Calef: “Più che avere un impatto sui titoli dell’industria dei semiconduttori, la mossa della Cina potrebbe rendere la transizione digitale ed energetica più costosa”
Con “terre rare” si intende un gruppo di 17 elementi metallici pesanti necessari alla produzione di dispositivi elettronici di ultima generazione, ma non solo
La guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina torna a infiammarsi, dopo l’ultima mossa di Pechino sulle materie prime. Come annunciato dal ministero del commercio a inizio settimana, dal 1° agosto gallio e germanio saranno soggetti a una serie di controlli sulle esportazioni per “proteggere la sicurezza nazionale cinese”; in altre parole, gli esportatori dovranno ottenere un’autorizzazione specifica e comunicare i dettagli su acquirenti e impiego delle forniture. Ad allentare le tensioni tra le due superpotenze giunge il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, in Cina per un viaggio di quattro giorni in cui smussare gli angoli della chip war. We Wealth ha intercettato Giacomo Calef, country manager di Ns Partners, per analizzare cosa significa per chi investe sui metalli rari (e come farlo).
“Più che avere un impatto sui titoli dell’industria, come il colosso olandese dei semiconduttori Asml, la mossa della Cina potrebbe rendere la transizione digitale ed energetica più costosa”, osserva Calef. “Gallio e germanio, oggi prodotti rispettivamente per il 94% e il 67% dalla Cina, sono presenti infatti anche in altre zone del mondo, ma bisogna avviarne la produzione. Per un certo tempo, quindi, non si registreranno grandi effetti negativi sulle aziende che producono, estraggono o utilizzano questi metalli, ma sarà il cliente finale che subirà dei rincari”. Di conseguenza, continua l’esperto, la strategia per chi investe nelle società coinvolte nella chip war non dovrebbe cambiare. Almeno per il momento. “Se non hanno investito per trading o per una scelta puramente tattica, suggeriamo di restare investiti. Però sempre tenendo conto che le evoluzioni geopolitiche sono sempre quelle più difficili da prevedere”, avverte Calef.
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“Se non dovessimo considerare la situazione geopolitica, è certo che la transizione energetica e digitale non rappresentano una moda ma dei trend di medio-lungo periodo. Avere chip sempre più sofisticati, anche per l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, coinvolgerà tanti settori; non solo le big tech, ma anche la finanza e la medicina”, osserva il country manager. “Quindi nel medio-lungo periodo, investire su queste società conviene. Ma nel breve-medio potrebbero acuirsi la situazione geopolitica e interrompersi le catene di approvvigionamento, il che rallenterebbe o frenerebbe l’industria dei semiconduttori; e non sarebbe sicuramente un bene né per chi estrae minerali né per le aziende produttrici”. Senza dimenticare che anche l’Europa è coinvolta in queste dinamiche, con le restrizioni olandesi all’esportazione di tecnologia per la produzione di chip elettronici in arrivo a settembre.
Come investire sulle terre rare
Ma come si investe sulle terre rare? Partiamo da una definizione. Con “terre rare” si intende un gruppo di 17 elementi metallici pesanti necessari per la produzione di dispositivi elettronici di ultima generazione ma anche per la transizione verde, per esempio per generatori di energia eolica o motori di veicoli elettrici. Le modalità per inserirle in portafoglio, racconta Calef, sono tre. “O si va ad acquistare i singoli titoli che sono tuttavia abbastanza volatili, quindi potrebbe non essere la modalità migliore per il cliente retail. Un’altra modalità è quella dei certificati sulle aziende che estraggono quei minerali necessari alla transizione energetica e digitale (come Cameco Corp, Freeport-McMoRan, First Quantum Minerals, Pilbara Minerals e Allkem). E infine inizia a spuntare qualche Etf, che in genere puntano ancora una volta sulle aziende e non sulle materie prime”, conclude Calef.