi su 100 operazioni, seguito dall’industria chimica che si è attestata a quota 4,8 miliardi e 137 operazioni.
Private equity protagonista
Il Pe si conferma attore fondamentale per l’M&A in Italia, avendo realizzato circa il 35% delle transazioni avvenute nell’anno: circa 117 operazioni di buy-out su target italiane per un valore aggregato di 10 miliardi, in linea con la media del periodo 2015-2019. I fondi si sono concentrati sugli investimenti nei settori più difensivi e resilienti alla crisi, quali infrastrutture digitali e fisiche, energia, farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging. Con una new entry sorprendente: le squadre professionistiche di calcio. Penalizzata dai lockdown, che ha determinato una consistente riduzione di ricavi da ticket e messo in discussione gli accordi in essere sui diritti televisivi, la Lega Serie A ha attratto gli investitori. In particolare il fondo Cvc che ha proposto di creare una partnership per la costituzione di una cosiddetta MediaCo finalizzata a una più efficace valorizzazione degli asset delle squadre, in primis i diritti televisivi.
Un 2021 “moderatamente positivo”
Tutto questi numeri conducono a un 2021 che si attende, secondo EY, “moderatamente positivo”. “Il mercato – spiega Marco Daviddi, Mediterranean Leader dell’area Strategy and Transactions di EY – sarà caratterizzato da spinte contrapposte, tra acquirenti e venditori, con molti punti interrogativi sulla solidità della pipeline di nuove operazioni. L’effetto combinato di riduzione di ricavi e di crescente indebitamento pone in maniera forte il tema della solidità patrimoniale delle imprese, già caratterizzate, storicamente nel nostro Paese, da dimensione contenuta e limitata disponibilità di capitale. Tutto questo in un contesto che rende ancora più urgenti interventi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, specie per quanto riguarda canali di vendita, supply chain e processi di re-skilling del personale. I fondi potranno avere un ruolo determinante se saranno in grado di strutturare operazioni più complesse rispetto al passato e ci aspettiamo anche una sensibile ripresa della raccolta di capitali sui mercati regolamentati”.
Le opportunità per la ripartenza
La stessa stima che la ripresa del Pil sarà modesta per il nostro Paese, in un intorno del 5% – 5,5%, trainata dal recupero dei consumi domestici: un valore che non basta a ripianare il calo del 9% previsto dall’Istat nel 2020. Anche in considerazione del fatto che la stima per l’anno appena iniziato potrebbe essere ottimistica, considerando che il lockdown ha ancora un impatto rilevante sia sui consumi sia sul clima di fiducia di consumatori e imprese.
In molti settori, l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle aziende ha determinato una contrazione di marginalità e un incremento del debito, con rilevanti impatti sulla patrimonializzazione. Dunque, scrive EY “gli asset in vendita sul mercato sono diventati scarsi, poiché le società di molti settori restano in attesa di osservare risultati in crescita nel 2021, rispetto all’anno passato. Tuttavia, le esigenze di ricapitalizzazione e finanziamento offrono interessanti opportunità per i fondi di Private Equity, anche tramite soluzioni di investimento più complesse rispetto al passato (minoranze e interventi con strumenti di debito e semi-equity)”.
I nuovi driver per l’M&A post Covid: forte liquidità
Tuttavia, l’attività di fusione e acquisizione del futuro potrà essere guidata da nuovi driver che proprio la pandemia ha fatto emergere. Molte aziende guardano con interesse all’attività M&A come strumento per ridefinire il proprio business model, anche in termini di strategia digitale, capacità produttiva e supply chain.
Inoltre, nel sistema è disponibile una ampia liquidità e continua ad essere positiva l’attività di raccolta dei fondi e il relativo dry powder (ammontare raccolto e non ancora investito). Oltre che a livello globale, si è assistito a un crescente accantonamento di liquidità anche in Italia, da parte delle famiglie e delle imprese, per effetto del clima di incertezza, della scarsa fiducia nelle prospettive di ripresa e delle misure di confinamento, che hanno ridotto le occasioni di consumo. Secondo le ultime stime di Abi, il risparmio degli italiani fermo sui conti correnti supera i 1700 miliardi, un valore che è quasi pari a quello del Pil 2019. Creare le condizioni per rimettere in circolo tale liquidità è essenziale per la ripresa di consumi e investimenti.
… e necessità di ristrutturazioni
L’attività transazionale è stata frenata anche dal forte calo delle performance delle aziende operanti in molti settori impattati dalla crisi sanitaria e difficoltà ad affrontare i temi valutativi in un contesto di mercato molto volubile. La massiccia azione di supporto arrivata intanto dal governo, con strumenti finalizzati a rafforzare la liquidità delle aziende possono rappresentare, tra gli altri, una rilevante opportunità per favorire i processi di trasformazione necessari, ma con un potenziale freno all’attività M&A. Patrimonio Rilancio gestito da CDP, Fondo Nuove Competenze, interventi promossi e gestiti da Invitalia per aziende in crisi, oltre agli strumenti di liquidità di emergenza promossi e gestiti da SACE e MCC, possono in qualche modo sostituirsi all’azione trasformativa dell’M&A, riducendolo. Mentre, conclude EY, “la disponibilità di risorse dal Recovery Fund andrà a beneficio delle “aziende dei settori più in crescita (quali energy transition e sostenibilità, salute e sicurezza, digitale e mobilità,), che potranno quindi essere più frequentemente interessati da operazioni di acquisizione e combinazione aziendale”.